La vaccinazione di massa contro il Covid-19 non inizierà in maniera uniforme in tutto il mondo. I Paesi più ricchi, tra cui ci sono i Paesi dell’Unione Europea, gli Stati Uniti e diverse nazioni mediorientali, hanno già sfruttato il proprio potenziale economico per dare avvio alle immunizzazioni e acquistare i migliori vaccini in circolazione. Le nazioni più povere, invece, devono accontentarsi delle briciole e sperare nella benevolenza di un alleato potente. L’Ucraina, pur trovandosi ai confini dell’Europa che conta, fa parte di questa seconda categoria di Stati e inizierà a effettuare le prime somministrazioni solamente a febbraio.
A confermarlo (lo riporta Ukrinform) è il Dottor Viktor Liashko, ufficiale medico capo dell’Ucraina, che ha dichiarato che «il vaccino dovrebbe arrivare a febbraio, probabilmente nell’ambito del programma Covax» e che «si sta lavorando con il Sistema Sanitario Nazionale e con il ministero dell’Economia» per garantire la copertura finanziaria alle somministrazioni. Le dosi, però, scarseggiano. La firma di un accordo con il produttore cinese Sinovac Biotech consentirà l’invio di cinque milioni di dosi del vaccino in Ucraina mentre altre otto milioni di dosi dovrebbero giungere grazie al programma Covax. L’iniziativa Covax mira a supportare lo sviluppo e la distribuzione equa di 2 miliardi di dosi di vaccini Covid-19 entro la fine del 2021 ed è sponsorizzata, tra gli altri, dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO).
Il piano vaccinale redatto dal ministero della Salute ucraino, in collaborazione con gli esperti dell’Unicef e del WHO, prevede che 20 milioni di cittadini, cioè il 50 per cento degli abitanti, saranno vaccinati nel 2021-2022. Il documento, come affermato dal direttore del Centro di Salute Pubblica Igor Kuzin (le cui parole sono riportate dall’agenzia di stampa cinese Xinhua), «è flessibile, può essere aggiornato in base alla situazione del Covid-19 e alla disponibilità dei vaccini stessi».
I casi totali di Covid-19 registrati in Ucraina dall’inizio della pandemia sono più di un milione e duecentomila e i decessi sono oltre 23mila. Il Paese è reduce da un lockdown di due settimane, iniziato l’8 e terminato il 24 gennaio, che dovrebbe essere riuscito ad abbassare il numero di nuovi casi giornalieri. La curva dei contagi appare in discesa ma nuove misure restrittive potrebbero rivelarsi necessarie in caso di futuri peggioramenti.
Il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky si è recentemente appellato all’Unione Europea affinché Bruxelles aiuti la nazione amica a procurarsi i vaccini contro il coronavirus, in particolare modo quelli sviluppati in Occidente. Si tratta di una necessità tanto dal punto di vista sanitario quanto geopolitico e questa esigenza ha trovato l’appoggio di tredici Stati Membri dell’Unione, tra cui Bulgaria, Croazia e Polonia. I tredici Membri hanno invitato Bruxelles ad aiutare i vicini orientali a vaccinare le proprie popolazioni contro il coronavirus. L’Unione Europea, come confermato dall’ufficio dello stesso Zelensky, ha promesso di aiutare l’Ucraina a ottenere i vaccini quanto prima.
Zelensky ha ricevuto assicurazioni di supporto in una lettera scritta dalla presidente della Commissione Europea Ursula Von Der Leyen e dal presidente del Consiglio Europeo Charles Michel. Il supporto comunitario potrebbe però non manifestarsi nel breve termine. Le nazioni europee hanno dovuto fare i conti, nelle ultime settimane, con i ritardi delle società farmaceutiche americane Pfizer e Moderna nell’inviare le quantità di vaccini pattuiti. Le polemiche tra le parti non sono mancate ed almeno per ora è improbabile che l’Europa, che a volte non riesce ad aiutare nemmeno se stessa, possa tendere la mano ad altri.
L’allontanarsi dell’immunità di gregge rende l’Ucraina molto vulnerabile nei confronti del virus SARS-CoV-2. Si tratta di una condizione precaria e in grado di aggravare le preesistenti tensioni con la Federazione Russa. Il ministro degli Esteri ucraino Dmitry Kuleba ha reso noto che Kiev è contraria all’uso del vaccino russo Sputnik V contro il coronavirus perché ne teme il possibile (come segnalato dalla TASS) “effetto propaganda”. Il ministero della Salute ha reso noto che non è possibile registrare il vaccino russo prima del completamento della Fase III delle sperimentazioni cliniche, che sono in corso. Il Parlamento ha invece scelto di bandire il preparato dal suolo ucraino.
I rapporti tra Mosca e Kiev sono peggiorati drasticamente dopo la svolta filo-occidentale intrapresa dall’Ucraina nel 2014. La rimozione dell’allora Presidente Yanukovich dopo le proteste di Euromaidan ha aperto la strada a un riavvicinamento tra l’Ucraina, l’Europa e gli Stati Uniti. La Russia ha visto così erodersi la propria sfera di influenza nello spazio post-sovietico ed ha sfiorato il conflitto con Kiev per le questioni della Crimea, occupata nel 2014, e del Donbass, la regione orientale ucraina occupata da movimenti separatisti filo russi. Lo Sputnik V è già disponibile in Crimea, considerata da Mosca come parte integrante del proprio territorio, dopo che il presidente Vladimir Putin ha ordinato che avesse inizio il programma di immunizzazione di massa su scala nazionale.
Le repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk dovrebbero invece aver ricevuto le prime dosi alla fine di gennaio, come confermato dall’agenzia di stampa RIA Novosti. Nei prossimi mesi si verrà dunque a creare una situazione paradossale che vedrà Donetsk e Lugansk molto più avanti nelle vaccinazioni di massa rispetto a Kiev. Si tratta di un grave danno di immagine per l’Ucraina e per il suo governo, che a questo punto rischia grosso. Il Prodotto Interno Lordo della nazione si è contratto del 5 per cento nel corso del 2020 a causa della pandemia. L’esecutivo ucraino si è trovato costretto a chiudere buona parte dell’economia nazionale nel corso del secondo trimestre a causa della diffusione del virus e a imporre un lockdown piuttosto duro. Il problema è che l’apparato produttivo e la solidità economica del Paese sono deboli e ogni shock rischia di rivelarsi deleterio tanto nel medio quanto nel lungo termine.
Un’emergenza economica prolungata nel tempo potrebbe spingere almeno una parte della popolazione a scendere nelle piazze e provocare un drastico calo della popolarità del Presidente Zelensk. L’Ucraina si ritroverebbe a essere meno credibile sullo scenario internazionale e i noti pregiudizi sull’inaffidabilità del Paese rischierebbero di rafforzarsi. Kiev è un attore importante nell’ambito delle relazioni tra Russia e Unione Europea e un potente elemento di disturbo della normalizzazione dei rapporti tra le parti.
Il ruolo scomodo giocato dall’Ucraina necessità, però, di una struttura statale forte, di Forze Armate efficienti e pronte all’uso e di stabilità a livello di politica interna. La pandemia potrebbe alterare questi equilibri e rendere sempre più difficile la ricomposizione di eventuali fratture. L’Ucraina, che secondo il Fondo Monetario Internazionale, nel 2018, era il Paese più povero tra quelli emergenti in Europa, potrebbe ritrovarsi a essere il proverbiale vaso di coccio schiacciato tra due vasi di ferro.