The Great AwakeningL’improvviso risveglio dei draghiani addormentati in un Paese pieno di problemi 

Dopo un anno di osanna al modello italiano, al nuovo Prodi e alla sua credibilità in Europa, da un giorno all’altro, con l’arrivo dell’ex presidente della Bce, abbiamo scoperto che le cose non stavano andando benissimo

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Per oltre un anno, da queste parti, ci siamo sentiti un po’ come il Massimo Troisi di “Pensavo fosse amore…”, quando vede la sua ex fidanzata Cecilia, interpretata dalla splendida Francesca Neri, innamorarsi perdutamente dell’improbabile Enea, interpretato dal non altrettanto attraente Marco Messeri. E proprio non riesce a capacitarsi del fatto che tutti insistano nel descriverglielo come un adone. Pur consapevole di fare la figura del fesso, non può credere alle sue orecchie, e continua a ripetere a chiunque incontri: «Ah, Enea è bello? Secondo te Enea è bello?». E tutti, inspiegabilmente, gli rispondono che sì: secondo loro Enea è bello.

Intendiamoci, sulle qualità estetiche di Giuseppe Conte, su cui pure c’è ampia letteratura, non abbiamo nulla da eccepire. Il problema è tutto il resto. O meglio: era.

Qui infatti la realtà – come sempre nella politica italiana – si fa ancora più surreale della finzione cinematografica. La notte del 1° febbraio 2021 gli italiani sono andati a dormire sapendo che l’Avvocato del Popolo era lo statista che tutto il pianeta ci invidiava, che nella gestione della pandemia l’Italia era addirittura un modello, che il Recovery Plan era un gioiellino e che persino la scelta compiuta dall’Europa di assegnarci gran parte degli aiuti previsti per la ripresa era merito della competenza e della credibilità di Giuseppe Conte. E si sono svegliati la mattina del 2 febbraio sentendosi dire che finalmente, con l’arrivo di Mario Draghi, tornavano la competenza, l’europeismo e la credibilità internazionale, che la situazione era troppo grave per perder tempo in discussioni e bisognava solo lasciar fare a lui, che per primissima cosa avrebbe dovuto riscrivere quella schifezza di Recovery Plan, finirla con questa politica economica di sussidi a pioggia e pensare una buona volta a investimenti e sviluppo (con il ritornello sul «debito buono» contro quello cattivo, che non si capisce chi avrebbe accumulato).

Per non parlare delle misure contro il virus, che fino alla sera del 1° febbraio stavano piegando il contagio nel nostro Paese con la stessa implacabile precisione con cui le misure economiche si apprestavano a rilanciarne la crescita (che poi sarebbe stata anche l’unica affermazione esatta, a intenderla nel verso giusto) e dal 2 febbraio mattina lasciavano in eredità al presidente incaricato una situazione drammatica, a cominciare dalla necessità di mettere a punto al più presto un piano di vaccinazioni decente.

In pratica, dalla sera alla mattina, il nostro Enea, inteso ovviamente come l’eroe virgiliano modello di ogni virtù, era diventato Igor (leggi: «Aigor»), inteso ovviamente come il personaggio di “Frankenstein Junior” interpretato da Marty Feldman. E ci dispiace davvero per il libro ancora fresco di stampa pubblicato da Vincenzo Scotti e Sergio Zoppi, dal titolo “Governare l’Italia. Da Cavour a De Gasperi a Conte oggi”, che andrà se non altro aggiornato in “Conte ieri” (se proprio non si vogliono sostituire anche gli incolpevoli Cavour e De Gasperi con Casalino e Ciampolillo).

In verità, un segnale premonitore di questa curiosa dinamica si era avuto nella discussione sul programma NextGenerationEu, che andava benissimo così quando Matteo Renzi ne chiedeva la modifica, e tutti ne concludevano che evidentemente era un pretesto per ottenere altro, ma andava ancora meglio qualche settimana più tardi, una volta accantonata la task force piramidale da 300 consulenti, e svariate altre assurdità. Ragion per cui si tornava ad accusare chiunque lo criticasse di cercare pretesti, come dimostrava proprio il fatto che nel frattempo fosse tanto migliorato. Un circolo vizioso logico culminato nei compiaciuti commenti di questi giorni sul fatto che – stando a quanto riportano i giornali – pare proprio che Draghi intenda riscriverlo da capo.

Insomma, verosimilmente, tra qualche giorno anche gli inconsolabili dirigenti del Pd, e forse persino i più addolorati compagni di Leu, accetteranno la realtà, o perlomeno i sondaggi. Quegli stessi sondaggi che fino a ieri sbandieravano ai quattro venti, come prova dell’insostituibilità di Conte, e che già oggi indicano in Draghi il più amato dagli italiani, baciato dall’immancabile rilevazione del sentiment sul web, certificato a tempo di record come il più popolare nel Paese, neanche fino a ieri avesse fatto il calciatore.

Evidentemente solo noi non ce n’eravamo accorti: nei bar di provincia, ai tavolini del tresette, là dove la domenica si guarda la partita, devono essere anni ormai che non si parla d’altro che non sia il quantitative easing con cui nel 2015 Super Mario ha trafitto le difese tedesche, il contropiede fulminante di quel whatever it takes con cui nel 2012 ha spiazzato l’offensiva della speculazione, i dribbling ubriacanti delle sue considerazioni finali da governatore della Banca d’Italia.

Comunque si giudichino tali rilevazioni e tutto il connesso circuito di analisi e commenti, è indiscutibile che al grande risveglio dei draghiani assopiti si è accompagnata, per l’opinione pubblica, una massiccia somministrazione di principio di realtà, non meno urgente e necessario del vaccino anti-Covid. Non foss’altro perché non è possibile risolvere problemi di cui non si sia prima riconosciuta l’esistenza.

Chissà che un tale improvviso soprassalto di consapevolezza circa il reale stato del Paese, che è piuttosto grave, tanto dal punto di vista sanitario quanto dal punto di vista economico, oltre a permettere finalmente una diagnosi un po’ più accurata, non ci aiuti anche nell’approntare più efficaci terapie.

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