Equal partnershipSenza Trump l’America rilancerà il multilateralismo, ma l’Europa non lasci solo Biden a guidare il mondo libero

L’Unione dovrebbe attrezzarsi per creare un’alleanza democratica intercontinentale. Lo stesso neo presidente nel suo manifesto su Foreign Affairs ha proposto un summit per la democrazia annuale e la creazione di grandi coalizioni. Ma Bruxelles dovrà evitare che prevalga l’egoismo degli Stati nazionali

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Il risultato nelle elezioni presidenziali statunitensi del 3 novembre che ha premiato Joe Biden e Kamala Harris è in primo luogo una buona notizia per gli Stati Uniti dopo i quattro anni dell’amministrazione Trump e dopo i mesi drammatici della pandemia che ha posto il paese al più alto livello di contagi e di morti. Quando Donald Trump uscirà dalla Casa Bianca il 20 gennaio, la democrazia americana riacquisterà la sua vitalità che è garantita dal sistema federale, dal controllo e bilanciamento reciproco (check and balance) teorizzato da Montesquieu per evitare l’assolutismo e salvaguardare le libertà dei cittadini e incardinato nella costituzione americana escludendo la radicalizzazione del bipartitismo all’interno di un sistema politico dove la distanza fra repubblicani e democratici si acuisce alla viglia delle elezioni presidenziali ma si riduce quando il nuovo presidente si insedia alla Casa Bianca lasciando il posto a differenze talvolta sostanziali all’interno dei due partiti in politica economica e nelle relazioni internazionali.

Per queste ragioni, una decisione della Corte Suprema a favore della pretesa di Trump di cancellare il risultato elettorale – considerato corretto da tutti gli osservatori internazionali – rappresenterebbe un vulnus gravissimo della costituzione americana. In secondo luogo è una buona notizia per chi sostiene i principi della democrazia liberale su cui è stata fondata la rivoluzione americana alla fine del diciottesimo secolo e che hanno ispirato le democrazie in statu nascendi nel mondo.

Si tratta di una sconfitta della ideologia della sovranità assoluta propagandata da Donald Trump (America first, secondo lo slogan usato da Woodrow Wilson nella campagna presidenziale del 1916), servita di esempio in altri regimi in tutti i continenti e sfruttata dai movimenti populisti nati in Europa, in linea di continuità con l’unilateralismo esacerbato di George Bush Jr debolmente contrastato da Barak Obama.

In terzo luogo è una buona notizia per l’Unione europea perché la politica estera di Joe Biden – che ha una vasta esperienza nelle relazioni internazionali – sarà fondata sui principi del multilateralismo se il Presidente Biden sarà coerente con il manifesto Why America must lead again del candidato Biden pubblicato da Foreign Affairs nell’edizione di marzo/aprile 2020 ispirando la sua azione nella lotta al cambiamento climatico su cui sono fondati gli Accordi di Parigi, nell’azione contro le pandemie all’interno dell’OMS, nei rapporti con gli alleati e nella difesa  dei diritti fondamentali nel mondo.

L’elezione di Donald Trump alla fine del 2016 aveva nutrito l’illusione (o la speranza) che il suo unilateralismo avrebbe spinto l’Unione europea – dopo lo choc del referendum sull’uscita del Regno Unito del giugno 2016 – ad avviarsi con determinazione sulla via dell’autonomia strategica nelle relazioni internazionali e vi è chi ha addirittura auspicato altri quattro anni di cura trumpiana per spingere gli europei su questa via. Abbiamo invece dovuto constatare che l’Unione europea ha rallentato il suo cammino fra il 2017 e il 2019 paralizzata dallo strapotere del Consiglio europeo e che solo la pandemia del COVID-19 ha tardivamente spinto i governi e le istituzioni europee a un approccio unitario limitato alla sola emergenza sanitaria.

Secondo la logica dell’autonomia strategica l’Unione europea dovrebbe invece attrezzarsi perché il nuovo multilateralismo dell’amministrazione Biden non sia fondato sulla solitaria leadership statunitense ma su un’alleanza democratica intercontinentale (nel suo manifesto il candidato Joe Biden proponeva un Summit per la democrazia annuale e la creazione di grandi coalizioni) al cui interno agisca una equal partnership fra Stati Uniti e Unione europea.

Perché ciò avvenga non basta certo la buona volontà della nuova amministrazione americana ma è necessaria la determinazione europea per cambiare rotta abbandonando il metodo intergovernativo e incamminarsi sulla via del modello federale che ha garantito la vitalità della democrazia statunitense. Suggeriamo agli europei di rileggere la dichiarazione per l’interdipendenza pronunciata da John Fitzgerald Kennedy il 4 luglio 1962 a Philadelphia e proporre un Summit euroamericano in occasione del sessantesimo anniversario di quella dichiarazione presentandosi al Summit con le carte in regola sulla via dell’unità politica del continente.

*Pier Virgilio Dastoli è il presidente del Movimento Europeo – Italia

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