EcoAdS L’osservatorio che tutela il patrimonio naturale del mare Adriatico

Italia e Croazia collaborano a un progetto per valorizzare le ricerche oceanografiche ed ecologiche, integrandole con la necessità di conservare la biodiversità

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Dar vita a un osservatorio ecologico integrato per il mare Adriatico – EcoAdS, acronimo per Ecological observing system in the Adriatic Sea – che renda disponibili strumenti efficaci per tutelare il patrimonio naturale del mare Adriatico, con particolare riferimento ai siti della Rete Natura 2000.

Questo è l’obiettivo principale del progetto “Ecological observing System in the Adriatic Sea: oceanographic observations for biodiversity” (Ecoss), che terminerà a fine giugno 2021 dopo 30 mesi di attività, pensato per valorizzare le ricerche e le osservazioni oceanografiche ed ecologiche integrandole con le necessità di conservazione della biodiversità.

La piattaforma oceanografica Acqua Alta del CNR ISMAR, uno dei siti di osservazione di EcoAdS. Foto di Mauro Bastianini

È condotto da un team tutto al femminile: alla coordinatrice Alessandra Pugnetti si affiancano infatti altre quattro ricercatrici che completano la guida del gruppo tecnico-scientifico del progetto.

«Natura 2000 (N2K) – spiega Caterina Bergami, membro del gruppo di coordinamento Ecoss è il principale strumento della politica dell’Unione Europea per la conservazione della biodiversità. Si tratta di una rete ecologica diffusa su tutto il territorio dell’Unione istituita per garantire il mantenimento a lungo termine degli habitat naturali e delle specie di flora e fauna minacciati o rari a livello comunitario».

Ci sono più di 3mila siti marini N2K in Europa, che corrispondono al 10% dell’area marina europea totale. In Adriatico se ne contano circa 300, che coprono poco più dell’1% del bacino in Italia e circa il 4% in Croazia.

In Ecoss sono stati selezionati 6 siti – Cres – Lošinj, Malostonski zaljev, Viški akvatorij, Tegnùe di Chioggia, Trezze San Pietro e Bardelli, Delta del Po -, che rappresentano specifici casi di studio, i cui risultati potranno essere estesi anche ad altri siti e altre aree.

Attività di campionamento e misure presso la boa E1, uno dei siti di osservazione di EcoAdS. Foto di Francesco Riminucci

«In questo senso – specifica Bergami a Linkiesta – gli esiti del progetto e la costituzione dell’osservatorio saranno anche fondamentali per rispondere a una delle richieste della Comunità Europea e cioè l’espansione della Rete N2K marina, sia per quanto riguarda il numero di siti, sia per l’estensione delle aree protette alle acque offshore, che sono ad ora poco rappresentate all’interno del network».

«La costruzione dell’osservatorio Ecoads – sottolinea Pugnetti – nell’ambito del progetto Ecoss, dovrà garantire continuità al mantenimento delle osservazioni ecologiche e delle pratiche di conservazione della biodiversità all’interno della complessità socio ecologica e normativa dell’area».

Osservazione subacquea delle Tegnue, uno dei siti Natura 2000 studiati dal progetto Ecoss. Foto di Franco Bianchi

Lo sviluppo degli osservatori ecologici marini è raccomandato a livello europeo per rispondere alle richieste che provengono dalle direttive in ambito marino e per raggiungere obiettivi legati alla conservazione e alla gestione sostenibile dell’ambiente (come l’obiettivo 14 dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, dedicato interamente alla vita acquatica).

«Nonostante ciò – continua Pugnetti -, la costruzione di osservatori ecologici avviene raramente. Ecoss rappresenta uno dei pochi casi di realizzazione concreta di un osservatorio ecologico adriatico e potrà fornire utili indicazioni per altre iniziative analoghe, grazie all’esperienza acquisita».

Il progetto è stato finanziato nell’ambito del programma Interreg Italia-Croazia – strumento finanziario che sostiene la cooperazione fra questi due Paesi europei adriatici – e vede la collaborazione tra il Consiglio Nazionale delle Ricerche, con l’Istituto di Scienze Marine, e 10 istituzioni italiane e croate: dall’Istituto Nazionale di Oceanografia al Geofisica Sperimentale di Trieste all’Università Ca’ Foscari di Venezia, dal Cnr all’Istituto pubblico per la gestione delle aree naturali protette di Dubrovnik-Neretva County (Croazia).

«La costruzione di un osservatorio ecologico in Adriatico richiede una visione che superi i confini nazionali e affronti le principali problematiche ecologiche e sociali dell’area con un approccio transfrontaliero, quale quello promosso dai progetti Interreg», specifica Pugnetti.

EcoAdS pone come centrale il concetto di connettività ecologica: la protezione di una specie o di un habitat è strettamente collegata alla buona qualità dell’intero ambiente marino, all’interno del quale gli organismi si muovono durante il loro ciclo vitale.

Campionamento delle acque del Mare Adriatico tramite rosette. Foto CNR-ISMAR

Proprio per questo, è necessaria un’integrazione delle osservazioni ecologiche e oceanografiche a diverse scale spaziali e temporali, che permettano di valutare la qualità generale dell’ambiente per rispondere alle esigenze di conservazione. Ecoss vuole migliorare lo stato di conservazione di specie e habitat protetti dei siti Natura 2000: «Ne sono stati selezionati 6 come specifici casi di studio, i cui risultati potranno essere estesi anche ad altri siti e altre aree», sottolinea Pugnetti.

L’Adriatico è un mare ricchissimo di vita animale e vegetale, infatti è considerato un “hotspot” di biodiversità, come sottolinea Lucilla Capotondi, membro del gruppo di coordinamento Ecoss.

