La versione di BarnierLa Brexit è stata la mia scuola di pazienza

Come si gestisce una situazione mai avvenuta prima? Per il francese ex commissario europeo al mercato interno, il distacco del Regno Unito dall’Unione Europea è stato un corso di contenimento danni e una infinita sequenza di problemi da risolvere. Sempre con la convinzione che fossero gli altri a sbagliare

AP Photo/Alastair Grant, File

Nel 1972, a 21 anni, votai per la prima volta nella mia vita in occasione del referendum francese sull’adesione del Regno Unito, dell’Irlanda, della Danimarca e della Norvegia alle Comunità europee.

Votai «sì» convintamente, sicuro che il progetto europeo sarebbe stato più forte con il Regno Unito come membro, e che il Regno Unito ne avrebbe anch’esso beneficiato. Ad oggi, resto convinto di avere fatto la scelta giusta.

Tuttavia, al momento in cui scrivo queste pagine, il Regno Unito non è più uno stato membro dell’Unione europea. Il 23 giugno 2016 una maggioranza di cittadini britannici ha votato per lasciare l’Unione europea, creando onde sismiche attraverso il continente. E, nel luglio 2016, sono stato nominato dall’allora presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, come capo negoziatore dell’UE per la preparazione e la conduzione delle negoziazioni con il Regno Unito.

In quanto tale, il mio ruolo è stato quello di affrontare una situazione senza precedenti: come porre fine in maniera ordinata a 47 anni di integrazione economica e politica, minimizzando i danni che Brexit inevitabilmente causa ai nostri cittadini e alle nostre imprese. Naturalmente, ciò è stato non solo complesso da un punto di vista giuridico ma anche sensibile da un punto di vista politico.

Dopo che le negoziazioni sono iniziate nel giugno 2017, ci sono voluti tre anni per concludere l’accordo di recesso che è entrato in vigore il 1o febbraio 2020, segnando l’uscita ufficiale del Regno Unito dall’Unione europea. Come ho detto più volte, Brexit è stata una scuola di pazienza.

Le negoziazioni non sono state facili ma ho avuto il privilegio di poter lavorare con il supporto eccezionale dei funzionari della Commissione europea, così come con 27 stati membri dell’UE che hanno agito in modo unitario, e con un Parlamento europeo molto tenace. Insieme, lavorando con i successivi governi britannici di Theresa May e Boris Johnson, abbiamo assicurato un recesso ordinato.

Ciò che avevamo previsto essere uno dei temi controversi dell’accordo di recesso – il conto economico – è stato concordato in modo relativamente rapido, anche grazie alla richiesta del governo britannico di istituire un periodo di transizione sufficientemente lungo, per mitigare l’impatto negativo di Brexit sull’economia del Regno Unito.

Siamo stati anche capaci di fare rapidi progressi in materia di tutela dei diritti dei cittadini, non appena il Regno Unito ha accettato di basare il nostro lavoro sui concetti di diritto dell’UE. Grazie a ciò, l’accordo di recesso garantisce, a vita, i diritti di tutti i cittadini europei residenti nel Regno Unito, e dei cittadini britannici residenti nell’Unione europea, oltreché dei loro famigliari. Ciò riguarda quasi 5 milioni di persone, inclusi centinaia di migliaia di cittadini italiani che vivono nel Regno Unito e britannici che vivono in Italia.

Infine, sebbene sia l’UE che il Regno Unito avessero da subito riconosciuto che la situazione in Irlanda del Nord era unica e richiedeva una soluzione specifica, trovare una proposta condivisa è risultato difficile.

Tuttavia, l’UE è rimasta sempre solidale al fianco dell’Irlanda. Abbiamo ascoltato le preoccupazioni, considerato varie opzioni possibili, e proposto e riproposto nuove soluzioni, mostrando flessibilità e comprensione, fino a quando non abbiamo trovato un accordo.

Il Protocollo sull’Irlanda/Irlanda del Nord incluso nell’accordo di recesso evita il ritorno di un confine rigido sull’isola d’Irlanda e preserva in tutte le sue dimensioni gli Accordi del Venerdì Santo del 1998. Ciò è cruciale per garantire una continua pace e stabilità sull’isola.

Allo stesso tempo, il Protocollo preserva l’integrità del mercato interno dell’UE, con tutte le garanzie che questo offre in termini di protezione dei consumatori e salute pubblica, pur rispettando l’appartenenza dell’Irlanda del Nord quale parte integrante del territorio doganale del Regno Unito.

