InaspettatamenteRocco de Santis: due stelle in lockdown

Chef del Ristorante Santa Elisabetta di Firenze, sito all’interno dell’Hotel Brunelleschi, parla della città prima e dopo il lockdown, dell’ultima premiazione e dei clienti affezionati la cui preparazione sprona i cuochi a fare sempre di più e sempre meglio

Abbiamo immaginato #CopriFuoco sull’onda emotiva seguita alla chiusura alle 23 dei locali. L’abbiamo portato avanti a maggior ragione quando la chiusura è stata anticipata alle 18. Oggi, dopo tante puntate, ci rendiamo conto che ogni protagonista con la sua testimonianza mette un tassello in più per portare alla luce un disegno generale, che ci aiuta a capire meglio la ristorazione e i suoi problemi contingenti. Una riflessione doverosa, da condividere tra colleghi ma anche per rendere i clienti più consapevoli. Andiamo avanti, alle 18 di ogni sera, sul profilo Instagram di Linkiesta.
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Le stelle che cadono dal firmamento Michelin e vanno ad illuminare la carriera degli chef sono sempre un evento potente, ma la modalità di assegnazione di questo 2020, dettata dalle regole della situazione pandemica, ha reso possibile per i protagonisti esprimere la loro emozione, immediata e senza filtri, resa bellissima dalla sorpresa totalmente inaspettata e comunicata in diretta durante i collegamenti. Così è stato per Rocco de Santis, chef del Ristorante Santa Elisabetta di Firenze, luogo incantevole all’interno dell’Hotel Brunelleschi. Una cornice di storia, nel centro cittadino, animata da un fascino senza tempo. Approdato alla guida della cucina nel 2017, vince una doppietta unica, che lo porta a conquistare due astri in due anni (il primo arriva a Novembre 2019 e il secondo a Novembre 2020). Un traguardo costellato di determinazione, talento, incessante lavoro e intriso di una visione vissuta e condivisa con tutta la squadra, la direzione e la proprietà. Mai avrebbe immaginato in un tempo così breve di raddoppiare il riconoscimento. Questa la ragione per cui, nella sua emotività, la seconda stella si è totalmente mangiata l’emozione della prima.

Il Santa Elisabetta gode di una location di rara bellezza e suggestione, situato al primo piano di una torre bizantina, ha solo sei tavoli e ben si intende dunque come l’attenzione e la cura per il cliente siano ad altissimo livello, nella proposta gastronomica così come nel servizio. Un approccio “tailor made”, permesso proprio dal numero limitato di coperti e da una ricerca ossessiva di eccellenza.

Rocco è di origini campane, ha un fortissimo legame con le sue origini che ritroviamo nei suoi piatti, contaminate dalle illustri esperienze fatte durante il suo percorso professionale. Forte e riconoscibile il tratto mediterraneo, i sapori di terra e mare campani, trasmessi da chef quali Pino Lavarra, Andrea Aprea e soprattutto Gennaro Esposito, con cui ha lavorato dal 2000 al 2015 in un crescendo di ruoli e responsabilità. Altrettanto presente la precisione di tecniche francesi, apprese da Georges Blanc durante la sua esperienza a Vonnas.

Dai maestri che accompagnano il suo cammino assorbe insegnamenti fondamentali per la sua carriera, ma forse quello più determinante è il rispetto della conoscenza, che rimane alla base della sua filosofia culinaria e che gli permette di creare i piatti reinterpretando la tradizione e contaminandola sapientemente. Quello che infatti troviamo nelle sue proposte non è solo il racconto della propria cultura, ma il frutto di viaggi, esperienze, passione e ambizione. Incontra la terra Toscana e la riconosce, molte le assonanze con la patria campana. Entroterra, mare, materia prima grandiosa nella qualità, è così che nascono piatti ormai iconici della sua cucina, come il Gambero Rosso (gambero crudo di Mazara del Vallo combinato con diversi ingredienti in base alla stagione) o i Cappelletti, farciti con ricotta di bufala e adagiati su un’intensa crema di ragù napoletano.

È stato un anno molto complicato quello appena concluso, Firenze è stata duramente colpita e l’assenza del turismo ha fatto sentire un grosso calo di presenze nella città e nelle sue strutture. Ma Rocco ha saputo leggere in chiave positiva una tendenza che si è sviluppata proprio in virtù della situazione contingente. Al Santa Elisabetta è approdato un pubblico locale, fatto di clienti molto preparati, gourmet, conoscitori di livello di cibo e vino, attenti alla materia prima. Uno sprono a fare ancora meglio, per onorare questa seconda stella che ora va difesa e resa luminosa.

Si dice certo che, quando questo scuro capitolo di storia sarà concluso, le persone torneranno ad uscire, a cercare convivialità e buon cibo, condivisione e divertimento. Lo hanno dimostrato i periodi di libertà tra un lockdown e l’altro, ragione per cui è pronto a ripartire a tutta velocità non appena sarà possibile, facendo ora tesoro dei momenti stranamente liberi di uno chef, per studiare nuove e sempre più accurate implementazioni, oltre a magie ancora più avvolgenti da offrire agli ospiti del ristorante.

Le emozioni dell’evento di assegnazione della stella hanno un’onda lunga, che si propaga dagli istanti in diretta vissuti accanto alla famiglia e agli amici fino a tutti gli attestati di stima e affetto che arrivano successivamente da tantissime persone, famose o comuni, che desiderano condividere la gioia e la soddisfazione, regalando umanità a questo indimenticabile momento.

E al ristorante, tra le molte, arriva anche la chiamata di Davide Oldani, altro grande protagonista di questa edizione Michelin. Uno chef che Rocco ha sempre considerato un modello, un esempio a cui ispirarsi. Ora sta chiamando proprio lui, per congratularsi della seconda stella. Ascoltiamo le sue parole, ma lasciamo che sia l’immaginazione a condurci tra gli intimi meccanismi umani e farci sentire davvero quali emozioni possa aver provato in quel momento. E nei mille altri costellati di gesti e parole che in solo istante rendono palese il senso profondo di una vita fatta di impegno e sacrifici, di dedizione e corsa verso i propri sogni.

Rivedi l’intervista a Rocco de Santis