Con un’intervista alla Stampa di fine anno, il ministro della Sanità Roberto Speranza aveva promesso solennemente che entro marzo sarebbero stati vaccinati tredici milioni di italiani. A ieri, otto marzo 2021, sono soltanto 5.417.678 gli italiani che hanno ricevuto almeno una dose di vaccino, il 9 per cento della popolazione, mentre solo 1.652.031 sono quelli a cui sono state somministrate entrambe le dosi. Improbabile, all’attuale ritmo di 100 mila vaccini al giorno, che in tre settimane si vaccinino altri otto milioni di persone.
Non guardiamo Israele, per carità, una nazione sempre straordinaria che ha già vaccinato il 98 per cento dei suoi cittadini, ma negli Stati Uniti dell’odiosa sanità privata e dell’assenza di uno stato sociale, se non proprio di uno Stato, in un paese peraltro colpito dalla pandemia parecchi mesi dopo di noi e governato fino all’altro ieri da un negazionista del virus, sono oltre novanta milioni i vaccinati, più del 27 per cento della popolazione, con oltre due milioni di somministrazioni al giorno che, di questo passo, porteranno all’immunità di gregge a luglio, tanto che le autorità federali hanno già diramato le linee guida per il ritorno alla vita normale e senza mascherina dei vaccinati.
Noi siamo indietro, indietrissimo, dotati di regole grottesche per cui un professore di 39 anni è stato già vaccinato, nonostante le scuole siano chiuse, e molti ottantenni ancora no. Secondo un sito che calcola i tempi di attesa, io che ho appena compiuto 53 anni riceverò la prima dose di vaccino tra novembre 2021 e aprile 2022. Anche se poi c’è da considerare la variabile regionale, perché le Regioni fanno ciascuna come gli pare, con modalità diverse e confuse, grazie a quell’altra volta, precedente alla mutilazione del Parlamento di settembre scorso, che la sinistra decise di assecondare il populismo e cambiò il Titolo V della Costituzione con i disastrosi risultati di autonomia federale cui stiamo assistendo.
Ci sono il Lazio di Zingaretti e il Veneto di Zaia che procedono bene e la Lombardia di Fontana e la Sicilia di Musumeci in condizioni allarmanti, eppure ancora non sono state centralizzate le attività anti Covid, come suggerito autorevolmente da Sabino Cassese e come previsto dagli articoli 117 e 120 della Costituzione in caso di profilassi internazionale, cioè di una pandemia, e di pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica.
Mario Draghi ha da poco accentrato le operazioni di approvvigionamento e di somministrazione dei vaccini, ha nominato il generale Antonio Figliuolo Commissario straordinario all’emergenza al posto di Domenico Arcuri e ha cambiato il vertice della Protezione civile, con Speranza rimasto a prendere appunti per un secondo volume di memorie su come ha guarito il paese.
Che cosa stiano davvero preparando i nuovi vertici di Palazzo Chigi non si sa, perché la linea di comunicazione è quella spiegata ieri da Draghi in un video messaggio in occasione della festa dell’otto marzo: «Non voglio promettere nulla che non sia veramente realizzabile».
Benissimo. Nessuno ha nostalgia delle tonitruanti promesse quotidiane dei narcisi che lo hanno preceduto, ma siamo sicuri che sia rassicurante, che sia sufficiente?
Il punto è che al ritmo attuale anche noi raggiungeremo l’immunità di gregge a luglio, come gli Stati Uniti, ma dell’anno successivo, del 2022. Quanti altri lockdown ci possiamo permettere da qui a luglio 2022?
Forse sarebbe il caso di accelerare, di dare il segno di una svolta visibile, magari schierando l’esercito per strada, utilizzando le farmacie, gli oratori, i teatri, i cinema, i palazzi dello sport, con i militari, i medici di famiglia, gli studenti di medicina e i volontari impegnati in una grande campagna nazionale di vaccinazione di massa di stampo bellico, operativa ininterrottamente ventiquattrore su ventiquattro, sette giorni su sette, quartiere per quartiere, casa per casa, non con venti diversi sistemi di prenotazione online progettati dagli assessori regionali. E, soprattutto, senza lasciare nei frigoriferi milioni di dose perché si procede burocraticamente con orari da ufficio pubblico. Mandi l’esercito, presidente Draghi.