Cosa sta facendo la Francia per tutelare l’ambiente? Stando alla sentenza di pochi giorni fa la risposta più comune sarebbe una: poco e niente.
Con un motivazione storica il Tribunale Amministrativo di Parigi ha condannato la Francia a una multa – simbolica – di un euro per non aver agito contro il cambiamento climatico e non aver rispettato quindi gli impegni presi con l’Accordo di Parigi sul clima del 2015.
Nel verdetto si legge che lo Stato è ritenuto responsabile di inazione: il provvedimento arriva dopo un’azione legale intrapresa nel 2018 da quattro Ong e supportata dalle firme di oltre 2,3 milioni di cittadini raccolte in meno di un mese.
La situazione ambientale oltralpe non è delle migliori: secondo un rapporto dell’Unicef Francia, tre bambini su quattro respirano aria inquinata considerata tossica. Secondo una sentenza del 2019 della Corte europea di giustizia, invece, il Paese ha superato in maniera «sistematica e persistente» il valore limite annuale di biossido di azoto dal 1 gennaio del 2010.
Accogliendo il ricorso della Commissione Ue, il foro ha condannato Parigi per inadempimento degli obblighi derivanti dalla direttiva relativa alla qualità dell’aria. Senza contare lo smog, vero problema della capitale francese: a Parigi ci sono, per esempio, 36 auto per 100 abitanti. E la città registra 28 microgrammi di polveri sottili per metro cubo, posizionandosi nei primi posti tra quelle più inquinate d’Europa.
Detto questo, il governo di Emmanuel Macron, lo scorso settembre, ha presentato il pacchetto di misure che dovrà preparare il Paese al 2030: cento miliardi di investimenti di cui 30 dedicati alla “rivoluzione verde”. Macron intende puntare sopratutto all’efficientamento energetico, ma anche alla ricerca e all’innovazione, a cominciare dalla produzione di batterie elettriche o dell’idrogeno.
La Francia ha stabilito un piano dedicato all’idrogeno da 7,2 miliardi di euro. Il governo punta a costruire elettrolizzatori per raggiungere una capacità produttiva di 6,5 GW, diffondendo il vettore nel settore industriale e in quello dei trasporti.
L’idrogeno verde sembra essere l’obiettivo primario. Total ed Engie, per esempio, hanno già avviato una collaborazione nell’ambito di un progetto (denominato Masshylia) all’interno della bioraffineria di La Mède, nel Sud del paese.
L’inizio della costruzione dell’impianto è ipotizzata nel 2022, in vista della produzione a partire dal 2024. Il progetto prevede un investimento di oltre 100 milioni di euro: l’impianto fornirà in un primo tempo 5 tonnellate di idrogeno verde al giorno. Un elettrolizzatore con una potenza di 40 megawatt consentirà di produrre l’idrogeno dall’acqua e dall’elettricità, evitando così l’emissione di 15 mila tonnellate di CO2 all’anno. L’elettricità sarà fornita da un parco fotovoltaico.
Misure che sembrano ancora più urgenti dopo il rapporto di Météo France diffuso dal quotidiano Le Monde. Per il dossier tra 50 e 80 anni la Francia potrebbe essere alla prese con due mesi di caldo tropicale con temperature di 50 gradi e piogge molto più abbondanti d’inverno.
Anche per questo il governo sta studiando un nuovo normativa per gli automobilisti.
In base a un disegno di legge sul bilancio presentato in Parlamento, il governo transalpino potrebbe infatti inasprire l’ecotassa sui veicoli ad alte emissioni di CO2, e al contempo varare un’ulteriore stretta sui limiti oltre ai quali si incappa nel malus. Qualora la proposta diventasse legge, la penalità massima per le vetture che sforano 212 g/km di CO2, attualmente fissata a 20 mila euro – un primato nemmeno avvicinato dagli altri Paesi in cui si paga di più, come Belgio e Italia, che non vanno oltre i 2.500 euro – verrebbe raddoppiata nel 2021 e portata a 50.000 euro nel giro di due anni. La penalità riguarderebbe non solo i possessori di supercar e hypercar, ma anche chi ha acquistato, per esempio, delle Suv, delle berline e delle wagon ad alte prestazioni.
