Ipotesi CampidoglioZingaretti sta seriamente pensando di candidarsi a sindaco di Roma

Un candidato forte per la capitale ancora non c’è, la situazione nel partito non è affatto serena e l’idea che l’opposizione interna riesca a vincere il futuro congresso non è remota: guidare la prima città italiana potrebbe essere un’exit strategy vincente

Fabrizio Corradetti / LaPresse

Pressato, stressato, Nicola Zingaretti potrebbe scegliere una exit strategy perfetta: candidarsi a sindaco di Roma. Un’ipotesi in questi mesi tante volte apparsa sui giornali e puntualmente smentita ma che stavolta appare come il classico uovo di Colombo in grado di risolvere in un colpo solo diversi problemi. Intanto c’è un indizio. 

Come mai il segretario del Pd tuttora sta bloccando la ricerca di una soluzione per Roma? È vero che molto probabilmente le amministrative slitteranno a ottobre-novembre causa pandemia e che quindi c’è ancora del tempo prima di prendere una decisione ma è pur vero che il Nazareno con i suoi silenzi sta di fatto bruciando tutte le ipotesi. 

Compresa quella, molto autorevole, dell’ex ministro dell’Economia Roberto Gualtieri il cui nome è in pista da settimane: perché il Nazareno non appone il suo imprimatur? Gualtieri, contrariamente a quanto si pensa, sarebbe molto disponibile, eppure il Pd tentenna, Zingaretti non dà il via libera. Perché quella casella forse è meglio tenerla libera per sé. Almeno come ipotesi, se le cose dovessero mettersi male nel partito.

Ipotesi tutt’altro che remota, visto l’incrocio e l’accumulo di diversi malesseri nel Pd, dove si lavora attorno ad una chiara alternativa al segretario e si attende di capire se si coagulerà un fronte attorno alla candidatura di Stefano Bonaccini.

Virando sul Campidoglio, con ottime possibilità di vittoria, a capo di una una coalizione larga che andrebbe dai riformisti alla Sinistra di Fratoianni, passando per una selva di forze politiche e sociali a sostegno, una specie di Ulivo bis che il segretario del Pd ha cominciato a vagheggiare anche come schema nazionale, con tanti saluti alla alleanza strategica e preferenziale con il M5s. 

Addirittura Zingaretti potrebbe inserire la sua candidatura in un pacchetto nazionale, chiedendo Roma per sé – e dunque il ritiro di Virginia Raggi – e Napoli e forse anche Torino al M5s. 

Alla peggio, i grillini in ogni caso convergerebbero su Zinga al secondo turno fornendogli molte probabilità di vittoria contro una destra che almeno per il momento non trova un campione forte, essendo quella di Andrea Abodi una candidatura destinata a tramontare.

Sempre riluttante all’ipotesi di scalare il Campidoglio (poteva correre persino a quelle del 2013 ma all’epoca non volle lasciare la Provincia), stavolta correre per il Comune di Roma sottrarrebbe “Nicola” a una defatigante e per nulla scontata difesa della sua leadership messa in discussione ormai esplicitamente da sindaci, Base riformista, cani sciolti, tutta gente che ormai ha chiaro cosa vuole, la cacciata dei “romani” dal Nazareno, a cominciare naturalmente dal numero uno. 

È chiaro che la scesa in campo a Roma eviterebbe un congresso vero con la sua segreteria in gioco: si potrebbe invece pensare a una gestione collegiale e a una “reggenza” fino alla primavera prossima o anche più in là. 

Ecco perché, secondo alcune ricostruzioni, Andrea Orlando non intende mollare la carica di vicesegretario pur essendo diventato ministro del Lavoro, a differenza di quanto fece Paola De Micheli quando entrò nel Conte 2: perché il “reggente” potrebbe essere lui, e da quella postazione poi correre per la segreteria vera e propria. 

Zingaretti sarebbe spinto a questa scelta anche dal suo inner circle romano, la squadra intorno a lui che è molto criticata dagli oppositori del segretario. È evidente che una vittoria a Roma “laverebbe” le macchie soprattutto di quest’ultimo periodo e porterebbe un periodo di “pace” in un partito perennemente sull’orlo di una crisi di nervi e anche oltre. E Zingaretti potrebbe dire di aver lasciato un partito in buona salute. Per ora è più di una suggestione. Sarebbe l’uovo di Colombo, appunto.