The Institute of Masters of Wine è la più autorevole e antica organizzazione dedicata alla conoscenza e al commercio del vino. Nata nel 1953 ha incoronato i primi super esperti nel 1955. L’Italia ci ha messo quasi 70 anni per avere un nome tra quelli che oggi sono i 418 “dei” dell’Olimpo del vino. Gabriele Gorelli è il primo Master of Wine italiano e tutta l’industria del vino gioisce con lui per questo evento. Perché? Lo spiegano Cristina Mercuri, wine educator per sommelier e WSET, e consulente nel mondo del vino, insieme con Federico Gordini, presidente di Milano Wine Week.
Perché siamo felici
Per Cristina Mercuri, che è in corsa per lo stesso titolo, la felicità ha due ragioni. La prima è puramente umana: «Conosco Gabriele dal 2016. È un ragazzo molto puro, di sani principi, una persona di spessore che si è dedicata anima e corpo a questa mission, pronto ad aiutare gli altri, tanto che fa simulazioni d’esame per Master of Wine a titolo gratuito». La seconda è professionale: «La sua voce si sta già affermando nel panorama mondiale per la sua obiettività tecnica e specifica, creando un profondo valore per tutta l’industria».
Secondo Federico Gordini, «questa è una notizia straordinaria: finalmente anche l’Italia ha un ambasciatore importante. Oggi i punteggi che determinano il successo sul mercato internazionale di tutte le bottiglie prodotte sono per lo più anglosassoni. Fino a questo momento non siamo riusciti ad avere quella forza per creare e spingere ambasciatori fortissimi nel mondo, che potessero valorizzare il nostro territorio. Produciamo ancora molto, in tutte le regioni del Paese, con più di 500 denominazioni: abbiamo un patrimonio importante da gestire. La presenza di persone come Gorelli, che hanno voglia di fare sistema, è preziosa».
Chi è il nuovo Maestro del vino
Gabriele Gorelli, 36 anni, è un wine expert con profonde conoscenze e competenze sul marketing del vino. Il suo dna è intriso di Brunello di Montalcino e sapere, dato che suo nonno ne era il più rinomato produttore. Nel 2004 ha fondato Brookshaw & Gorelli, agenzia di design specializzata in comunicazione visiva di vini pregiati. Nel 2015, ha poi costituito una società di consulenza per la vendita e il marketing di vino, KH Wines, trattando con tutti gli stakeholder del settore, dalle cantine agli importatori passando per i ristoranti. Gorelli è il primo italiano e il 418esimo iscritto all’Institute of Masters of Wine di Londra.
Cos’è un Master of Wine
Il Master of Wine è una figura professionale di altissimo livello, che ha una conoscenza molto profonda di tutti gli aspetti del mondo del vino, a partire da viticultura, enologia, manipolazione, competenze commerciali e marketing. Deve conoscere approfonditamente il wine business, avere competenze territoriali e saper comprendere i modelli di consumo di tutto il mondo. Una volta conseguito il titolo, entra a far parte di un polo di esperti di altissimo spessore, che a cascata dovrebbe orientare le altre professioni del mondo del vino. Promuove la cultura ma anche l’economia del settore, e contribuisce in modo positivo alla vita di tutta l’industria enoica, aumentando il valore dell’intera filiera. Esemplificando: Gorelli si occupa di marketing e da oggi lo farà con un’expertise così profonda da dare benefici all’intera categoria. «Facendo un paragone ironico, potremmo definirlo un supereroe del vino», scherza Mercuri.
Come si diventa Master of Wine
Il percorso dura teoricamente tre anni, ma le difficoltà degli esami sono tali che la media degli aspiranti Master of Wine impiega circa cinque o sei anni per terminare le prove. Gorelli era entrato nel 2014, consegnando il suo research paper alla fine del 2020. Per accedere alle prove di Master of Wine bisogna dimostrare di essere nella industria del vino da almeno cinque anni, sostenere una prova scritta e presentare una referenza di un altro Master of Wine. Se ammessi, è necessario superare tre stage.
Lo stage one si tiene in una sola giornata: al mattino si analizzano dodici vini alla cieca, in cui può capitare di tutto. L’obiettivo della prova non è saperli identificare, ma saper rispondere alle domande su ciò che c’è nel bicchiere, argomentando in modo chiaro le risposte. Nel pomeriggio si passa a sostenere due essay teorici. «Nello stage one l’istituto vuole capire se hai iniziato a pensare da Master of Wine», spiega Mercuri.
