«Per la prima volta ci sono davvero le basi per una riunificazione sociale ed economica del Paese». Per la ministra del Sud Mara Carfagna, destinare al Mezzogiorno il 40% delle risorse del Recovery è «un’occasione storica per l’Italia».
Lo spiega in un’intervista a Repubblica, nel giorno in cui il presidente del Consiglio Mario Draghi presenta il piano in Parlamento. «L’intervento che metteremo in campo con il Pnrr è più potente di quello realizzato dalla Cassa del Mezzogiorno. Dal 1951 al 1961 furono attivati l’equivalente di 150 miliardi in 10 anni, noi ne liberiamo 82 in cinque anni. Se verranno usati secondo i progetti e i tempi previsti per la prima volta si avvierà la convergenza tra il Sud e il Nord del Paese perché il Pil del Sud crescerà nei prossimi 5 anni del 24% contro una media nazionale del 16».
I precedenti, però, inclusa la Cassa del Mezzogiorno, non fanno ben sperare. «La sfida che abbiamo davanti impone un grande sforzo collettivo», ammette la ministra. «Insieme agli 82 miliardi ne arriveranno altri 8,4 dal React-Eu; 54 di fondi strutturali 2021-2027; più 58 del Fondo per lo sviluppo. Oltre 200 miliardi su cui gettare le basi della riunificazione socio-economica del Paese, che in Cdm ho paragonato a quella della Germania negli anni ‘90. Il dramma Covid può farci abbattere il muro invisibile che divide le due Italie».
La preoccupazione, ora, è l’incapacità degli enti locali di spendere i fondi europei, come dimostrano i dati. Carfagna spiega: «Non a caso, ancor prima che il Pnrr fosse ultimato, ho avviato il concorso lampo bandito grazie alla procedura attivata dal ministro Brunetta per assumere 2.800 figure specialistiche a supporto delle amministrazioni del Sud: ingegneri, progettisti, analisti, che entreranno in servizio entro l’estate, in grado di aumentare la capacità di realizzazione degli interventi. Verranno affiancati da apposite task force affinché i fondi strutturali siano spesi al meglio».
Eppure sindaci e governatori pensano che le risorse non basteranno. «Capisco la preoccupazione, ma questa è l’occasione per cancellare il pregiudizio del Sud che non sa spendere. Anziché chiedere più fondi, un nonsenso vista la mole in arrivo, cancelliamo il pregiudizio», dice la ministra. Che non sembra temere la rivolta del Nord e della Lega rispetto al trattamento di favore verso il Mezzogiorno: «Dalla crisi si esce soltanto con la crescita ed è inimmaginabile pensare di agganciare la ripresa riaccendendo il motore del Nord e lasciando in panne quello del Sud».
Sulla fiscalità di vantaggio che ha proposto, dice: «Intanto stiamo lavorando per prolungare gli sgravi al 30% sui contratti di lavoro nel Mezzogiorno fino al 2029. E poi crediamo ci siano i margini per un abbattimento corposo della tassazione d’impresa per chi investe e assume al Sud».
La ministra ammette senza mezzi termini che con Draghi c’è stato un cambio di passo rispetto al governo Conte, dal piano vaccinale al Recovery Plan. «L’Ue deve però smetterla di valutare i piani nazionali con atteggiamento da burocrate, altrimenti fa il gioco dei sovranisti», dice. Mentre «sul fronte domestico bisogna evitare di aprire conflitti interni, di piantare bandierine. Va bene lottare per le proprie idee, ma adesso c’è un bene superiore da difendere: l’interesse nazionale».
Il riferimento è soprattutto all’alleato della Lega Matteo Salvini, ovviamente. Carfagna ribadisce: «Siamo tutti davanti a un bivio: o contribuiamo a consolidare in Europa l’idea di una Italia stabile e autorevole, oppure rischiamo di perdere il treno epocale del Recovery. Lo abbiamo visto nello scontro con l’Europa: c’è un fronte delicatissimo da coprire. Non si può mettere a repentaglio il nostro futuro per un paio di punti in più nei sondaggi o qualche migliaio di like in più sui social».