Are you happy?Perché generare benessere nella società è fondamentale per l’economia mondiale

Il World Happiness Report valuta il tasso di felicità nel mondo misurandolo in base a parametri diversi oltre al Pil. A fronte di un periodo così stressante, occorre però individuare un modo nuovo per raggiungere la crescita economica che dovrà generare altra prosperità

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Per quanto si sia portati a credere che quest’ultimo non sia stato proprio un grande anno in fatto di felicità, non possiamo certamente escludere che, nonostante le enormi difficoltà causate dalla pandemia sulla salute dell’umanità e sull’economia, quella della felicità sia una ricerca persistente. In alcuni casi lascia impronte molto evidenti in altri meno, ma è sempre presente e identificabile avendo a disposizione un metodo rodato e scientifico che sappia illuminare i luoghi giusti.

Lo sa bene il team dei ricercatori del World Happiness Report la cui annuale pubblicazione coincide con la giornata dedicata alla felicità, designata internazionalmente il 20 marzo, quindi domani, che dal 2012 stila la classifica dei paesi più felici al mondo che vede le sue prime posizioni tipicamente occupate da quelli nordici come la Finlandia e la Danimarca. 

Ma intanto che aspettiamo di sapere nelle prossime ore chi tra i vari paesi è riuscito meglio a garantire alla propria popolazione livelli apprezzabili di felicità pur nell’anno della pandemia, vorrei soffermarmi su cosa significhi nella realtà delle cose questo report che è stato pubblicato per la prima volta nel 2012 con l’obiettivo di quantificare e analizzare in tutto il mondo il tasso di benessere partendo dal principio che questo non potesse più essere misurato esclusivamente in base al benessere economico. Non solo Pil dunque, non solo prodotto interno lordo ma molto altro.

E in effetti mai come in quest’ultimo periodo abbiamo potuto tutti sperimentare direttamente e contemporaneamente, quanto il denaro, che pur è un contributore eccezionale, non sia sufficiente a dare felicità e benessere se non concorrono alla sinergia anche altri fattori quali la salute, l’interazione sociale soddisfacente, la possibilità di realizzazione dei propri progetti e delle proprie aspettative di vita, professionali, familiari e affettivi. 

Per costruire un futuro più soddisfacente dobbiamo allora, come abbiamo appena visto, necessariamente sapere dove intercettare quel che suscita felicità. Ma quel che la suscita non è necessariamente solo un processo universale valevole per tutti e per ciascuno, bensì è strettamente connesso con la condizione locale e dipende dal tessuto sociale che circonda ogni singolo individuo. E si basa sul livello di fiducia nei confronti del proprio ambiente, sul supporto che questo riesce ad esprimere in termini di comunità e sulla volontà di lavorare per il bene degli altri. 

In sintesi, esprimiamo benessere quando viviamo in contesti che comprendono l’importanza delle connessioni sociali e agiamo come navi rompighiaccio per potenziarne gli effetti a beneficio di tutti. Siamo quindi entrati ufficialmente nell’era dell’attivismo nella co-creazione di valore? È sempre controproducente lanciarsi in giudizi affrettati soprattutto in ambito di comportamenti sociali che sappiamo essere molto lenti ad avviare cambiamenti sostanziali, tuttavia stando ai dati più recenti dell’osservatorio Ipsos, almeno nel nostro Paese il 40% della popolazione adulta prenderebbe volentieri parte a un’iniziativa in ambito sociale, culturale e ambientale che avesse come scopo il miglioramento della propria comunità, anche se questa iniziativa fosse promossa da una azienda o da una marca.

Inoltre, più di 1 italiano su 3 ha detto di essere fortemente convinto che qualunque marca o azienda che volesse davvero impegnarsi in ambito sociale, politico, ambientale e culturale non potrà farlo senza passare attraverso il coinvolgimento attivo di cittadini e consumatori.

Non ci sono più scuse quindi perché nelle imprese e nelle organizzazioni non si inizi effettivamente a domandarci come riuscire a ricollegare il successo d’impresa al progresso sociale, superando già anche le logiche del perseguimento della mera responsabilità sociale, della pura filantropia o anche semplicemente della sola sostenibilità. Occorre addivenire subito all’individuazione di un modo nuovo per raggiungere quel successo economico che è necessario alla sopravvivenza di un’impresa e alla produzione di un surplus, cioè del profitto, che una volta rimesso in circolo genererà altro benessere per l’insieme. Ma dobbiamo anche tutti, ognuno per sé stesso, sintonizzarci con idee che consentano di migliorare l’insieme – che è ben oltre la somma delle sue parti – contribuendo al raggiungimento di una felicità talmente profonda che da obiettivo spirituale diviene obiettivo sociale. 

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