Incomprensibile Joe Biden: accusa di omicidio Mohammed bin Salman (detto Mbs) principe ereditario saudita, quindi prossimo re, e poi fa finta di nulla. Non prende nessun provvedimento, non commina nessuna vera sanzione contro di lui, l’Arabia Saudita continuerà a essere il principale alleato della Casa Bianca tra i Paesi arabi. La contraddittorietà fa imbestialire i grandi giornali americani, dal Washington Post al New York Times, ed è effettivamente stridente: se sei il presidente americano e accusi un capo di Stato, quale è di fatto Mbs, di un omicidio efferato, come fu quello di Jamal Khashoggi, non puoi continuare ad avere rapporti con lui come se nulla fosse. Ma questo è ciò che ha deciso, e che farà, Joe Biden. Né si può ipotizzare, come qualcuno ha fatto, che con questa mossa Biden tenti di favorire un regime change a Riad.
Mohammed bin Salman non solo ha imprigionato e comunque eliminato tutti i pretendenti al trono della famiglia reale, non solo è un alleato indispensabile degli Stati Uniti in Medio Oriente perché è egemone su tutti gli Stati del Golfo, ma è anche l’ispiratore di quegli Accordi di Abramo che puntano a creare una enorme area di mercato e un nuovo potente soggetto geopolitico imperniato sull’alleanza stretta, politica ed economica tra Israele e i Paesi arabi. Accordi di Abramo che l’Amministrazione Biden ha salutato con pieno favore e che intende favorire.
Ma non basta. Mohammed bin Salman è il promotore di un poderoso progetto, “Vision 2030”, che punta a sottrarre l’Arabia Saudita dalla dipendenza da petrolio e a investire centinaia, migliaia di miliardi di dollari per lo sviluppo in un futuro prossimo di una economia saudita basata su hi-tech, industria, servizi e persino turismo. È un progetto che coinvolge nel finanziamento, nell’esecuzione e nella realizzazione tutte le grandi compagnie americane.
Dunque, lo spietato e astuto Mohammed bin Salman è inamovibile dal suo ruolo egemone in tutto il Golfo, ed è leader di quella “trincea sunnita” (ora anche a difesa di Israele) contrapposta all’espansionismo iraniano che l’Amministrazione Biden intende contenere e contrastare. Sia pure con metodi e passi opposti a quelli di Donald Trump. Ma allora si torna alla domanda iniziale: il caso Khashoggi era stato chiuso da Trump e da un processo farsa tenuto a Riad, Perché Biden ha voluto riaprirlo ora, praticamente a freddo, senza però trarne le conseguenze dovute, obbligate?
L’unica risposta plausibile, essendo improbabili tutte quelle geopolitiche, è di tipo ideologico. Dopo il trauma della guerra del Vietnam e in reazione alla cinica politica di Henry Kissinger in Cile e in America Latina, i Democratici americani hanno sviluppato un forte culto del rispetto dei diritti umani, in continuità, sul piano interno, con la politica di contrasto alla segregazione razziale nei confronti degli afroamericani avviata da John Kennedy e soprattutto da Lyndon Johnson.
Jimmy Carter, nel 1978, minò inconsapevolmente il regime dello sciá persiano Reza Pahlevi, attaccandolo ferocemente proprio su questo piano. Barack Obama, nel 2011, motivò la sciagurata decisione di abbattere il regime di Muammar Gheddafi in Libia, proprio con la violazione dei diritti umani. E anche ora i Democratici sono molto sensibili a questo tema.
Joe Biden probabilmente ha voluto riesumare il caso per dare una caratterizzazione alla sua Amministrazione, all’interno di una logica che lo ha portato anche a una ferma condanna della Cina, espressa addirittura nella sua prima telefonata con Xi Jinping, per le violazioni dei diritti umani a Hong Kong e nella Xinjiang nei confronti degli uigiuri.
Ma non è inusuale che un eccesso di ideologia provochi disastri in politica. E il comportamento rapsodico di Biden nei confronti di Mohammed bin Salman ne è una prova.