Alla fine dell’anno, tutti i direttori editoriali delle testate enogastronomiche fanno la stessa domanda ai redattori: cosa mangeremo l’anno prossimo? Con la prospettiva di un pianeta sempre più affollato, la ricerca di cibo più sostenibile da produrre è ormai un imperativo. Era il 2011 e Carlo Cracco dalla copertina di Wired provava a venderci l’idea che presto grilli e cavallette sarebbero state la materia prima su cui esercitare il nostro palato. Sono passati dieci anni da quell’articolo, ma come dimostrano le tante testimonianze raccolte da Storie di cucina #ClubItalia nell’ultima room su Clubhouse dedicata alle Cavallette e agli altri insetti, che restano ancora oggi un’esperienza da non ripetere.
Sovraffollamento e dispensa
Oggi ci sono sette miliardi di persone sul pianeta. Gli scienziati stimano che nel 2050 ce ne saranno dieci miliardi e dovremo dare da mangiare a tutti. La carne e le proteine di origine animale non sono più sostenibili: il consumo di acqua e di energia impattano duramente sul pianeta. Se l’idea del reducetarianesimo è ormai diffusa, si fa ancora fatica con scelte più drastiche, come la dieta vegetariana o vegana, anche se gli adepti sono in costante aumento. Lo dimostrano i grandi marchi del cibo come Findus e McDonald’s che stanno ampliando e rinforzando la loro offerta di cibi simili a quelli di origine animale.
Creare prodotti che spingano a dire «è buono come un hamburger vero» è un modo per traghettare i consumatori verso nuovi lidi, più sostenibili, senza per forza passare per il tempeh a tutti i costi. Del resto, come spiega bene Anna Prandoni, oggi più che mai alimentarsi è un atto politico. Le nostre scelte alimentari quotidiane hanno un grande impatto sul mondo. Forse anche per questo un’alimentazione varia ed equilibrata può essere un primo passo verso un modo di alimentarsi più green.
Insetti: perché sì e perché no
Tra le soluzioni più green nel prossimo futuro gastronomico ci sono gli insetti. Che ci piaccia o no, farine, crakers, polpette e hamburger sono realtà, disponibili anche su piattaforme online come Leshop.ch di Migros, dove si trovano i prodotti a marchio Bugs. C’è chi ha iniziato a coltivare insetti da tavola. I loro valori nutrizionali sono arcinoti: fortemente proteici, si pensa che possano sostituire la carne. Ma per i viaggiatori incalliti, quelli che ormai conoscono il Sud-Est asiatico come le proprie tasche, gli insetti innescano quasi sempre la stessa espressione: «Sì, li ho mangiati, ma non lo rifarei».
La resistenza resta quasi sempre prettamente culturale. Chi li ha mangiati, spesso dice che non sanno di niente, quindi non c’è un gusto respingente a inibirci. La verità è che il nostro punto di vista sul cibo resta condizionato da cultura, disponibilità di risorse e persino religione (basti pensare alle vacche sacre in India). Si potrebbe pensare «Meno male che siamo nati nella parte giusta del mondo, dove non dobbiamo mangiare cavallette per vivere!». Ma la verità è che ogni cultura alimentare è giusta per chi vive in un dato luogo e, per viaggiare davvero, si dovrebbe mangiare quello che si trova nel posto in cui si è, rispettandone il dna alimentare. In alcuni Paesi del mondo si utilizzano gli insetti anche perché non si ha nient’altro.
Del resto anche nella “parte giusta” del mondo mangiamo cose “abominevoli”: il quinto quarto, le aragoste, che vengono messere a bollire ancora vive, la carne di balena in Norvegia, il canguro in Australia, l’orso, che Laura Ugolini ha mangiato a Trieste e in Svezia, le lumache e le moeche, diffusissime nel veneziano, il cane in Corea, l’anguilla. C’è chi potrebbe trovare “rivoltanti” i gamberetti, a cui gli insetti un po’ assomigliano. Ma poi, ce lo ricordiamo che il Casu Marzu è creato grazie alla proliferazione delle larve della Mosca casearia? In passato, in Italia, cucinavamo anche la zuppa di tartaruga.
Insetti, un cocktail per entusiasti
Per fortuna qualche entusiasta degli insetti c’è. Rudy Zerbi ricorda con appassionato entusiasmo un aperitivo a base di cavallette tostate. Una bollicina per sgrassare. «Devo tutto questo a una delle prime studiose dell’argomento Valeria Mosca (autrice del libro Imparare l’arte del foraging. Conoscere, raccogliere, consumare il cibo selvatico, ndr). Invece di mangiare due pacchetti di arachidi, questa mi sembra una soluzione più sana».
Secondo il sommelier Alejandro Daniel Mazza è sconsigliato abbinarci un vino rosso. «Con gli insetti, che hanno una nota molto tannica, stanno bene gli spumanti o un bianco fresco, che sgrassano bene. Col vino rosso l’insieme risulterebbe troppo amaro». Stuzzicato dall’idea di un drink “bugs friendly”, Mazza suggerisce un cocktail a base di 30-40 ml di mezcal, limone e un tocco di zucchero, il tutto servito in una coppa o un bicchiere con ghiaccio. Per riprendere il tema delle cavallette affumicate, le si può cuocere e mettere in infusione con il drink, da bere il giorno dopo.