«Tu hai in mano la chiave del Recovery e della resilienza», dicono tutti al ministro per la Pubblica amministrazione Renato Brunetta, come ha raccontato lui stesso in audizione al Parlamento. Non è un caso che Mario Draghi abbia consegnato proprio al fidato ministro il mandato di confezionare il “Patto per l’innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale” che sarà firmato oggi a Palazzo Chigi insieme ai leader di Cgil, Cisl e Uil. Il primo patto dell’era Draghi con i sindacati, che fornirà la cornice della nuova riforma lampo della pubblica amministrazione. Un pilastro per il funzionamento del Recovery Plan, che la stessa Europa ci ha chiesto a più riprese.
Nelle linee programmatiche del dicastero, che Brunetta ha illustrato nella sua prima uscita pubblica da ministro, ci sono i tasselli centrali del piano: svecchiamento della pubblica amministrazione, assunzioni veloci delle migliori professionalità, semplificazione, digitalizzazione e collegamento delle banche dati tra amministrazioni (il principio “once only”). Tutto questo, dice Brunetta, non finirà in una riforma da fare negli anni a venire. Va fatto d’urgenza per non arrivare tardi all’appuntamento di fine aprile con la Commissione europea. E infatti, dice, «stiamo lavorando già a un decreto legge di accompagnamento al Pnrr per l’approvazione di tutte queste cose». Un «decretone», lo chiama, «che è il futuro del nostro Paese».
Il ministro, diventato famoso come titolare della funzione pubblica nel 2008 per la sua battaglia contro i fannulloni e gli assenteisti degli uffici pubblici, si trasforma ora nella guida del nuovo auspicato rinnovamento della pubblica amministrazione. I dipendenti pubblici, sia quelli che lavorano negli apparati dello Stato centrali sia quelli che sono sui territori, sono chiamati a contribuire alla missione del Recovery Plan. Rinnovando competenze e aprendo le porte ai più giovani con assunzioni rapide. Il tutto da fare in pochi mesi.
Brunetta è chiaro: «O la riforma del sistema di reclutamento e i concorsi si fanno subito in due tre mesi, oppure i soldi del Recovery non li prendiamo». E il Recovery Plan sarà il «grimaldello» che ci permetterà di fare finalmente le riforme rimandate a lungo. Quindi basta blocco del turnover e via alle assunzioni. Partendo dallo scongelameto dei concorsi (da preferire allo scorrimento delle graduatorie) rimasti in sospeso causa Covid, che si faranno in formato digitale ma in presenza, in spazi in grado di ospitare un numero ampio di candidati in sicurezza. Con i sindaci si stanno individuando già fiere e università – ha assicurato il ministro. E le prime selezioni potrebbero già partire nell’arco di quattro o cinque settimane.
Brunetta lo aveva già anticipato in un incontro con l’Anci e lo ha ripetuto davanti ai parlamentari: le assunzioni nella pubblica amministrazione sono una premessa indispensabile per la predisposizione e l’efficacia del Piano nazionale di ripresa e di resilienza (Pnrr). Da qui l’annuncio anche del riavvio delle trattative per il rinnovo dei contratti pubblici con i sindacati. Oltre ai 3,8 miliardi stanziati, il governo si è affrettato a trovare le risorse per l’adeguamento dei livelli professionali rimasti bloccati negli ultimi anni, circa 700 milioni. Con la possibilità poi di inserire nei contratti anche lo smart working: «Abbiamo il tempo per riflettere con opportune indagini dove ha funzionato e dove no. E poi con una discussione aperta valorizzare attraverso i contratti le migliori esperienze e pratiche». Ma niente hub per il coworking come voleva l’ex ministra Fabiana Dadone: «O stai a casa o vai al lavoro, non è che vai nel luogo intermedio e da lì fai lo smart working».
Le novità, nel disegno di Brunetta, si giocheranno sulle prime quattro lettere dell’alfabeto. «A come accesso», quindi reclutamento e concorsi con nuovi sistemi più snelli e veloci, oltre a percorsi specifici per selezionare gli specialisti da destinare all’attuazione degli investimenti del Recovery Plan. «Non può un concorso durare dieci anni, essere bandito e restare appeso», ha detto il ministro. E per le nuove professioni che saranno necessarie per la «messa a terra» del Recovery Plan, si sta immaginando di coinvolgere gli albi e gli ordini professionali, che dovranno occuparsi di fare una selezione al loro interno. Un metodo che unirebbe «tempestività e specializzazione» con contratti a termine di immediata fruizione, per poi lasciare alle amministrazioni la scelta se rinnovarli oppure no. Si parla di ingegneri, esperti di green e tecnici specializzati nella rendicontazione dei fondi europei.
Alla lettera “B” c’è poi la «buona amministrazione». Vuol dire «semplificazione», e su questo si dovrà fare un lavoro in tandem con la ministra della Giustizia Marta Cartabia per regolare l’impianto delle responsabilità dei dirigenti. Ma «buona amministrazione» significa anche, ha detto Brunetta, che «una delibera deve nascere già digitale» e che deve essere «attenta al giudizio dei clienti».
Alla “C” c’è l’investimento nel «capitale umano», ovvero sui 3,2 milioni di lavoratori pubblici. «Io ho fatto il ministro di questo dicastero», ha detto Brunetta, facendo un mea culpa. «Allora eravamo impegnati a tagliare la formazione e a bloccare i contratti. Tutte cose necessitate dalla crisi. Però adesso non ce lo possiamo più permettere. Senza le skill giuste, non possiamo spendere i soldi del NextGenerationEu. Se non abbiamo gli ingegneri giusti, l’Europa i soldi non ce li dà».
La “D”, infine, sta per «digitalizzazione». Ma non bastano i computer e il cloud: «Se ti limiti a mettere l’hardware e il software nelle mani di chi non lo sa usare, diventa ferraglia inutile». Da qui la necessità di nuove competenze e nuove assunzioni.
I numeri dei nuovi ingressi non sono ancora stati definiti. «Le nuove assunzioni devono essere per qualità e quantità sufficienti a invertire il trend in funzione delle nuove tecnologie e della crescita del nostro Paese», ha detto Brunetta. Non significa «infornate da todos caballeros: dobbiamo far entrare tanti giovani bravi di qualità per gestire il loro e il nostro futuro». Il presidente dell’Anci Antonio Decaro ha già chiesto 60mila assunzioni nei comuni. Mentre l’ente che organizza ogni anno il Forum Pa, sulla base dei concorsi già avviati o da avviare a breve, ne ha calcolato in tutto 125 mila solo nelle amministrazioni centrali.