L’adattamento al mondo post-Covid sembra ancora un work in progress. Dal lavoro all’ambiente, dall’economia alla psicologia passando per riflessioni filosofiche e geopolitiche, la pandemia ha accelerato alcuni fenomeni e ne ha azzoppati altri. Non è un caso, quindi, se la letteratura dell’ultimo periodo sia un fiorire di testi, saggi e approfondimenti tanto sul momento attuale quanto sulle conseguenze del domani.
Da questa prospettiva, per esempio, parte “Il Dopo – Il virus che ci ha costretto a cambiare mappa mentale”, della virologa italiana Ilaria Capua. Un libro sostanzialmente diviso in due parti, in cui la scienziata, da tempo emigrata negli Usa ma volto noto della tv italiana ai tempi della pandemia, cerca di tracciare le origini del virus e tratteggiare nuovi possibili paradigmi. Da un maggiore utilizzo delle tecnologie informatiche, sia per lavoro che per mantenere le relazioni, a un nuovo equilibrio fra vita privata e vita professionale passando per la limitazione degli sprechi (a partire dai viaggi non necessari) e per una più attenta salvaguardia dell’ambiente. E nel “dopo” immaginato da Capua c’è senza dubbio un più largo coinvolgimento delle donne: fra le categoria più esposte durante il lockdown, anche da un punto di vista scientifico (in quanto mediamente più resistenti degli uomini alla malattia), le donne possono giocare un ruolo importante sul mercato del lavoro – spiega. Ma il nuovo mindset non è esente da rischi. Come dimostra la polemica sul vaccino, una overdose di informazioni possono persuadere solo chi ha già una preparazione di base e spingere alcuni a rispondere con un atteggiamento negazionista, scettico e antiscientifico.
Più pratico, invece, l’ultimo libro di Massimo Arcangeli dal titolo “L’avventurosa storia della stretta di mano. Dalla Mesopotamia al Covid-19”. Un volume dall’approccio storico-letterario che dice molto su una delle convenzioni più comuni del nostro comportamento sociale interrotta per cause di forza maggiore. Il saggio parte dall’incontro con stretta di mano fra il re assiro Shalmaneser III e il re babilonese Marduk-zâkir-šumi I nell’850 a.C. per arrivare alla sfida tra Donald Trump ed Emmanuel Macron durante la parata militare del 14 luglio 2017, quando il presidente francese sembra quasi perdere l’equilibrio subito dopo la stretta di mano con l’ormai ex inquilino della Casa Bianca. Una sorta di sfida di forza in cui Macron si rifarà lasciando il segno del suo pollice sulla mano di Trump al successivo G7 in Canada. Scene che ora hanno lasciato il posto a inchini, tocchi di gomiti e mani sul cuore.
Di stampo più sociale è il volume “La città per l’uomo ai tempi del Covid-19”, curato da Massimiliano Cannata. All’interno dell’opera, diversi esperti cercano di analizzare la crisi impressa dal coronavirus al modello urbano in cui viviamo. Come uscirne? Fra le diverse proposte degli autori, corre un fil rouge che ripensa la città in un’ottica nuova, come bene comune capace di garantire ai suoi abitanti i diritti fondamentali della Costituzione, nonché la possibilità di potersi muovere in libertà e sicurezza al suo interno. Per farlo si punta su uno stop alla cementificazione dei suoli agricoli mediante azioni di riciclo o l’abbattimento di edifici abbandonati o di nessun pregio per favorire un maggior contatto con la natura, al contrasto della diffusione dei ghetti urbani che provocano disuguaglianza ed esclusione, alla promozione della diversità urbana, preservando i centri storici e migliorando i servizi offerti. A partire da quelli socio-sanitari, dando nuova linfa a ospedali, carceri e centri per anziani.
A chi le città italiane le ha lasciate emigrando all’estero per studio, affetti o lavoro è dedicato “Il mondo si allontana? Il Covid-19 e le nuove migrazioni” di Maddalena Tirasassi e Alvise Del Prà. Attraverso 30 interviste ad altrettanti expat e un questionario a cui hanno risposto 1.200 italiani da 57 Paesi esteri, i due autori hanno raccontato il modo in cui i nostri connazionali hanno affrontato la pandemia in terra straniera. L’inchiesta spazia dal racconto dei primi giorni della pandemia, con le fughe per tornare in Italia, alle quarantene di ragazzi confinati in una stanza in affitto alle prese con norme anticontagio, paure per i propri cari in Italia e preoccupazione per la perdita del lavoro. Esperienze che ridefiniscono anche i criteri di mobilità degli italiani all’estero facendo posto al sistema sanitario del Paese di destinazione. Allo stesso tempo, smart working e telelavoro aprono la strada a un pensiero nuovo: tornare in Italia!
Infine, una proposta filosofica: “I non-luoghi del Coronavirus – Il Covid-19, la filosofia e gli zombie” di Pierre Dalla Vigna. Il libro discute del fenomeno della pandemia alla luce della percezione che se ne ha (mediata dai mezzi d’informazione) e della struttura sociale ed economica che si trova a recepirla con termini guerreschi che trasformano le comunità in un collettivo militarizzato, «un esercito di delatori pronto a denunciare il vicino che esce troppo spesso, gli amanti clandestini, gli amici che chiacchierano, e tutti coloro che insistono a girare senza maschera e guanti». Insomma, un immaginario apocalittico da zombie in cui la realtà virtuale entra nelle mura di casa attraverso Zoom, Teams, Meet, ecc. Tecnologie che solo rinnovate e forti passioni possono tenere a bada evitando il rischio di derive cyber.