«L’esplorazione dei fondali evidenzia una notevole varietà di forme di vita con habitat molto particolari che vanno dalla laguna al mare aperto. Nel Nord Adriatico si trovano ambienti peculiari, unici nel Mediterraneo, noti con il nome di “trezze” e “tegnue”, che sono incluse nell’osservatorio EcoAdS».

Si tratta di affioramenti isolati, di substrati rocciosi di diversa origine geologica, composti da rocce organogene carbonatiche, cioè costruite dagli organismi marini, generalmente sovrimposte a substrati duri precedenti formatisi per il consolidamento di sabbie.

«Sebbene ci siano diversità composizionali e strutturali – spiega Capotondi – questi ambienti sono molto simili agli affioramenti coralligeni e costituiscono vere e proprie oasi di vita ricche di biodiversità. La loro complessa morfologia, infatti, costituisce l’habitat ideale per gli organismi che necessitano di protezione e riparo per la riproduzione e lo sviluppo degli stadi giovanili favorendo la varietà di popolamenti ittici».

Immagine raccolta dalla telecamera subacquea installata sulla Piattaforma Acqua Alta. Foto CNR-ISMAR

Tra 300 e 600 m di profondità nel margine continentale pugliese, al largo di Bari, grazie all’utilizzo di veicoli autonomi sottomarini (ROV – Remotely Operated Vehicle) sono state documentate le scogliere coralline a coralli bianchi o coralli di acque fredde. Ecosistemi fragili, caratterizzati da notevole ricchezza e diversità di specie di pesci commerciali e faune di acqua profonda in quanto fungono da zone rifugio, sono siti di riproduzione, aree di nursery e spillover.

«Purtroppo, come accade attualmente per il resto del Mediterraneo, questa ricchezza si trova in difficoltà e molte specie sono a rischio di estinzione. Tra le principali cause si ha il sovrasfruttamento delle risorse ittiche, il bycatch (pesca accidentale) oltre che l’immissione volontaria e involontaria di specie invasive, ovvero specie alloctone tipiche di altri habitat che con la loro presenza minacciano la biodiversità», spiega Capotondi.

A causa del cambiamento climatico in atto, la temperatura del mare e le sue condizioni chimiche (fenomeno dell’acidificazione) stanno cambiando rapidamente e le varie specie potrebbero non avere il tempo necessario per evolversi e adattarsi a queste nuove condizioni, rischiando di offrire elevati tassi di mortalità.

«La tutela della biodiversità in Adriatico è fondamentale come in qualsiasi altro luogo del nostro pianeta», sottolinea Elisabetta Manea, membro del gruppo di coordinamento Ecoss. «Si tratta del bene più prezioso che abbiamo perché senza di lei la vita stessa non esisterebbe, e tutti i benefici che noi otteniamo dalla natura, compresi quelli forniti dall’ambiente marino, non verrebbero forniti. Per benefici s’intendono tutte le risorse naturali, come il cibo, i medicinali, i materiali che noi estraiamo dall’ambiente naturale, e tutte le funzioni che la natura svolge per proteggere il nostro mondo e noi stessi». Un esempio è la capacità degli oceani di assorbire il 30% della CO2 prodotta dalle attività antropiche: questo gioca un ruolo fondamentale nel regolare il clima del pianeta. Inoltre, numerosi habitat costieri e marini proteggono le coste dai processi di erosione naturale e da eventi climatici estremi.

Tutti questi benefici sono supportati da processi ecologici messi in atto dall’insieme di organismi che costituiscono la biodiversità.

Il Mare Adriatico è riconosciuto come un hotspot di biodiversità, è quindi un’area di attenzione importante in termini di protezione e conservazione.

«Proprio per questo – continua Manea – è importante che le misure di tutela della biodiversità marina si basino sulla migliore conoscenza scientifica che deve essere finanziata in modo adeguato per permettere alla nostra società di affrontare le sfide future».

La conoscenza tecnico-scientifica permette di individuare, di volta in volta, la procedura e i sistemi necessari a fronteggiare le più diverse problematiche ambientali. Questo diventa molto importante in un mondo in continuo cambiamento, soggetto non solo a pressioni antropiche in continuo aumento ma anche ai sempre più imprevedibili cambiamenti del clima.

«Per questo motivo – specifica Manea – è necessario promuovere la creazione di aree di protezione e misure di tutela dell’ambiente, un ambiente che deve il più possibile rimanere in buona salute per riuscire a contrastare o per lo meno a sopravvivere a queste minacce».

Le misure di gestione e conservazione devono essere in grado di abbracciare i cambiamenti e di reagire in modo tempestivo dando risposte e soluzione concrete e la conoscenza scientifica supporta questa capacità adattativa.

«Quando si parla poi di gestione dell’ambiente marino – specifica Manea – ci si dimentica della dimensione costiera-terrestre. Questo è un errore perché la terraferma è direttamente collegata con il mare, ed è quindi necessario cominciare a gestire in modo sostenibile non solo gli usi a mare ma anche a terra, come ad esempio il turismo che produce elevate pressioni sulla costa, e ogni attività fonte di composti inquinanti e immondizie, come i sistemi di imballaggio e confezioni in plastica. Tutti noi possiamo contribuire a queste misure».

Ma questi strumenti per essere efficaci hanno bisogno del coinvolgimento di ogni singolo individuo, che deve condividere e supportare i piani di misure proposte ai fini di tutelare il mare. «È necessario un coinvolgimento pubblico per aumentare la consapevolezza delle persone non esperte in questo ambito, così da consolidare un processo di partecipazione che generi una maggiore attenzione e cura del territorio e del mare da parte di tutti gli attori coinvolti».

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