Quando mi sono messo a scrivere l’articolo di presentazione di Greenkiesta, il nostro nuovo quotidiano digitale dedicato ai temi del pianeta, dell’ambiente e dell’innovazione, che si aggiunge a Europea, Gastronomika e Il lavoro che verrà, ho pensato che la cosa migliore fosse riproporre il mio primo editoriale scritto per Linkiesta il 24 settembre 2019. In quel primo articolo per questo giornale c’erano già tutte le ragioni per cui, un anno dopo, abbiamo deciso di occuparci in modo più sistematico di questi temi.
Eccolo:
Siamo uno di quei paesi in cui la cruciale campagna per la salvaguardia del pianeta, anziché essere motivo di mobilitazione universale e di riflessione intellettuale, si trasforma in operetta religiosa tra negazionisti della scienza e apocalittici anticapitalisti. Gli uni si mostrano indifferenti o fatalisti di fronte ai cambiamenti climatici, perché la crisi ambientale al massimo è opera di Dio, e nei casi più grotteschi rispondono agli scienziati e ai termometri con il rinnovato miracolo del ponentino che rinfresca le afose serate romane. Gli altri dicono semplicemente di no all’innovazione e al progresso, ai treni e ai ponti, ai concerti in spiaggia e alle coltivazioni resistenti a virus e insetti, e in cambio offrono decrescita felice, piste ciclabili e hamburger veggie.
C’è da chiedersi che cosa abbiamo fatto per non meritarci una risposta seria, progressista e di mercato, al global warming.Eppure le previsioni degli scienziati e i dati di fatto sono elementi convergenti e ugualmente rischiosi sia per i diritti dei cittadini sia per gli interessi dei business, entrambi affidati alla speranza, se non al miraggio, che i sempre più ricorrenti e imprevedibili fenomeni atmosferici, come possono testimoniare le compagnie assicurative, non procurino danni gravi alla vita quotidiana, ai fornitori, alle infrastrutture e alle rotte commerciali.
Questi sono i giorni in cui milioni di persone sfilano sulle strade di tutto il mondo, mosse dall’esempio di una teenager che sembra il ritratto vivente di un personaggio da favola. È anche il tempo in cui nuove generazioni di politici americani, guidate da una millennial del Bronx come Alexandria Ocasio-Cortez, impongono nel dibattito pubblico le basi di consenso per costruire un Nuovo patto ecologico di portata sociale maggiore rispetto al New Deal, il piano di riforme per superare la Grande Depressione degli anni Trenta adottato da Franklin Delano Roosevelt.
Sullo sfondo ci sono le strategie energetiche dei governi nazionali, compresa quella italiana avviata dal governo Renzi e conclusa dal ministro Calenda nel governo Gentiloni, e poi i moniti delle organizzazioni internazionali, di quelle multilaterali e anche della Nasa, l’agenzia spaziale americana, che sul suo sito ha messo insieme tutti i report degli esperti prodotti negli ultimi anni sotto il titolo: «Consenso scientifico: la temperatura della Terra sta aumentando».
Mentre assistiamo a questa nuova consapevolezza ambientalista che non offre ancora una proposta risolutiva e nemmeno una strategia fattibile, ma che certamente indica una direzione da percorrere, in Italia ci toccano surreali dibattiti pro o contro le tasse sulle merendine scolastiche e sui viaggi aerei. E questo perché i negazionisti del clima non agiscono con la ragione, semmai per fede, mentre gli apocalittici continuano a combattere battaglie ideologiche del passato. Nessuno di loro tiene conto che la mobilitazione in corso in realtà è il primo vero e grande fenomeno politico alternativo al nazionalismo sovranista.
Tra decine di partiti e movimenti, di correnti e scissioni, di sindacati e start up, non c’è nulla, né un’iniziativa politica né un giornale, che provi a rappresentare le ragioni di chi di fronte ai report degli scienziati e ai danni provocati da alluvioni e siccità se ne infischia dei dibattiti sulla crisi del capitalismo e sul ritorno del socialismo e chiede solo impegni e piani per il futuro.
Ci sarebbero praterie di consenso a disposizione di chi riuscisse a offrire un’alternativa responsabile, né reazionaria né antagonista, in grado di coinvolgere istituzioni, persone, settori industriali e aziende intorno all’obiettivo comune di contenere il surriscaldamento terrestre. Gli investimenti pubblici e privati potrebbero accelerare i rimedi innovativi per limitare o ricatturare le emissioni nell’atmosfera ma, nella fideistica attesa di una soluzione tecnologica che prima o poi arriverà, il cambio di passo della battaglia per difendere il pianeta è la mobilitazione congiunta di cittadini e imprese e di progressisti e liberali contro i reazionari e gli anticapitalisti.