Lo stage two è di preparazione all’esame del Master of Wine. Si articola in quattro giornate di degustazioni e prove scritte. Il primo giorno si articola così: degustazione alla cieca di dodici vini bianchi e nel pomeriggio scrittura dell’essay di viticoltura. Nel secondo giorno si passa a degustare i rossi, sempre alla cieca, e nel pomeriggio si lavora agli essay di enologia. Nel terzo giorno si passa alla cosiddetta mixed bag, dove ci sono dodici vini di diversa tipologia; nel pomeriggio si lavora agli essay sulla manipolazione del vino, analisi di laboratorio e qualità. Nel quarto giorno al mattino si lavora sull’essay dedicato al mondo del vino e nel pomeriggio a quello sulle contemporary issue, dove ci si può trovare a rispondere a domande come “Se tu fossi l’unico uomo rimasto della Terra e potessi scegliere solo due barbatelle, cosa sceglieresti e perché”. «Ci aspettiamo la domanda sul vino alla cannabis e se andrà a sostituirà il vino tradizionale – spiega Mercuri – Questo paper va a testare la conoscenza dell’aspirante Master of Wine sui settori limitrofi, per provare che il mondo del vino è davvero la sua seconda pelle. L’obiettivo resta sempre uno: conoscere, dimostrare che si conosce e comunicare».
Se si passa il secondo livello, cosa che in Italia non era mai successa fino a ora, si accede allo stage three. Ci si sceglie un argomento e lo si discute con l’Istituto. Lo scopo è creare un reserch paper di massimo diecimila parole. Gorelli lo ha scritto sulla Precipitazione della quercitina nel Brunello di Montalcino, tema attualissimo, che ancora non ha una soluzione ovvia. Il testo deve essere ovviamente in inglese e può essere anche rigettato dalla commissione.
Tutto questo avviene con quattro momenti di incontro con l’Istituto, in cui si fanno seminari e simulazioni degli esami. Non ci sono lezioni vere e proprie perché il punto di partenza è sapere che si sta parlando con degli esperti e non con persone in cerca di formazione. C’è anche un seminario che porta gli aspiranti Master of Wine in una zona vitivinicola del mondo per una settimana. Ante Covid, ovviamente.
I requisiti per diventare Master of Wine
Per diventare Master of Wine non è indispensabile avere un diploma WSET, ma è necessaria una forte conoscenza del mondo del vino e un grande spirito conoscitivo, completati dalla competenza linguistica necessaria per esprimersi su questi argomenti. In più bisogna avere una disponibilità economica di 20.000 euro all’anno per completare tutto il percorso, dato che ogni seminario, libri di testo, vini in degustazione e consulenze di Master of Wine, oltre a vitto e alloggio è a carico dell’interessato al titolo. Ci sono anche delle borse di studio a cui si può accedere scrivendo degli essay. Inoltre, se si falliscono entrambe le prove pratiche e teoriche per tre anni di fila l’istituto chiede di abbandonare il percorso per due anni per poi ricominciare dall’inizio. Diventare Master of Wine non cambia ciò che si fa nella vita, ma ne cambia il respiro. Si può chiedere un compenso più alto per le stesse mansioni di prima, ad esempio. «Ma il mio mentor dice “Lo fai per la gloria e non per i soldi”», dice Mercuri.
Il valore aggiunto per il sistema
«Gabriele Gorelli che diventa Master of Wine è un segnale molto importante, ma deve essere un punto di partenza – aggiunge Gordini – e non solo per averne altri, ma per creare una verticalità delle professioni. Nella moda è successo questo: le potenzialità produttive sono state realizzate grazie allo sviluppo di competenze strategiche legate al marketing, alla tecnologia e all’innovazione, che hanno creato un valore enorme. È quello che vogliamo costruire anche con la Milano Wine Week, che quest’anno si terrà dal 2 al 10 ottobre. Vogliamo spingere alla creazione di esperti di marketing, legislazione, retail focalizzati solo sul vino e non generici, persone con expertise verticali, che possano costruire team che creino proposizioni di valore». Con un’industria quotata 12 miliardi di euro, il vino è uno degli asset fondamentali per il futuro dell’Italia, che determinerà posti di lavoro, evoluzione e valorizzazione turistica, a cui le competenze approfondite saranno necessarie. «L’impegno di Gabriele sarà d’esempio», puntualizza Gordini.
Perché l’Italia ci ha messo tanto ad avere un suo Master of Wine
Diventare Master of Wine è un’impresa difficile e importante e noi ci siamo arrivati tardi anche per dei “difetti” professionali. «L’italiano medio tende ad abbandonare le cose quando sono troppo difficili – sottolinea Mercuri – Poi c’è il retaggio storico: siamo convinti di essere grandi e molto importanti, ma non ci siamo mai fermati a guardare ciò che fanno gli altri». Gordini ricorda: «Il nostro modello nel settore è sempre stato Veronelli». Inoltre ci sono dei limiti oggettivi: è difficile comprare vino straniero in Italia perché negli store online e non si vendono solo bottiglie italiane. Per diventare Master of Wine bisogna conoscere molto ciò che succede nel mondo. Siamo arrivati tardi anche perché finora non si intuiva l’importanza di questa figura. Come spiega Mercuri, «ora abbiamo una persona che potrà dare una visione a chi vorrà intraprendere questo percorso».