È primavera, stagione in cui a sinistra, ovunque si posi lo sguardo, si può vedere sbocciare, se non un nuovo partito, come minimo una nuova corrente, che ovviamente «non sarà una corrente», semmai «un’area di pensiero plurale» (come da ultimo ha ripetuto ieri al Corriere della Sera Goffredo Bettini, a proposito della sua, che sarà battezzata dopodomani). Area di pensiero cui si accompagnerà perlomeno, potete scommetterci, un nuovo manifesto, capace di suscitare – e all’occorrenza resuscitare – un largo dibattito, un’ampia riflessione, un confronto di idee, naturalmente anch’esso ricco e plurale.
Le grandi questioni del nostro tempo che saranno al centro di tale sforzo di pensiero, con cui si misureranno certamente politici autorevoli e intellettuali di chiara fama, meritano attenzione da parte di tutti, specialmente in quella decisiva giuntura in cui la grande questione del nostro tempo interseca, sollecita e giustifica la concreta scelta politica del loro partito.
Pertanto, come piccolo contributo alla maturazione di tale importante riflessione collettiva, che intende ovviamente guardare al futuro, mi permetto di segnalare certi piccoli problemi del presente.
Prima notizia. La settimana scorsa il ministero della Giustizia guidato da Marta Cartabia ha inviato gli ispettori alla procura di Trapani, dove a chiusura dell’inchiesta sulle Ong e sulle loro attività di salvataggio in mare (inchiesta in corso da ben quattro anni) sono state depositate pagine e pagine di intercettazioni di giornalisti, nessuno dei quali indagato, mentre erano a colloquio con le loro fonti, e in un caso persino di una giornalista che parlava col proprio avvocato.
Per farla breve, si tratta di una delle tante inchieste, finora sempre finite nel nulla, tese a dimostrare la teoria che per comodità potremmo riassumere nello slogan a suo tempo coniato da Luigi Di Maio: «Ong taxi del mare».
Come infatti capita spesso in Italia – non so se ci avete mai fatto caso – certe campagne partono come inchieste giornalistiche e proseguono come inchieste giudiziarie, al tempo stesso alimentate e strumentalizzate dalla politica, pure quando, essendo basate sul nulla dal punto di vista fattuale, finiscono nel nulla anche dal punto di vista giudiziario (sarebbe interessante sapere dai numerosi e inconsolabili sostenitori di sinistra del governo Conte, convinti che il passaggio al governo Draghi abbia segnato una drammatica svolta a destra, se pensano che Alfonso Bonafede, Guardasigilli nel precedente esecutivo, sarebbe stato altrettanto sollecito nell’intervenire, e in quale direzione).
Seconda notizia. La procura di Catania – quella di Carmelo Zuccaro, altro protagonista delle inchieste contro le Ong, beniamino del Movimento Cinque stelle e del Fatto quotidiano – dopo avere proposto più volte l’archiviazione con analoghe motivazioni, ha sostenuto in parole povere che sul caso Gregoretti Matteo Salvini non può essere accusato di sequestro di persona perché avrebbe agito di concerto con l’intero governo, a cominciare dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte (ovviamente ai tempi del governo gialloverde).
Terza notizia. Dopo settimane di martellamento da parte dell’infaticabile Luciano Capone sul Foglio, che gliene chiedeva giustamente conto, il procuratore Nicola Gratteri ha spiegato sabato a Repubblica che la sua prefazione a un libro intitolato “Strage di Stato: le verità nascoste della Covid-19“ nasceva «da un abstract non del tutto corrispondente» al contenuto del volume, e in cui «non c’era nessun riferimento ai vaccini, né a un complotto internazionale a matrice ebraica, secondo categorie culturali utilizzate da negazionisti e no vax, di cui tra l’altro nel libro non c’è traccia».
Replica degli intervistatori: «Si parla di un colpo di Stato globale, di riprogrammazione sociale possibile grazie al Covid. Di nuovo ordine mondiale gestito da Gates, Soros, Rockefeller. Lei si dichiara estraneo a queste tesi?». Risposta: «Certamente: la mia prefazione è assolutamente neutra, sarebbe bastato leggerla per escludere ogni collegamento».
Se capisco bene: sarebbe bastato leggere la prefazione per escludere ogni collegamento con le tesi contenute nel libro che la prefazione presentava, a cominciare, si direbbe, da quella contenuta nel titolo: «Strage di Stato». E va bene, escludiamolo. Restano ben evidenti i collegamenti tra le teorie sopracitate dei due autori del libro, tra i quali un magistrato, e tutto il noto circuito politico-editoriale che sul Movimento Cinque stelle, e su simili magistrati, fa perno.
E solo chi abbia passato gli ultimi dieci anni in qualche altro Paese può ignorare come siano stati proprio i grillini, molto prima e molto meglio dell’estrema destra, a portare al successo in Italia tutta la delirante paccottiglia no vax, le teorie cospirazioniste di matrice razzista-antiglobalista (tipo piano Kalergi), il complottismo anti-Soros e anti-ong, cioè anti-migranti (e antisemita), senza mai dimenticare la diffusione online dei Protocolli dei Savi di Sion da parte di un loro senatore, Elio Lannutti (il quale, dopo lo scandalo e la conseguente denuncia da parte della comunità ebraica, è stato dai Cinquestelle proposto, fortunatamente senza successo, per guidare la commissione Banche).
Quarta notizia. Il consiglio di presidenza del Senato non ha potuto votare la proroga del vitalizio (leggi: assegno pensionistico) a favore di Ottaviano Del Turco, perché Lega e Movimento Cinque stelle hanno fatto mancare il numero legale, pur di impedire un provvedimento richiesto «per motivi umanitari», considerate le drammatiche condizioni di salute di Del Turco.
Al riguardo i componenti Cinquestelle hanno dichiarato in un comunicato: «Si era deciso di sospendere la revoca fino a che non fosse arrivata la nomina dell’amministratore di sostegno, cosa che è avvenuta il 18 marzo scorso. Non c’è alcuna ragione perché si faccia eccezione rispetto a quanto previsto dalle regole vigenti, le quali stabiliscono che di fronte a una sentenza definitiva di condanna il vitalizio viene revocato. La solidarietà umana, che condividiamo appieno e che non deve mancare mai, non c’entra nulla con l’osservanza di quanto disposto da una delibera».
Ha scritto in proposito Luigi Manconi in una lettera al Foglio: «La motivazione, ridotta all’osso, dell’accanimento contro Del Turco va letta come l’affermazione di un deforme e perverso “principio di uguaglianza”. E questo la dice lunga sulla sostanza schiettamente populista e reazionaria della cultura del M5s e della Lega (ricordate le nequizie del governo giallo-verde?)».
Nel caso in cui a sinistra qualcuno se le fosse dimenticate, magari anche per l’eccessivo affaticamento delle meningi, in questa stagione di grandi riflessioni su destini e strategie delle forze democratiche, mi auguro che le notizie qui riportate aiutino a recuperare la memoria. Non tanto per ricordarci chi sono i Cinquestelle (ce lo ricordano continuamente loro, come si vede), quanto per ricordarci chi siamo, o dovremmo essere, noi.