I viaggi di lavoro si fanno dai tempi dai tempi dei commercianti che trasportavano sete e spezie. Poi è arrivata la pandemia da Covid-19. E questo esercito di uomini d’affari, intenti a picchiettare sui loro computer seduti nelle business class degli aerei, ha iniziato una lunga e inesorabile ritirata.
La classe business, in realtà, è una conquista recente – racconta l’Economist. Le compagnie aeree l’hanno inserita tra la prima e la classe economy solo alla fine degli anni Settanta. E questi viaggi sono cresciuti vertiginosamente negli ultimi 25 anni. Secondo la società di analisi Bernstein, la spesa totale per viaggi internazionali e nazionali nel 1995 ammontava a 2,1 trilioni di dollari, di cui 400 miliardi per affari. Fino al 2019 circa un quarto del totale – 1,3 trilioni di dollari – è stato speso in viaggi d’affari.
Poi nel 2020 questi numeri sono crollati. Un sondaggio condotto a gennaio dalla Global Business Travel Association ha rilevato che il 79% dei suoi membri aveva cancellato tutti o la maggior parte dei viaggi d’affari. Credit Suisse stima che nel 2021 ci sarà il 65% in meno di viaggi d’affari internazionali rispetto al 2019. E secondo Bill Gates, il cambiamento sarà permanente: «La mia previsione è che oltre il 50% dei viaggi d’affari non esisterà più», ha detto.
La previsione del creatore di Microsoft potrebbe essere in realtà fin troppo pessimista. Secondo Bernstein, circa un quarto (24%) dei viaggi d’affari sarà cancellato definitivamente. Credit Suisse calcola invece che il 10-20% scomparirà. Secondo Citi, si arriverà al 25%.
Ma, al di là dei numeri delle previsioni, la ripresa del settore tarderà comunque ad arrivare. McKinsey ha fatto notare come i viaggi d’affari, dopo le crisi degli anni scorsi, sono tornati a crescere infatti molto più lentamente dei viaggi di piacere. Dopo la crisi finanziaria, ad esempio, negli Stati Uniti ci sono voluti cinque anni per tornare ai livelli precedenti, contro i due anni del turismo.
C’è anche da dire, spiegano dall’Economist, che ogni calo dei viaggi d’affari degli ultimi decenni è stato sempre seguito da previsioni di declino permanente come quelle che leggiamo oggi. Ogni volta, però, nessuna di queste previsioni si è avverata.
Perché questa volta però è diverso? I vaccini, i test rapidi e l’eliminazione dei divieti di viaggio potrebbero far tornare i viaggi di piacere. Ma Zoom, Google Hangouts, Skype e altri servizi di videoconferenza hanno maggiori possibilità di sostituire definitivamente i biglietti in business. Per diversi motivi. Il principale è che le aziende gravemente colpite dal Covid-19 saranno sotto pressione per tagliare i costi. In secondo luogo, va tenuto conto degli impegni per ridurre le emissioni contro il cambiamento climatico. E poi, anche se i vaccini permetteranno di riaprire i confini a molti viaggiatori, finché ci sarà il Covid-19 le grandi aziende saranno riluttanti ad approvare i viaggi se non strettamente necessari.
Certo, alcuni tipi di viaggi d’affari sono più difficili da sostituire con una videocall, come le vendite e gli incontri con i clienti. Il contatto personale, soprattutto quando si cercano nuovi affari, è difficile da replicare virtualmente. E una volta che un’azienda riprenderà le riunioni di persona, lo faranno anche i suoi concorrenti. Stesso discorso vale per le aziende che faranno fatica a monitorare a distanza le fabbriche negli angoli più remoti delle loro catene di approvvigionamento.
Meno probabili saranno invece le fiere e le conferenze che prima del virus riunivano nello stesso posto molte persone a stretto contatto. L’ipotesi è che potrebbero nascere nuovi eventi ibridi, con alcune persone presenti e altre che si uniscono online. Mentre molte riunioni interne alle società migreranno permanentemente sugli schermi dei computer. I viaggi che richiedevano di volare dall’altra parte del mondo solo per un breve incontro forse non torneranno più. Anche se è probabile che il numero di viaggi diminuirà, la loro durata potrebbe invece aumentare, magari accorpando più attività in un unico volo.
Questo per quanto riguarda le abitudini di aziende, manager e lavoratori. Poi vanno considerate le conseguenze per le compagnie aeree. Se circa un quinto dei viaggi d’affari sarà definitivamente cancellato, l’impatto sulla sopravvivenza dei vettori potrebbe essere devastante.
Le compagnie che dipendono in larga parte da clienti business a lungo raggio soffriranno di più. Ma anche i vettori low cost, che negli ultimi anni si sono rivolti a questo settore, ne risentiranno. Circa 17 milioni dei 96 milioni di passeggeri di EasyJet nel 2019 volavano per affari, quasi un quinto del totale e nove volte in più rispetto ai 10 milioni del 2012. Per l’americana Southwest i viaggi di lavoro rappresentano addirittura un quinto degli incassi. Per aziende del calibro di Lufthansa e Air France-klm, circa il 25-30% dei ricavi proviene da passeggeri che si spostano in business class.
Una regola generale per le compagnie aeree tradizionali è che la business class copre il 10% dei biglietti, il 40% dei ricavi e fino all’80% dei profitti. Citi calcola quindi che ogni calo dell’1% nella business class riduce del 10% i profitti.
Alcune compagnie aeree, nel frattempo, stanno provando a cambiare il modo in cui operano. British Airlines sta cercando ad esempio di vendere posti in business class a viaggiatori di piacere, ma non guadagnerà mai quanto un dirigente d’azienda che prenota in ritardo un volo di lavoro.
La probabilità che i redditizi viaggi d’affari si riprenderanno più lentamente di quelli di piacere è un duro colpo per le compagnie aeree che su questo hanno puntato. Il declino, almeno per il momento, potrebbe ridurre i posti a sedere della business class, con un aumento però delle tariffe economiche di lungo raggio.
Eppure, per un dirigente che ha dovuto trascorrere intere settimane di ogni anno in viaggio, la possibilità di lasciare più spesso il trolley nell’armadio e sedersi davanti allo schermo di un computer potrebbe invece essere una sorta di sollievo.