La guerra di posizione continua. E il brodo si allunga a questo punto con due possibilità: un secondo giro di consultazioni di Sergio Mattarella o (ipotesi meno probabile) un mandato esplorativo a Roberto Fico. Lo sapremo sabato, oggi si chiudono le consultazioni. La crisi è difficile perché è una crisi politica, non di ruoli o di posti, e il nodo politico non si sbroglia per colpa di tutti, dunque il capo dello Stato non vuole mandare Giuseppe Conte al massacro conferendogli un incarico che a oggi non avrebbe possibilità di riuscita. Ma ieri comunque qualcosa si è mosso, anche se siamo ancora a “carissimo amico”. Serve più tempo.
Comunque, dopo tre settimane di vagabondaggio fra le stradine di Roma intorno alla Camera e al Senato a cercare Responsabili di ogni tipo, ieri Conte ha finalmente fatto la cosa che avrebbe dovuto fare venti giorni fa: telefonare al nemico Matteo Renzi per capire se ci sono margini per ricostruire la maggioranza e quindi avere una possibilità di restare a Palazzo Chigi, perché forse persino Marco Travaglio ha compreso che una maggioranza senza Italia viva non c’è. Una telefonata di cui ha dato notizia Renzi nel corso dell’interminabile prolusione davanti ai giornalisti nella Salone delle Feste del Quirinale dopo l’incontro – verosimilmente teso – con Sergio Mattarella.
La telefonata allungherà la vita dell’avvocato? Molto presto per dirlo. Però c’è stata. È un fatto che sancisce la capitolazione di Conte dinanzi al fallimento della campagna acquisti che si e conclusa come una commedia comica, cioè con il marito cornuto cacciato dalla moglie, più o meno la figuraccia che ha fatto il senatore di Forza Italia Luigi Vitali che nel giro di poche ore ha prima aderito al gruppo dei Senatori Responsabili e poi lo ha sabotato andandosene inseguito da una telefonata non si sa quanto amichevole del suo dante causa storico, il Cavalier Berlusconi, che lo ha richiamato all’ordine, ma che fai, aiuti Conte? L’avvocato segna sempre 156-157 senatori in suo favore, vale a dire che non ha la fiducia del Parlamento.
Si ritorna da Renzi, dunque, un Renzi che però è apparso ancora molto nervoso, come chi non ci vede ancora chiaro, non si fida, dice qualcosa ma non tutto, e così non boccia Conte ma nemmeno il contrario. Cosa vuole, il senatore di Scandicci? Fa sapere in giro di non voler andare avanti con l’avvocato ma adesso il punto è un altro: Renzi chiede il riconoscimento politico delle sue ragioni, la fine delle preclusioni, la cessazione della caccia ad eventuali dissidenti di Iv.
D’altra parte non l’hanno sfondato, il gruppo dei senatori, quindi ora lo riammettano al tavolo per discutere dei temi che lui pone (fra questi il Mes ma non in modo ultimativo). Da ieri, ufficialmente, sul tavolo della crisi c’è anche l’ipotesi di un governo istituzionale o tecnico nel caso fallisse il piano per il Conte ter: non a caso Renzi ne ha parlato al Colle, in una cornice istituzionale e non in un talk show, seppure come seconda scelta rispetto a un governo politico.
E non è un mistero che al senatore fiorentino piacerebbe molto che nel prossimo governo più che le Azzolina o i Bonafede sedesse gente da dream team, fosse per lui preferirebbe un governo politico a forte caratura tecnico sul modello del governo Ciampi del 1993, magari con una personalità eminente come Mario Draghi a occuparsi direttamente della pratica più importante di questa fase storica, il NextGenerationEu, mentre qualcuno ipotizza come presidente del Consiglio Marta Cartabia, una figura di alto profilo istituzionale in grado di instaurare un clima non distruttivo come quello degli ultimi due anni. Fallita la politique politicienne si cambierebbe musica.
Riammettere Renzi al tavolo, dunque. Una richiesta che posta in modo così esplicito ha irritato Nicola Zingaretti e, immaginiamo ancor di più Luigi Di Maio il quale – si dice – non vuole morire per Conte. Il quale rischia di rimanere solo soletto, se lo molla anche il Nazareno, come forse avverrà.