Per il ritratto della figlia Isabella, il commerciante messinese di seta don Giovanni Martines vuole il miglior artista in circolazione. E la scelta è obbligata: in città c’è Michelangelo Merisi, il Caravaggio, nei suoi due anni siciliani (1608-1609).
Come non approfittarne? Se lo può permettere: gli affari lo hanno fatto diventare ricco, anzi, «il più ricco del mondo», a suo dire. Ma la morte della moglie, donna ribelle e dall’animo artistico, ha lasciato il vuoto: anche di immagini. Senza ritratti, teme che un giorno la dimenticherà.
Questo non deve succedere con Isabella, che la ricorda nei tratti e nel carattere, la madre. Isabella va immortalata. Caravaggio accetta ma, come si può immaginare, a modo suo.
Così comincia “Caravaggio e la ragazza” (Feltrinelli Comics), graphic novel a firma di Nadia Terranova (che ha curato i testi e la sceneggiatura) e Lelio Bonaccorso (i disegni), entrambi messinesi, che si cimentano in una favola dallo sfondo storico, con un viaggio di più di 400 anni, all’epoca in cui il pittore bergamasco, fuggito da Malta, dipinse capolavori come “L’adorazione dei pastori” e “La resurrezione di Lazzaro”, entrambi ora conservati al MU.ME, il Museo interdisciplinare regionale, della città.
Sono opere di cui si parla nel graphic novel, ma che restano sullo sfondo. L’artista è impegnato in casa Martines, dove il suo ruolo di maestro (più di vita che di pittura) si fa strada in una vicenda familiare via via più oscura e dolorosa, fatta di limiti e sottrazioni, ambizioni frenate e sogni di libertà.
Nelle parole di questo Caravaggio si trova la definizione dello spazio dell’arte, a un tempo introspezione e indagine, coraggio e risolutezza. «Sapete cosa serve per scansare un pericolo? Riconoscerlo. E per riconoscerlo dovete essere molto allenata e molto forte… fortissima, nell’attività più importante di tutte. Guardare».
Ma non è solo lo sguardo che cambia. La luce di Messina rivoluziona lo stile di Caravaggio, ma anche i profumi, i suoni, il mercato ricco e cosmopolita, il sale e il vento di una città che allunga la falce del suo porto in mezzo allo scontro-incontro di due mari. Creare schianti è nella sua natura. L’incrocio è la sua strada, che va dal cimitero – solo da quella visita potrà nascere “La resurrezione di Lazzaro” – alle superstizioni dei pescatori, fino alle estate torride e ventilate nelle vie colme di acqua e di seta. I sensi – vista, olfatto, udito – vengono chiamati in causa, anche se è padrona di tutto la luce, capace con le sue evoluzioni di creare atmosfere magiche: tra le pennellate del ritratto si vedono pesci volare.
Tutto il graphic novel nasce da Messina, «da un radicale atto d’amore per la sua storia», spiegano i due autori. Merito dell’ispirazione che infonde la città – che compare da attrice svagata con le sue chiese, i monumenti, i palazzi, i forti – e il desiderio di un viaggio nel suo passato. Popolato da viandanti, artisti e folli. Coloro che «ci lasciano tutto qullo che serve perché il viaggio continui».