PendolariaPerché dobbiamo investire nel trasporto pubblico ferroviario, locale e sostenibile

L’ultimo report di Legambiente sulla libertà di muoversi in treno fotografa la situazione (non brillantissima) degli spostamenti su ferro nazionali, focalizzandosi sulle opportunità offerte dal Next Generation Eu per dare una svolta alla mobilità italiana entro il 2030

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Raddoppiare il numero di viaggiatori su treni regionali e metropolitane al 2030, recuperare i ritardi infrastrutturali nelle città, potenziare l’offerta di servizio ed elettrificare le linee ferroviarie al Sud. Come spiegato nel rapporto Pendolaria 2021, sono queste secondo Legambiente le strade da percorrere per fare del Next Generation Eu la svolta nella mobilità sostenibile.

«Per l’Italia – sottolinea l’associazione ambientalista – è uno di quei treni che “passano una volta sola”, ma una buona parte del Paese rischia di attenderlo sul binario sbagliato: il Next Generation Eu potrebbe rappresentare la svolta per un trasporto su ferro sostenibile, se le risorse europee disponibili fossero accompagnate da una chiara e puntuale visione di obiettivi, riforme e investimenti che da qui al 2030 guardino in primo luogo agli spostamenti nelle aree urbane e alla rete ferroviaria del Sud. Una visione che finora è mancata».

Nel nostro Paese sfrecciano oltre 39,5 milioni di auto private (con un tasso di immatricolazione in crescita), 6,9 milioni tra moto e motorini, 5,7 milioni di camion e veicoli per il trasporto merci. Il settore dei trasporti produce in Italia oltre il 26% delle emissioni di CO2 e dal 1990 non ha subito riduzioni. Per questo, secondo Legambiente la sfida è ridurre la dipendenza dai combustili fossili e aumentare le opportunità per le persone e le imprese dentro un sistema dei trasporti decarbonizzato. Una prospettiva che comporterebbe non solo vantaggi ambientali come il minore inquinamento e la lotta al climate change ma anche di qualità della vita, attrattività delle città e dei territori e di opportunità di lavoro.

Le fragilità del Paese

Quella proposta da Legambiente è una strategia da attivare raddoppiando il numero di persone che si muovono in treno nei collegamenti ferroviari nazionali, ampliando le possibilità sulle linee fuori dall’alta velocità ferroviaria, potenziando in particolare investimenti e offerta di servizi al Sud, nelle isole e negli spostamenti lungo le direttrici adriatica e tirrenica.

Rispetto Nord, il Meridione dispone infatti di meno treni e più lenti così come del maggior numero di linee a binario unico e non elettrificate. In Calabria sono così 686 chilometri su 965 mentre la Basilicata dispone solo di 18 chilometri a doppio binario.

I benefici di un sistema di trasporti sostenibile

Nel periodo 2008-2018 nelle città intorno alla rete dell’alta velocità il Pil è cresciuto del 7-8% in più di quelle fuori dal servizio, secondo uno studio del Sole24ore. Nel 2019, prima della pandemia e delle conseguenti restrizioni, il numero di cittadini che quotidianamente si serviva del treno per spostarsi su collegamenti nazionali era di circa 50mila persone sugli Intercity e 170mila sull’alta velocità tra le frecce di Trenitalia ed Italo.

«Possiamo raddoppiare questi numeri mettendo in connessione la rete ferroviaria con porti e aeroporti, in modo da permettere alle persone di spostarsi in modo semplice, senza auto, nei territori e spingere così sia l’economia che il turismo, ed eliminando le barriere che oggi incontra la logistica delle merci nel nostro Paese».

Eppure in Italia negli ultimi due anni non è stato inaugurato nemmeno un chilometro di linee metropolitane e, parallelamente, è aumentato il distacco tra le città italiane e quelle europee, soprattutto dove i ritardi sulla dotazione di metro, tram e ferrovie urbane per i pendolari erano più evidenti.

Dal 2002 al 2018, i finanziamenti statali hanno premiato per il 60% gli investimenti in strade e autostrade, mentre tra il 2010 e il 2018 sono stati realizzati 298 km di autostrade e 2.479 km di strade nazionali, a fronte di soli 91,1 km di metropolitane e di 58,4 km di linee del tram. Per questo secondo Legambiente «occorre cambiare le priorità infrastrutturali».

Mobilità urbana

Nelle 16 principali aree metropolitane e conurbazioni italiane (il 18% del territorio nazionale) vive il 42% della popolazione complessiva del Paese. È proprio nei centri urbani che avviene la quota prevalente degli spostamenti dei cittadini e dove quindi la partire deve essere giocata con maggiore impegno.

Qui, secondo un’analisi di Isfort, prevale la mobilità di prossimità (entro i 2 km) con il 32,4%, quella a scala urbana (fino a 10 km) con il 42,7% e di medio raggio (fino a 50 km) con il 22,3%. «Oltre il 36% degli intervistati nel 2019 avrebbe voluto aumentare l’uso dei mezzi pubblici, mentre l’automobile registrava invece il 35,6% di persone disposte a ridurne l’uso. Questa situazione è chiaramente stata stravolta dalla pandemia, ma in realtà in questi mesi si è accentuata la propensione delle persone a ripensare i propri spostamenti, a usare le bici e i monopattini (quelli in sharing sono passati da 4.900 a dicembre 2019 a 27.150 a settembre 2020), e allo smart working».

Secondo Legambiente, si tratta di cambiamenti che rimarranno anche una volta usciti dal Covid e, anzi, contribuiranno ad accelerare processi positivi per la mobilità urbana. «Investire nella mobilità sostenibile nelle aree urbane è fondamentale perché qui troviamo i dati più rilevanti di concentrazione dell’inquinamento atmosferico in Italia, legato in modo rilevante alla prevalenza di spostamenti automobilistici».

Alcune buone notizie

Grazie al rinnovo del parco treni circolanti sono 757 i nuovi convogli immessi sulla rete da Trenitalia e dagli altri concessionari, e altri 704 sono programmati nei prossimi anni. Entro il 2026 è prevista l’elettrificazione di diverse linee, tramite fondi di Next generation Ue, e l’installazione delle attrezzature Scmt (Sistema di Controllo Marcia Treno) e Ssc (Sistema di Supporto alla Condotta del macchinista), che aumentano la velocità e migliorano la sicurezza dei convogli.  Gli interventi, previsti su 1635 km di rete, porterebbero l’elettrificazione sui binari italiani dal 69,1% al 77,8%.