Infine, il Protocollo riconosce anche il diritto dell’Irlanda del Nord a decidere democraticamente il proprio destino, concedendo ai rappresentanti eletti dell’Assemblea Legislativa dell’Irlanda del Nord la facoltà di votare, dopo quattro anni dall’entrata in vigore di queste regole, se continuare ad applicare o meno questa soluzione concordata di mutuo accordo.

Sebbene queste tre questioni – il conto economico, i diritti dei cittadini, e il confine nell’isola d’Irlanda – siano state quelle che hanno di più attirato l’attenzione nel corso delle negoziazioni, l’accordo di recesso risolve tutte le questioni della separazione del Regno Unito dall’UE.

Pertanto esso copre temi che spaziano dalla protezione dei diritti di proprietà intellettuale, incluse indicazioni di provenienza geografica come il parmigiano, sino alla progressiva sospensione della cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale – essenzialmente portando certezza giuridica laddove Brexit aveva creato incertezza.

Tuttavia, l’entrata in vigore dell’accordo di recesso non porta a termine il nostro lavoro. Da un lato, dobbiamo ancora negoziare con i britannici il dettaglio delle nostre relazioni future. Dall’altro lato, dobbiamo anche assicurarci che gli obblighi reciproci che il Regno Unito e l’UE hanno chiaramente sottoscritto nell’accordo di recesso siano propriamente implementati in pratica.

L’accordo di recesso è un testo giuridico preciso che deve essere applicato da entrambi i firmatari con rigore e disciplina.

Ciò significa che tutti i 27 stati membri dell’UE ed il Regno Unito devono onorare i propri impegni a tutelare i diritti dei cittadini, facendosi carico soprattutto dei più vulnerabili.

In aggiunta, ciò significa anche che il Regno Unito dovrà applicare un sistema di controlli rinforzati sulle merci che entrano in Irlanda del Nord dalla Gran Bretagna, così come prevede il Protocollo sull’Irlanda/Irlanda del Nord.

È per questo motivo che il libro che avete nelle vostre mani è meritorio. In questo agile volume Federico Fabbrini offre ad un pubblico di lettori italiani un’introduzione al processo di uscita del Regno Unito dall’Unione europea, mettendo in luce gli aspetti più rilevanti dell’accordo di recesso, e riflettendo sulle conseguenze e sugli insegnamenti di Brexit.

Infatti, quale che sia il futuro partenariato tra Regno Unito e UE, esso non sarà mai in grado di eguagliare i benefici dell’appartenenza all’UE. L’uscita del Regno Unito dal mercato interno e dall’unione doganale dell’UE, e la sua decisione di porre termine alla libera circolazione delle persone, causeranno inevitabilmente delle perturbazioni, creando costi economici aggiuntivi e barriere che non esistono oggi.

È importante che i cittadini e le imprese nell’Unione europea e nel Regno Unito siano pronti per questi cambiamenti.

Tuttavia, resto convinto che l’UE ed il Regno Unito devono continuare ad avere una collaborazione ampia ed approfondita, che vada al di là del solo commercio, abbracciando anche la cooperazione su questioni quali la mobilità delle persone, i trasporti, l’energia, la ricerca scientifica, la sicurezza e la difesa, nonché la risposta alle crisi sanitarie.

Invero, la pandemia di Coronavirus che è esplosa nel 2020 causando un numero drammatico di morti ovunque nel mondo ha messo in luce ancora una volta il valore aggiunto della cooperazione e della solidarietà transfrontaliera.

Gli stati membri dell’UE non solo hanno saputo lavorare insieme per rimpatriare i cittadini che si trovavano nel resto del mondo, e assicurare l’approvvigionamento di merci attraverso i confini, ma hanno infine anche deciso di creare un fondo per la ricostruzione post-pandemica – un’iniziativa senza precedenti per rilanciare l’economia dell’UE per la prossima generazione.

Superare le tragiche perdite sociali ed economiche causate da una crisi come la pandemia di Coronavirus richiede solidarietà ed empatia al di là dei confini nazionali. Ma ciò è vero sia tra stati membri dell’UE, che tra l’UE ed il Regno Unito.

Perché anche se il Regno Unito non è più uno stato membro dell’UE, esso rimane un nostro vicino, alleato e amico.

Nonostante Brexit, dobbiamo pertanto onorare i legami che uniscono i nostri paesi ed i nostri cittadini, e lavorare per creare una nuova forma di partenariato con il Regno Unito, che supporti la nostra continua solidarietà e cooperazione in futuro, rendendoci più forti e più uniti di fronte alle prossime crisi.

 

prefazione a “Brexit. Tra diritto e politica”, di Federico Fabbrini, Il Mulino, 2021, pagine 158, euro 13

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