Ogni anno in Europa l’inquinamento provoca 1,4 milioni di decessi prematuri: più di un terzo è imputabile all’inquinamento atmosferico, che rappresenta il principale fattore di rischio ambientale per la nostra salute. Un’altra importante proviene da sostanze chimiche pericolose. Poco rassicurante anche il fatto che in alcune zone rurali dell’Unione non sia ancora stato raggiunto il 100% di accesso all’acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari.
Tuttavia, come ha sottolineato in un’intervista all’Agenzia europea per l’ambiente il capo del Centro europeo per l’ambiente e la salute dell’Oms Francesca Racioppi, la situazione è in miglioramento, anche grazie a strumenti come il Green Deal europeo, occasione per fare un balzo in avanti verso la sostenibilità.
Per il Centro europeo per l’ambiente e la salute dell’Oms, che coordina le linee guida globali sulla qualità dell’aria dell’Oms e, dallo scorso anno, sul rumore ambientale, l’impegno della Commissione europea con il Green Deal può fornire un effetto leva per ridurre l’inquadramento e favorire una ripresa sostenibile. «Si tratta di un’opportunità senza precedenti affinché questa nuova normalità sia un salto verso uno sviluppo economico sostenibile e non vediamo l’ora di lavorare in tal senso con la Commissione».
Nel 2017, nel corso dell’ultima conferenza ministeriale europea su ambiente e salute a Ostrava, tutti i 53 Stati membri della regione europea dell’OMS si sono riuniti per sviluppare portafogli nazionali per investire in ambiente e salute. «Siamo al loro fianco – ha sostenuto Racioppi -, aiutandoli a individuare le priorità nazionali e poi a sostenere i lavori in questa direzione».
Nonostante i miglioramenti degli ultimi decenni, a livello mondiale il 90% della popolazione vive in città che non rispettano i valori orientativi dell’Oms in materia di qualità dell’aria. «Ciò significa che abbiamo ancora una lunga strada da percorrere che richiede la collaborazione con i diversi settori per vedere come promuovere, ad esempio, sistemi di trasporto ecologici e più sicuri».
Gli effetti dell’inquinamento, non solo quello atmosferico, non sono equamente distribuiti: infatti, i cittadini che popolano le aree più svantaggiate del pianeta molto spesso vivono in prossimità di siti contaminati o in zone dove è presente un flusso di traffico molto elevato. Le differenze, come tiene a sottolineare Racioppi, possono essere notevoli non solo tra Paesi ma anche all’interno dei singoli Stati.
«In Europa la situazione è notevolmente migliorata. […] Abbiamo imparato che l’inquinamento non conosce confini e che per affrontarlo occorrono norme comuni – ha continuato l’esperta – Abbiamo visto alcune questioni spostarsi dall’Europa ad altre regioni in cui sono ancora consentite pratiche industriali pericolose, per cui abbiamo una responsabilità che va al di là dell’Europa, una responsabilità per la salute a livello globale e secondo la quale le nostre politiche supportano una produzione più pulita».
Con il divampare della pandemia e la riduzione delle emissioni inquinanti, in tutte le città europee è stata registrata una notevole riduzione dell’inquinamento atmosferico, soprattutto per quanto riguarda gli ossidi di azoto, un inquinante molto legato al traffico, che è una delle attività maggiormente interessate dalle misure di confinamento. «Mentre parliamo sono in corso molte ricerche su questo argomento e dalle quali impareremo e trarremo vantaggi in futuro. La pandemia è una tragedia in atto ma, allo stesso tempo, ci ha fatto intravedere dati senza precedenti che, forse, potrebbero aiutarci a ripensare la strada verso una nuova normalità in grado di offrire benefici per l’ambiente e per la salute».