Alla fine di giugno 2021 l’Italia potrebbe riaprire le sue attività in tutta sicurezza e far ripartire la vita del Paese con una nuova normalità. Uno scenario ottimistico, ma certamente realizzabile: potrebbe essere raggiunto con un’ottima organizzazione delle vaccinazioni, una comunicazione chiara e puntuale e lo sforzo collettivo di tutti i cittadini.
È il risultato di uno studio dell’ “Associazione Minima Moralia – Idee per un Paese migliore” coordinato da Sergio Abrignani, professore ordinario di Patologia Generale all’Università di Milano, con i contributi di Carlo Altomonte, Pietro Bonaccorsi, Andrea Cuomo, Chiara Mearelli e Diva Moriani.
Il documento intitolato “Piano vaccinale, difesa dei più a rischio e ripartenza del Paese” ha l’obiettivo dichiarato di «aprire una discussione e dare un traguardo e una speranza concreta di ritorno alla normalità del Paese».
Il percorso indicato dallo studio individua quattro punti chiave, considerati indispensabili: «Prima di tutto occorre fissare un obiettivo della campagna di vaccinazione, con priorità alle persone più a rischio. Poi servirà una comunicazione efficace di tale obiettivo verso tutti i cittadini. Infine lo sforzo collettivo, logistico, sociale ed economico per il raggiungimento del risultato nei tempi più rapidi possibili. Una volta raggiunto l’obiettivo si passa alla riapertura completa del Paese, con un ritorno ad una normalità post-Covid, ma con il mantenimento di misure precauzionali (mascherine, distanziamento, ecc..)».
Per quanto riguarda la campagna vaccinale, sappiamo che il ministero della Salute ha messo a punto un piano in più fasi con cui prevede a vaccinare tutta la popolazione. Ma il programma non fa previsioni su quali saranno le condizioni di completamento del processo vaccinale che potrebbero garantire una progressiva ripresa delle attività produttive e della mobilità.
Invece, spiegano da Minima Moralia, un piano di vaccinazioni ben organizzato dovrebbe consentire a tutti di pianificare nuovamente la propria vita e le proprie attività, pur mantenendo quelle attenzioni e cautele che saranno ancora a lungo necessarie.
Allora l’associazione per prima cosa ha stilato un nuovo cronoprogramma: «Per accelerare l’avvicinamento delle riaperture bisogna procedere a vaccinare, non appena saranno disponibili grandi dosi di vaccino – orientativamente a partire dal secondo trimestre del 2021, con le 64 milioni di dosi in arrivo da diverse case farmaceutiche – la popolazione più debole e suscettibile».
In questo modo si otterrebbe un enorme vantaggio, che è prima di tutto temporale: «Una volta ottenuta l’immunizzazione dei cittadini vulnerabili – si legge nel documento – non occorrerà attendere il raggiungimento dell’immunità di gregge per poter riprendere la vita sociale e le attività produttive: il virus potrà eventualmente continuare a circolare, colpendo però soltanto quei segmenti di popolazione che corrono un basso rischio di un decorso grave della malattia».
Per raggiungere questo obiettivo però è necessario individuare il target delle vaccinazioni. L’ultimo rapporto prodotto dall’Istituto Superiore di Sanità evidenzia che quasi il 97% dei pazienti positivi al Covid-19 che sono deceduti soffriva di una patologia preesistente – più precisamente, il 66,3% aveva tre o più patologie a carico, il 18,6% due patologie, il 12,1% una patologia. I dati inquadrano 2.083.609 persone estremamente vulnerabili: se a loro si somma la popolazione over-65 – circa 13,8 milioni di persone – si individua, nel complesso, una platea di circa 15,9 milioni di persone.
«Se l’Italia concentrasse gli sforzi di immunizzazione nei confronti di queste persone riuscirebbe ad ottenere il sostanziale abbattimento degli indicatori di mortalità, rendendo possibile il progressivo allentamento delle misure di contenimento, e l’auspicabile inaugurazione della fase di ripartenza. In questo scenario, il virus continuerà inevitabilmente a circolare, ma colpirà soltanto quei segmenti di popolazione giovane che non corrono un alto rischio di decorso grave della malattia», si legge nel piano di Minima Moralia.
Infine l’associazione individua gli strumenti per applicare il programma. A partire ovviamente dalle forniture di vaccini ordinate dalla Commissione europea e divise fra i vari Stati membri.
«Anche limitandosi a considerare esclusivamente i vaccini di Pfizer-BioNTech e Moderna – scrivono dall’associazione – si potrà garantire l’immunizzazione di più di 4,3 milioni di individui nel primo trimestre del 2021, di ulteriori 11,4 milioni nel secondo trimestre e 12,4 milioni nel terzo trimestre, per un totale di oltre 28 milioni di immunizzazioni lungo questo arco di tempo».
Ma occorrerà perfezionare anche l’aspetto logistico, organizzativo e burocratico dell’iter vaccinale. Gli esempi più virtuosi indicati da Minima Moralia sono i modelli predisposti dalle regioni Lazio e Lombardia.
Quest’ultima in particolare ha applicato uno schema ricalcato su quello del Regno Unito, con lo sfruttamento estensivo di strutture coperte in gran parte già esistenti sul territorio (padiglioni fieristici, palazzi congressi, ospedali, palestre), e lo studio analitico di costi, tempistiche e dettagli del processo vaccinale al fine di ottimizzarne lo svolgimento in differenti configurazioni dimensionali (spazi molto grandi, grandi, medi e piccoli).
Con l’implementazione di questo modello, la Regione stima che, a pieno regime, potrebbe essere in grado di garantire 157mila vaccinazioni al giorno. Replicare questo modello adattandolo su scala nazionale significherebbe riuscire a vaccinare la popolazione in tempi nettamente più rapidi di quelli finora realizzati.
«Con un’adeguata organizzazione, e sfruttando le forniture di vaccini in arrivo, è realistico fissare l’inizio dell’estate (giugno 2021) come orizzonte entro il quale ultimare l’immunizzazione della popolazione bersaglio e ripartire», si legge nel documento.
L’ultimo accorgimento invece riguarda la popolazione che, almeno in un primo momento, resterà fuori dal piano vaccinale: un programma di questo tipo dovrebbe portare a un aumento di infezioni nella popolazione sana, più giovane e non ancora vaccinata.
Nonostante il rischio di decesso in queste fasce della popolazione sia ridotto, occorrerà predisporre delle misure per assistere adeguatamente gli eventuali casi gravi, evitando di sovraccaricare le strutture ospedaliere.
Nel documento di Minima Moralia sono indicate due misure fondamentali: «Innanzitutto bisognerà espandere e consolidare le strutture di terapia intensiva, e in modo programmatico aumentare il numero dei posti di specializzazione in anestesia e rianimazione. In secondo luogo, i risultati positivi ottenuti dall’utilizzo degli anticorpi monoclonali contro la Spike del virus fanno sperare nella possibilità di affiancare in futuro al piano vaccinale un piano terapeutico a base di una combinazione di anticorpi monoclonali. Nel caso, sarebbe possibile immaginare anche un uso domiciliare di queste cure: potrebbe rappresentare un’efficace arma per la riduzione dei ricoveri ospedalieri relativi alle infezioni della popolazione sotto i 65 anni non ancora immunizzata».