«Entrare nel Pd ora? Letta ha già abbastanza problemi». Pier Luigi Bersani, uscito dal partito con un gruppo di ex Pci-Pds-Ds-Pd per dar vita ad Articolo Uno, risponde così a Repubblica. L’ex segretario propone un’altra via e chiede di rifare daccapo il centrosinistra, creando una nuova «Cosa»: «Prendiamola da fuori, usciamo dalla solita cerchia, apriamoci al mondo esterno, se vogliamo vincere. Perché ora, ne sono convinto, si può vincere».
È da escludere però, dice Bersani, una «fusione di vertice»: «Non possiamo tirarci su per le stringhe delle scarpe da soli. Sarebbe un errore. Dove vanno soggetti troppo piccoli e deboli e un Pd che appare più respingente che attrattivo?». Certo, l’arrivo di Letta cambia le cose, ammette. «Ma sa qual è la novità più evidente portata dal segretario del Pd? Che vuole vincere con un campo di centrosinistra largo alleato con i Cinquestelle. Questo a Zingaretti non lo hanno permesso, Letta può farlo. La domanda vera è come procediamo».
Cosa fare, quindi? «Apriamoci. Organizziamo assieme un percorso di partecipazione che coinvolga mondo del lavoro, associazioni, mondo della cultura, esperienze giovanili… Articolo Uno ha fatto avere a tutti, partiti e altri soggetti, qualche idea per quella discussione». Una sorta di costituente per il centrosinistra, qualcosa che assomiglia all’Ulivo «solo nella capacità di dare orizzonti a una sinistra ampia e plurale, fatta non solo di politica, ma anche di società».
È l’intero centrosinistra ad avere bisogno di darsi un’identità misurata su problemi nuovi, dice Bersani: «Se noi allarghiamo il campo di una sinistra plurale e Conte porta a maturazione i Cinque Stelle, possiamo farcela. E vincere».
In ogni caso, anche da fuori, Bersani appoggia le prime mosse del neo segretario Letta. A partire dallo ius soli. «Il punto è che non va lontano un Paese che non riconosce come italiano un bimbo che va a scuola, figlio di gente che lavora e paga le tasse. Si vuole forse dire che la cittadinanza devono averla solo i bianchi? Certo, per noi la priorità va al mondo del lavoro e alla riduzione dell’ingiustizia sociale».
Queste le proposte di Bersani: «A Draghi per cominciare chiedo di colpire due palloni in avanti: una legge sulla rappresentanza che riconosca la validità erga omnes dei contratti firmati dai sindacati più rappresentativi dei lavoratori e delle imprese. Il tema è delicato, ma se non lo facciamo il mercato del lavoro diventa una giungla senza diritti per chi fatica. Il secondo è una riforma fiscale con forti contenuti di progressività».
E per affrontare la pandemia: «Per prima cosa c’è da dare a chi soffre di più, chi si mette in fila alla Caritas e ai patronati sindacali. Il reddito di cittadinanza va corretto ma anche rafforzato. E più soldi servono pure per i ristori alle piccole imprese che arrivano troppo lentamente. Abbiamo bisogno di scelte concrete, non del populismo delle élite». E qui se la prende con «quella parte della classe dirigente, delle imprese e dei giornali che ha demolito Conte, il quale gode di consenso popolare. Ed è ugualmente poco serio presentare Draghi come l’uomo dei miracoli. Non è rispettoso, non se lo merita. I Dpcm deve farli anche lui e con i vaccini deve farci i conti anche questo governo. Essere classe dirigente richiede equilibrio e senso della misura».
E sui vaccini dice: «È pensabile che i brevetti siano fatti per arricchire alcuni grandi gruppi? Non è il tempo di rendere le scoperte fruibili e utili per l’umanità? La remunerazione dei brevetti potrebbe venire non dal mercato, ma dall’Oms e dagli Stati. Oggi è il virus, ma domani il problema si pone con altri salvavita che stanno arrivando».