La zeppola è sentimento, dolce mitologico di non pervenuta collocazione temporale. Quando la mangi la zeppola? A colazione, dopo pranzo, come spuntino pomeridiano, di mezzanotte, pure in hangover dopo una serata devastante, la zeppola ci sta sempre bene.
Io sono una fan di questo dolce perché è chiatto, è pieno, la zeppola è sincera, non ci sono sorprese: pasta bignè, crema e amarene e subito si vede se non tiene una bella faccia, come diciamo a Napoli.
Da piccola ne mangiavo in quantità industriali e mia nonna era la regina delle zeppole, lei le farciva dentro e poi sopra e alla fine ognuna pesava 6kg, me la schiaffavo tutta in bocca e più di qualche volta ho rischiato il soffocamento.
Ovviamente l’avvicinarsi del 19 marzo è direttamente proporzionale allo sdoganamento del dolce.
Più si avvicina e più le vedo per tutte le parti, articoli di giornale, foto, sponsorizzazioni, pubblicità di vario tipo, gente che già da un mese pubblica storie perché devono far vedere quanto sono bravi con la pasta bignè, a proposito, mia madre fa parte della categoria (ma questa è un’altra storia).
Per chi non lo sapesse, le zeppole di San Giuseppe sono un dolce tutto napoletano, anche se non sappiamo di preciso come, dove e quando nascano, abbiamo però varie testimonianze che spaziano nel tempo.
Una sorta di preparazione del genere c’era già nell’antica Roma, frittelle di frumento cotte nel grasso di maiale; ancora, secondo un’altra versione i natali a questo dolcetto pare glieli abbiano dati le suore del Monastero di San Gregorio Armeno, abili cuoche. Ma, la prima testimonianza scritta della ricetta la troviamo nel ricettario del 1837 “La cucina teorico-pratica” di Ippolito Cavalcanti, cuoco e letterato italiano (Afragola, 2 settembre 1787 – Napoli, 5 marzo 1859).
Sarebbe tuttavia un errore associare quella preparazione alle odierne zeppole per un semplice motivo: il Duca ci parla di semplici frittelle di acqua e farina cotte nello strutto. Ciò che invece in quell’antico scritto si avvicina al dolce che conosciamo oggi, lo ritroviamo sotto la voce di “tortanetti di pasta bignè con amarene” ovvero delle “pagnottine di pasta bignè con un forame nel mezzo”.
Già all’epoca Cavalcanti ci avvisa che la pasta bignè poteva essere sia cotta in forno che fritta in strutto, e lascia libera scelta, ma nello specifico sui tortanetti non ci dà varianti, vanno fritti in strutto ben caldo.
Pochi anni dopo, il pasticciere Pasquale Pintauro, già inventore della sfogliatella, modificò la ricetta base per creare il dolce come lo conosciamo oggi e presentò tale variante il 19 marzo del 1840.
Beh signori, a questo punto mi sono immolata per la scienza e la ricerca e ho fatto un piccolo tour delle pasticcerie più famose di Napoli.
Ventiduemila sudati passi in tutto, il tragitto sembrava una punizione del mio personal trainer, una espiazione dei peccati, insomma mi sono davvero meritata tutte le zeppole che ho mangiato.
Comunque non contenta, sono tornata a casa con ben cinque pizze fritte, un babbà, due cannoli, una Santa Rosa e quattro sfogliatelle. Mio padre diabetico dopo quella sera non ha visto più cibo per giorni (ma anche questa è un’altra storia).
Tornando allo zeppola tour, devo ammettere che due volte ho imprecato: Pintauro ed il Gran Caffè Gambrinus erano chiusi e lo saranno per tutto il mese di marzo in zona rossa, ma effettuano comunque spedizioni!
Vi lascio di seguito una carrellata di foto che vi faranno venire l’acquolina in bocca, se volete sapere di quali difficili strumenti di analisi mi sono avvalsa per la combo metodo di cottura-pasticceria, sappiate che ho usato una moneta da 50 cent lasciando decidere al caso, il vincolo messo da me era solo un onesto metà e metà tra fritte e al forno.
Pasticceria Scaturchio, Piazza San Domenico Maggiore n. 19, fritta €2,60.
Antico Forno F.lli Attanasio, Vico Ferrovia nn. 1-2-3-4, forno €2,50.
Antica Pasticceria Carraturo, Via Casanova n. 97, fritta €3,00.
La sfogliatella Mary, Galleria Umberto I n. 66, fritta €2,50.
Augustus Napoli, Via Toledo n. 147, forno €3,00.
Pasticceria Capparelli, Via dei Tribunali n. 327, forno €2,50.
Il Vero Bar del Professore, Piazza Trieste e Trento n. 46, fritta €3,00.
Pasticceria Leopoldo, Via Chiaia n. 248, forno €2,50.
Pasticceria Mignone, Piazza Cavour n. 145, fritta €2,50.
Pasticceria Poppella, Via Arena della Sanità n. 29, forno €3,00.
Alla fine ho scoperto che la zeppola è soggettiva, io l’ho inquadrata la mia preferita ma non coincide con nessuna delle preferite dei miei familiari.
C’è chi la vuole alta, chi la vuole bassa, chi più crema, chi meno crema, qualcuno crema leggera, qualcuno “eh però se devo mangiarla questa zeppola, voglio una crema ricca”, chi la vuole al forno e poi c’è chi la vuole fritta e tra quelli che la vogliono fritta poi abbiamo quelli che la vogliono fritta nello strutto e quelli che la preferiscono fritta nell’olio.
I migliori comunque sono quelli che mi vanno a controllare l’amarena, scura, chiara, grande, piccola, tre amarene intere, due spiaccicate.
Insomma, non esisterà mai la migliore zeppola di Napoli, ma sicuramente ognuno ha la sua preferita, e come avete visto, ce ne sono per tutti i gusti.
Buona zeppola and happy 19 marzo a tutti.
p.s. comunque anche quella di mia madre non è male.