Il fatto non sussisteBeppe Signori è stato assolto 10 anni dopo essere stato arrestato ingiustamente

La sentenza del Tribunale di Piacenza dichiara il bomber di Foggia, Lazio e Bologna innocente con formula piena. Era accusato di aver influenzato il risultato di un match del 2 ottobre del 2010. L’avvocato difensore Patrizia Brandi: «C’erano delle intrinseche debolezze nel capo di imputazione. Era totalmente inventato a tavolino»

Massimo Paolone/LaPresse

Beppe Signori è stato assolto con formula piena dal Tribunale di Piacenza: non aveva truccato alcuna partita. «È una grande vittoria, dopo una battaglia di dieci anni», esulta l’avvocato Patrizia Brandi, che ha difeso Beppe Signori nel processo. La sentenza definitiva è arrivata questa mattina ed è un’assoluzione piena, articolo 530, comma 1, del Codice Penale: «Ci tengo a precisare che a Piacenza Beppe è stato assolto perché il fatto non sussiste: a volte dopo una sentenza del genere sul piatto della bilancia, dal lato dell’accusa, resta qualcosa che però magari non era sufficiente a condannare. Stavolta non c’era niente, zero», spiega l’avvocato.

Beppe Signori ha vinto un’altra causa, dimostrando la sua innocenza come già avvenuto a Modena per un caso analogo. Adesso l’accusa potrebbe impugnare la sentenza e fare appello. Ma solo in teoria: di solito dopo una sentenza di questo tipo non c’è molto spazio di manovra.

L’accusa contro l’ex attaccante di Foggia, Lazio e Bologna – tra le altre – era quella di aver truccato il risultato della gara tra Piacenza e Padova del 2 ottobre 2010, terminata 2-2: Signori era accusato di aver influenzato il risultato con finanziamenti provenienti da un gruppo definito dei “singaporiani”. Il tutto, secondo l’accusa, sarebbe avvenuto con la corruzione di «imprecisati dirigenti e calciatori».

Ed è proprio su una definizione così vaga che si è strutturata la difesa condotta dall’avvocato Brandi. «In questo processo – spiega – c’erano delle intrinseche debolezze nel capo di imputazione, che era totalmente inventato a tavolino e aveva in Signori un capro espiatorio in quanto personaggio particolarmente famoso. Nell’accusa non c’era neanche scritto quali giocatori avrebbe corrotto, né come, né quando. Tutto si basava sulla testimonianza di una persona che poi in tribunale, sotto giuramento, ha spiegato che la polizia gli aveva intimato di dire quelle cose. Diciamo che è crollata la colonna portante dell’ipotesi accusatoria».

Anche per questo motivo l’avvocato e il suo assistito avevano rinunciato alla prescrizione del reato: «Una cosa che in quaranta anni di carriera non avevo mai fatto – spiega Brandi – ma una prescrizione in primo grado in Italia è come dire che lo Stato non ti ha processato. E per noi non era un esito così esaltante. Dal momento che la gogna mediatica è stata veramente potente abbiamo deciso di reagire in modo altrettanto forte». A Piacenza c’erano anche altri coimputati, ma il processo è andato avanti solo per Beppe Signori.

Questa vittoria legale però non segna la fine della partita: ci sono altri processi per i quali l’ex calciatore e il suo avvocato hanno rinunciato alla prescrizione. E dopo la vicenda giudiziaria ci sarà anche quella sportiva.

«Signori è stato radiato dalla federazione – dice l’avvocato Brandi – quando tecnicamente avrebbe potuto allenare anche una nazionale. All’inizio di quest’assurda vicenda giudiziaria si attivò quella sportiva e in breve tempo si celebrò il processo mentre noi, come difesa, non avevamo nulla tra le mani perché eravamo in piene indagini. Noi ora miriamo alla riapertura del processo sportivo, perché il tribunale ha detto che quei reati non ci sono mai stati. Ma prima portiamo al termine le altre battaglie giudiziarie e poi ci concentriamo su quello sportivo».

Nell’ultimo decennio l’immagine pubblica – e sportiva – di Beppe Signori è stata rievocata quasi unicamente per le questioni giudiziarie legate al calcioscommesse. «Questi dieci anni non glieli può restituire nessuno», aggiunge l’avvocato. Prima del giugno 2011, data dell’arresto da parte della polizia, Beppe Signori era ancora soltanto un ex calciatore eccezionale, protagonista anche in Nazionale con il secondo posto ai Mondiali statunitensi del 1994 (chiusi con la sconfitta in finale). A livello di club iniziò nelle giovanili dell’Inter, per poi alternare alcune tappe prima di sbarcare a Foggia, dove Zdenek Zeman lo trasformò in centravanti creando uno degli attaccanti più prolifici degli anni Novanta. Poi il trasferimento alla Lazio dove visse il periodo più brillante della carriera: cinque stagioni e tre titoli di capocannoniere che hanno contribuito a renderlo il terzo miglior marcatore della storia del club e il nono nella classifica all-time della Serie A.

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