Il pubblico è privatoLo scontro tra Apple e Facebook è la resa dei conti di due culture tecnologiche

Il nuovo aggiornamento del sistema operativo iOS minaccia di colpire (ma non affondare) il modello di business della piattaforma di Mark Zuckerberg, che ha reagito chiamando in causa l’Antitrust. La verità è che dopo anni di data leak finalmente la privacy è vista come un valore aggiunto

AP Photo/Karly Domb Sadof, File

In gioco sono due visioni opposte della rete. Privacy e commerciabilità. Tutela degli utenti e promozione delle piccole imprese. In realtà, nello scontro tra la Apple e Facebook si delinea un quadro più profondo, che comprende le diverse strategie dei due giganti del tech e permette di lanciare uno sguardo su come sarà il web nel futuro.

Tutto comincia, nell’estate 2020, con l’annuncio del nuovo aggiornamento iOS 14 di Apple previsto nella primavera dell’anno successivo. Il sistema operativo introdurrà maggiori limitazioni alla condivisione dei dati, riducendo la capacità di tracking da parte delle app e delle piattaforme di advertising esterne.

A tutti sarà chiesto di scegliere se permettere o meno di essere tracciati. Per Facebook, il tracker-in-chief della rete (definizione dell’Economist) la decisione è suonata come una dichiarazione di guerra.

Viene messo in discussione il fondamento del suo business (raccogliere, studiare i dati e profilare gli utenti) e – aggiunge Mark Zuckerberg in modo non del tutto convincente – anche quello dei tanti che si servono della sua piattaforma per farsi conoscere. Tanto che ha minacciato (ma non lo ha ancora fatto: anzi, è stato invitato a desistere) di portare la questione all’Antitrust, accusando la Apple di abuso di posizione dominante. Alle app ospitate sull’Apple Store verrebbero imposte regole e protocolli ai quali le applicazioni della stessa Apple non sono chiamati ad aderire.

Ma la questione è più ampia. Prima di tutto, va ricordato (come Facebook sa benissimo) che gli utenti della Apple sono i più redditizi. Solo nello scorso anno hanno speso almeno cinque volte tanto a testa rispetto a quelli che utilizzano Android (il sistema operativo di Google). Per la Apple l’offerta di una galassia di device e sistemi operativi integrati si sposa con la crescente importanza data alla privacy.

Un valore aggiunto in più, in grado di attirare nuovi clienti interessati a non ricevere pubblicità personalizzate e preoccupati dall’aumento dei casi di violazioni.

Per Facebook si tratta, al contrario, di perdere una quota di mercato importante. Ma sarebbe anche una piccola rivoluzione che colpirebbe (ma non distruggerebbe, nonostante gli allarmismi esagerati) la base stessa del suo funzionamento: monetizzare con l’advertising i dati raccolti dal comportamento degli utenti sui social.

È il modello deleterio che, pur di fare rimanere connesse le persone, ha accresciuto negli anni la spinta verso la polarizzazione delle opinioni e la diffusione delle fake news, con le conseguenze anche offline che tutti hanno imparato a conoscere.

Infine, in questo modo, la Apple renderebbe più complicato il cammino sognato da Zuckerberg verso la super-app, sul modello cinese di Tencent, che combina la piattaforma di Facebook con le informazioni di WhatsApp e Instagram.

Per questo motivo il fondatore di Facebook ha insinuato che il piano segreto della Apple sia quello di condizionare il mercato in favore delle proprie applicazioni e sfruttarne i dati che ricava, con il pretesto delle buone intenzioni.

Un’accusa improbabile perché, come ricorda sempre l’Economist, sarebbe una contraddizione della sua stessa crociata per la riservatezza degli utenti. La verità è che la Apple lo fa «perché lo può fare», ha gli strumenti – hardware e software – che glielo consentono, mentre Facebook no.

C’è anche altro, cioè le conseguenze sul lungo periodo. Se la minaccia di un’accusa all’Antitrust cadrà (come è probabile) è più difficile che Facebook e le altre piattaforme basate sull’advertising come TikTok non introducano cambiamenti nella loro stessa struttura.

Tra le ipotesi c’è quella di elaborare una combinazione tra pubblicità e rispetto della privacy, attraverso programmi di intelligenza artificiale. Sarebbe per loro l’uovo di Colombo e per la Apple una vittoria, almeno dal punto di vista culturale.

Ma c’è anche la possibilità che il terreno dello scontro cambi e si vada su quello, ben presidiato, dell’hardware, con l’introduzione di nuovi device – caschi per la realtà virtuale, smart glasses – dove la competizione, tra Facebook, Google, Apple e Samsung è già agguerrita.