Atenei a distanzaIl governo accelera sulle dosi ai docenti per riaprire anche le università

La ministra Messa alla Stampa dice: «Parliamo di ventenni che hanno delle esigenze di socialità e di matricole di questo e dello scorso anno che delle università conoscono poco. È una perdita enorme in termini di competenze e di vita accademica»

Foto Cecilia Fabiano/ LaPresse

Vaccinare i docenti universitari il più in fretta possibile per tornare alle lezioni in presenza. È la richiesta di Maria Cristina Messa, ministra dell’Università e della Ricerca, che sulla Stampa dice: «Vanno vaccinati il più in fretta possibile. Una parte lo sono già, il resto lo farà presto permettendoci di aprire con tranquillità gli atenei. Io sono favorevole a una vaccinazione delle categorie che hanno contatti con il pubblico dagli addetti ai supermercati agli insegnanti».

La logica è questa: «Includere anche i professori universitari fra gli insegnanti vuol dire dare la stessa importanza all’istruzione di chi è più piccolo e di chi è più grande. Ora per fortuna il piano vaccinale è qualcosa di concreto e ci permette di vedere un aumento massiccio nel numero di vaccinazioni».

La ministra – che da medico si è già vaccinata «a gennaio con la doppia dose Pfizer» – spiega che sulle riaperture degli atenei si seguirà «il principio di una giusta prudenza ma faremo di tutto per riaprire. Parliamo di ventenni che hanno delle esigenze di socialità e di matricole di questo e dello scorso anno che delle università conoscono poco. È una perdita enorme in termini di competenze e di vita accademica».

Un anno di lezioni a distanza ha pesato enormemente sugli studenti. «Le università si stanno attrezzando anche attraverso la Crui, la conferenza dei rettori. Come ministero daremo il nostro sostegno con un aumento delle risorse per le attività tutoriali», dice la ministra. «Credo che il lavoro dei tutor vada rafforzato pensando non solo a un’attività per riportare gli studenti allo stesso livello di conoscenze ma anche per intervenire da un punto di vista psicologico e sociale».

Dopo un anno di pandemia, anche diversi settori della ricerca hanno subito difficoltà e rallentamenti. «Nel Recovery plan c’è un capitolo sostanzioso dedicato a istruzione e ricerca con 14 miliardi di investimento. È l’occasione per migliorare la ricerca italiana e eliminare i gap che la affliggono mettendo in campo maggiori risorse e riforme in modo da portare un profondo cambiamento nel sistema». Ma «i soldi da soli non bastano. Sono necessarie anche riforme per rendere il sistema più flessibile e per permettere ai soggetti del pubblico e del privato di lavorare insieme. Occorre, quindi, una semplificazione normativa molto importante nell’ambito della ricerca e poi una riforma sulla formazione che viene data agli studenti, deve essere più flessibile, deve permettere alle università di aprire in modo più semplice corsi e dottorati innovativi».

«All’estero non hanno le nostre rigidità nella creazione di nuovi corsi e non c’è il caos quindi la strada da seguire esiste», dice la ministra. Che ora dovrà anche nominare il presidente del Cnr, scaduto da oltre un anno, sulla cui mancata nomina c’è anche una denuncia per abuso d’ufficio e interruzione di pubblico servizio. «L’ente funziona, c’è un vicepresidente e sto attendendo la cinquina dei nomi per l’elezione del presidente», assicura la ministra.

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