Sul versante energetico, invece, il settore nucleare rappresenta circa il 70% dell’attuale mix di elettricità francese e oltre il 40% della domanda finale di energia, secondo quanto emerge dai documenti del ministero della transizione ecologica transalpino.
Tuttavia, secondo un documento dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (Aie) lo scenario che si apre per la Francia prevede un pacchetto di energia rinnovabile al 100% possibile nel 2060. E ciò implica che il paese potrebbe fare a meno dell’energia nucleare per soddisfare la sua domanda interna.
Nel suo piano energetico pluriennale, la Francia si è posta l’obiettivo di ridurre la quota di energia nucleare nel mix energetico al 50% entro il 2035. Nel 2020, il governo ha annunciato l’imminente chiusura di 14 centrali nucleari per raggiungere questo obiettivo. La chiusura dello stabilimento di Fessenheim, per esempio, nel giugno 2020, ha lasciato un gap di capacità di 1,7 GW da compensare con altre fonti di generazione di energia.
Da parte sua, il presidente francese Emmanuel Macron ha dichiarato che «l’energia nucleare deve rimanere un pilastro del mix elettrico nazionale». Mentre il ministro dell’Ecologia, Barbara Pompili, ha dichiarato: «L’opzione delle rinnovabili al 100% non è mai stata esplorata così a fondo: la massima autorità per l’energia ammette sia tecnicamente possibile».
Anche in merito alla salvaguardia di animali ed ecologia il governo francese ha mosso passi importanti. Il 23 ottobre 2020 Marie Toussaint (Verdi/ALE) ha lanciato l’International parliamentary alliance for the recognition of ecocide: una rete di deputati da tutti i continenti che si batte per il riconoscimento dell’ecocidio come una fattispecie giuridica e che coinvolga la Corte penale internazionale, il tribunale chiamato a decidere su casi di genocidio, crimini di guerra e crimini contro l’umanità.
Con ecocidio si intende una serie di atti che danneggiano ambiente ed ecosistemi, spesso in modo irreparabile. Nei prossimi mesi verrà presentata in Parlamento una nuova proposta di legge contro il reato. Sono previsti da un minimo di 3 a un massimo di 10 anni di reclusione e multe fino a 4,5 milioni di euro per chi commette crimini contro l’ambiente.
L’introduzione del nuovo reato ha trovato sia pareri positivi sia aspre critiche. Diverse associazioni, come France Nature Environnement, hanno visto nell’annuncio dei ministri un progresso nella politica ambientale, mentre altre hanno fatto notare che il governo ha giocato a ribasso, soprattutto sul piano delle sanzioni.
Il 21 gennaio il Senato francese ha anche approvato in via definitiva una legge per proteggere il «patrimonio sensoriale» della campagna: canti di galli, gracidii di rane, frinire di cicale o campane attaccate al collo delle mucche d’ora in avanti saranno tutelati da una normativa statale. Che al di là della sua valenza simbolica, si ritiene possa anche contribuire a sollevare forze dell’ordine e giudici dai numerosi litigi tra vicini. A fronte anche dei 18mila processi intentati soltanto negli ultimi dieci anni in Francia per lamentele relative a rumori o odori sgradevoli nelle campagne.
Infine, a gennaio 2021 la Francia ha pubblicato la sua “Stratégie nationale des aires protégées” che punta a proteggere il 30% del territorio marino e terrestre entro il 2022. Mentre a fine gennaio La République en Marche, il partito di maggioranza, ha presentato un progetto di legge contro i maltrattamenti degli animali. Un francese su due possiede un animale, ma i francesi sono campioni d’Europa anche nell’abbandono: 100 mila l’anno.
Oltre agli animali da compagnia la proposta di legge presentata da Aurore Bergé si occupa dei circhi, con il divieto di usare animali, e dei parchi acquatici, che dovranno rinunciare a delfini e orche. E già qualcosa si muove: il Parc Astérix – il più importante parco divertimenti a tema dopo quelli di Disneyland Paris, in grado di attirare in tempi pre-Covid fino a 2 milioni di visitatori all’anno – ha pubblicato sul suo sito una nota in cui annuncia la chiusura definitiva del suo delfinario. Non male, se si pensa alla sentenza del Tribunale Amministrativo di Parigi.