Scuola di precisioneCome si usano i coltelli

Da quelli che non possono assolutamente mancare in cucina, agli errori da non fare per farli vivere a lungo, passando dalle piccole curiosità sugli abbinamenti: ecco tutti i segreti delle lame che ci aiutano a preparare i nostri piatti

Nel film Il Sapore del Successo un Bradley Cooper perennemente sull’orlo di una crisi di nervi riceve in dono dalla sua ex fidanzata i coltelli dello chef che lo ha avviato alla cucina (nonché padre di lei). Quell’involto con le lame ordinate, pulite, persino incise con dediche e pensieri sembrano racchiudere l’essenza del defunto cuoco. Perché, anche nella realtà, è lì che il bravo cuciniere mette attenzione e cura. I coltelli devono essere sempre in ordine, bacchette magiche per creare le armonie in pentola. Anche senza essere chef, probabilmente ci siamo arrivati anche noi: i coltelli sono importantissimi in cucina. Non ne servono tanti, ma è importante saperli usare e non “maltrattarli”.

Come sono cambiati i coltelli

«Le forme dei coltelli sono abbastanza stabili da parecchio tempo – spiega Davide Santini, Ceo di Gastronom, azienda produttrice di lame da cucina, nata a Firenze nel 2020 – Oggi ci si concentra sulla scelta dei materiali e su alcuni tipi di lavorazione. Una volta i coltelli erano fatti in acciaio carbonioso, facili da affilare, ma con un filo che durava davvero poco. Ora si preferisce l’acciaio inox, per mantenere il filo più a lungo».

Esistono decine di coltelli al mondo, ispirati anche da specifiche tradizioni culinarie. «Ad esempio, nella cucina cinese si usa un solo coltello, simile a una mannaia. In quella giapponese, famosa per le sue lame super specializzate, ne esiste uno per ogni tipo di taglio e di alimento, con forme diverse, profili e affilature variegate. Cambiano nome anche per pochi millimetri cambiano nome».

Davide Santini ha creato Gastronom nel 2020, unendo la cultura del coltello alla tradizione gastronomica e alla tecnologia più avanzata. Definisce questi oggetti «strumenti di precisione per la valorizzazione del cibo». Ogni prodotto è fatto artigianalmente e rifinito a mano per durare di più. Secondo Santini i coltelli necessari in cucina sono quattro. Si inizia con il coltello da Chef (o trinciante) con cui si svolge la maggior parte delle preparazioni in cucina. Poi c’è lo Spelucchino (chiamato anche Tournier o scortichino o gobbino): viene impiegato nei piccoli tagli, nelle incisioni decorative; la sua dimensione permette precisione nella sbucciatura e modellatura di frutta ortaggi e funghi.

Poi c’è il coltello con seghetto. Si pensa erroneamente che questa lama sia destinata al solo taglio del pane. Sbagliato: è adatto anche per incidere la buccia del pomodoro o degli agrumi senza schiacciare l’ortaggio o il frutto, eseguendo un taglio di precisione. Il cosiddetto Santoku è una lama di origine giapponese, leggero e sottile, ideale per qualsiasi preparazione. Ha solitamente una lama molto larga che permette un bilanciamento perfetto durante l’uso. Alcuni coltelli di questo tipo hanno degli alveoli che impediscono ai residui di cibo di rimanere incastrati durante il taglio.

Gastronom propone un set da cinque lame: Total Cut, coltello per tutte le preparazioni; Heavy Cut, trinciante maneggevole e preciso; Green Cut, ideale per le verdure; Bread Cut, coltello con lama adatta a incidere pane, pomodoro o agrumi; Fine Cut, per la sbucciatura e modellatura di frutta, ortaggi e funghi

Alimenti e lame

Ad ogni cibo, la sua lama. Ad esempio, per affettare il pane va usato il coltello con seghetto per non schiacciare la fetta. Per tagliare la carne o tritare il prezzemolo, va usato il trinciante o l’universale, così come per i vegetali, dove mi serve una lama di precisione come il Santoku, che mi permetta di non danneggiare le foglie, innescando un prematuro processo di ossidazione. Per il pesce, la scelta si fa difficile. «La scuola giapponese prevede l’uso di una lama spessa, mentre nella cucina occidentale si sfiletta con una lama più flessibile. È una questione di tecnica e di soggettività». Per la frutta uso lo Spelucchino, specie se ci troviamo a dover maneggiare fragole, ciliegie, ma anche per pulire o incidere dei funghi.

Come deve essere fatto un buon coltello

«Un buon coltello deve essere fatto di un ottimo acciaio – spiega Santini – Inoltre, deve avere un manico che garantisca un ottimo grip perché a volte può capitare di impugnare un coltello con mani unte o bagnate. In questi casi il grip è fondamentale. Poi deve essere molto ben bilanciato: la distribuzione dei pesi deve essere tale da non rendere faticoso l’utilizzo continuato».

Gli errori da non fare nell’usarli

Ora che abbiamo il nostro kit di coltelli pronti all’uso e sappiamo quando, come e dove usarli, facciamo attenzione a non commettere errori banali e fatali per la salute delle nostre lame. Prima di tutto, mai usare un coltello non perfettamente affilato. «Uno degli errori più comuni nell’uso dei coltelli da cucina deriva dalle sensazioni. “Questo coltello taglia troppo” o “Questo coltello non taglia” sono frasi che abbiamo detto o pensato tutti. Se il coltello è molto affilato, chi lo usa deve imprimere una forza modestissima, permettendo un uso continuato più facile».

Un altro errore comune sta nell’impugnatura. Si tratta di un fattore personale. «C’è chi usa il pinch grip, chi il metodo tradizionale. L’importante è avere una presa salda sul coltello». Po c’è il modo di tenere il cibo durante il taglio: si deve fare in modo che la lama del coltello si appoggi alle nocche e non alla punta delle dita.

Un altro errore molto comune si fa durante la pulizia. I coltelli non vanno mai in lavastoviglie. «Durante il lavaggio restano per un periodo prolungato in un ambiente umido, a temperature elevate e in presenza di sali e detergenti aggressivi, che potrebbero rovinarli». Quindi vanno lavati a mano, con saponi poco aggressivi, sciacquati e asciugati con cura.

Come prendersi cura dei propri coltelli

Se usati correttamente, i buoni coltelli mantengono il filo molto a lungo. «Per ravvivarlo, è sufficiente un acciarino, che si trova un po’ ovunque. Ma se il coltello è danneggiato, meglio rivolgersi a dei professionisti che ne riprendano l’affilatura». Gastronom la offre gratuitamente, chiedendo al cliente di sostenere solo le spese di spedizione.

E allora il macellaio, che quando sta per tagliare la fetta di carne, strofina un coltello contro un altro? Questa immagine presente nella mente di tutti si associa a un’idea errata: «Quello che impugna è un acciarino e quel movimento gesto non è una vera e propria affilatura. Se guardiamo il profilo della lama, vedremo che è leggermente seghettata. Ad ogni taglio si sposta. Il passaggio dell’acciarino raddrizza le microlame, ma non affila. In quel caso il filo viene solo ravvivato». Addio, certezze. Benvenuta, precisione.