x The Adecco Group

I nuovi colloquiQuali sono le competenze “soft” più ricercate per lavorare a distanza

«L’adattabilità è la più richiesta», spiega Monica Magri, Hr & Organization Director di The Adecco Group in Italia, «insieme a tutte le “deep” skill con il “self” davanti: autosviluppo, autorganizzazione e autoefficacia»

(Unsplash)

In parallelo al lavoro a distanza esploso con la pandemia, anche i colloqui si sono spostati dalla scrivania del recruiter allo schermo del computer. E così pure le competenze soft richieste ai candidati, che con il lavoro da remoto dovranno confrontarsi, sono cambiate. «L’adattabilità in questo momento è la competenza più richiesta», spiega Monica Magri, Hr & Organization Director di The Adecco Group in Italia, «insieme a tutte le cosiddette deep skill con il “self” davanti, quindi autosviluppo, autorganizzazione e autoefficacia».

Perché, nonostante la crisi, c’è chi cerca un nuovo lavoro e anche chi viene assunto. Ma le dinamiche di selezione sembrano già diverse rispetto al mondo pre Covid.

Magri, quali difficoltà si incontrano oggi nei colloqui a distanza?
La difficoltà principale è che si perde la parte del linguaggio non verbale che in colloquio vis à vis ha una grande rilevanza, perché è un fattore importante per comprendere la coerenza di quello che la persona sta dicendo rispetto al comportamento. Poi sicuramente l’empatia: trovare empatia tra candidato e selezionatore non è banale tramite un computer. In ogni caso, un candidato che si percepisce a suo agio anche in un colloquio mediato dal computer ti trasmette l’idea che abbia già sperimentato e messo in atto alcune caratteristiche di connessione a distanza che in questo momento sono importanti. In più, si stanno facendo anche i colloqui di gruppo a distanza, e lì si capisce chi riesce a interagire meglio, ad adeguarsi meglio, a prendere la parola nel momento giusto, a organizzarsi.

Quali sono le soft skill più ricercate oggi in un candidato che deve rapportarsi con il lavoro a distanza?
Dipende molto dai ruoli. L’adattabilità in questo momento è la competenza più significativa per avere successo nel ruolo: un candidato dovrà essere capace di adattarsi, interpretando ogni situazione nella maniera socialmente più intelligente. Contano oggi tutte le cosiddette “deep skill” ovvero quelle abilità profonde che ci aiutano ad affrontare le criticità e i continui cambiamenti in senso proattivo, per sviluppare una reale attitudine al cambiamento e all’autosviluppo.

E a livello manageriale?
Sicuramente la capacità di delega, la maggiore e diversa cura delle relazioni con il team e l’abilità nel dare indicazioni più mirate. Ma anche l’essere non solo un manager ma anche un coach del proprio team, supportandolo nel dare indicazioni su come evolvere le proprie attitudini e competenze.

Ma come si verificano le competenze soft in fase di colloquio?
Gli assessment psicoattitudinali, che già prima erano importanti, lo diventeranno sempre di più. Nei prossimi anni il benessere psicologico delle persone in generale dovrà essere tenuto molto in considerazione. Visto che lo stress sarà sempre più alto a causa dei cambiamenti repentini ai quali siamo sottoposti, capacità come la resilienza e la gestione dello stress e della pressione saranno indagati e oggetto di programmi formativi specifici. Molti assessment descrivono come si tende a reagire sotto pressione perché lì c’è molto della nostra personalità profonda.

Quali sono le altre componenti centrali di un colloquio, anche a distanza?
Anche come uno racconta la propria esperienza dice molte cose sulla capacità di sintesi e l’organizzazione del pensiero. La spontaneità, la capacità di far venire fuori i propri valori e le proprie ambizioni sono centrali. E in questo le doti di comunicazione e di linguaggio continuano a essere un fattore importante.

Come si misura invece la produttività con il lavoro a distanza?
Ci sono lavori in cui ci sono obiettivi quantificabili con numeri e scadenze specifiche. Altri no. In questo secondo caso conta la capacità manageriale di individuare obiettivi molto chiari. Le aziende che già avevano un sistema di valutazione basato su obiettivi sono state infatti facilitate nello smart working. Per quelle attività dove è più difficile trovare kpi (key performance indicator, indicatori di prestazione, ndr) quantitativi misurabili, serve comunque stabilire degli indicatori e degli obiettivi qualitativi o di risultato attesi tra manager e collaboratore, per una verifica periodica e per essere certi che si sta lavorando verso il giusto obiettivo.

Con quale periodicità si fa questa verifica?
Se il manager aveva individuato già prima dei kpi, vale la pena mantenere la periodicità di prima, senza farsi prendere dall’ansia del mancato controllo a vista. È fondamentale che si crei fiducia e linearità nel dare obiettivi: è alla base del lavoro a distanza. E conta molto anche l’efficacia della comunicazione nel dare i feedback: non potendo più confrontarsi dal vivo in maniera continuativa, il manager ha la responsabilità di dare feedback realistici, veri, concreti, efficaci e darli nel momento giusto, senza procrastinare più in là quelli negativi, ma dando la possibilità in tempo reale di migliorare il proprio approccio.

Quest’anno, diciamolo, è stato come un master per le competenze soft.
Certo, siamo tutti cresciuti e abbiamo sperimentato – dopo tanta letteratura sulle soft skill – la loro concreta importanza e quanto possano rappresentare un reale vantaggio competitivo. Ma non dimentichiamoci anche delle competenze digitali, perché se non riusciremo a creare una alfabetizzazione digitale di base, i gap generazionali e tra lavoratori diventeranno ancora più ampi, creando categorie di lavoratori sempre più fragili. Le aziende devono investire anche in questo, garantendo un reskilling omogeneo e un upskilling mirato sulle competenze di ruolo.