Senza vincolo di pudorePd e M5s predicano male sui cambiacasacche, dopo aver razzolato peggio

Solo pochi mesi fa, pur di salvare il governo Conte, democratici e grillini erano impegnati nel promuovere la nascita di un gruppo di responsabili in Parlamento, dopo avere essi stessi cambiato ben più di una “casacca”

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Il segretario del partito che nel corso delle ultime tre legislature ha partecipato a sei governi su sette, tutti composti da forze che si erano aspramente combattute alle elezioni, si è incontrato ieri con il capo del partito che ha partecipato a ognuno dei tre governi della legislatura attuale, alleandosi prima con la destra contro la sinistra, poi con la sinistra contro la destra e infine con entrambe, per discutere a quattr’occhi, a quanto riportano le agenzie, una norma contro i «cambiacasacche». Se non si trattasse del Partito democratico e del Movimento 5 stelle, potremmo fermarci qui, perché fa già abbastanza ridere (o piangere, a seconda delle sensibilità). Ma proprio di loro si tratta, e quindi, al bel quadretto appena delineato, bisogna purtroppo aggiungere almeno un altro paio di elementi.

Stiamo parlando infatti dei due partiti che solo pochi mesi fa erano impegnati ventre a terra nel tentativo di far nascere in Parlamento un gruppo di responsabili, costruttori, recuperabili o comunque li si voglia chiamare, formato da transfughi di ogni possibile provenienza politica, allo scopo di salvare il governo Conte. In particolare, proprio per aggirare le regole attualmente vigenti, il Partito democratico era arrivato a offrire il non edificante spettacolo della cessione fittizia di una parlamentare, Tatiana Rojc, praticamente data in prestito al nuovo gruppo e rientrata clandestinamente alla base soltanto due settimane fa, dopo il fallimento dell’operazione.

È dunque come minimo singolare che proprio il Pd proponga ora una norma per impedire quello che ha appena finito di fare. Oltretutto con un linguaggio degno dei suoi compagni di strada e dei loro incostituzionali deliri sul vincolo di mandato e la democrazia diretta. In sintesi: predicando male dopo avere razzolato peggio.

Ma forse è ancora più singolare la posizione dei Cinquestelle, partito arrivato in Parlamento dopo avere passato anni a gridare che mai si sarebbe alleato con nessuno, per poi allearsi con tutti, salvo solo Fratelli d’Italia (e per scelta di Fratelli d’Italia, ben inteso), su ogni possibile linea politica: dal sovranismo no euro, filorusso e filocinese, del primo governo Conte all’ultra-atlantismo e all’über-europeismo del governo Draghi. E forse è anche per questa ragione, azzardo un’ipotesi, che il Movimento 5 stelle ha perso lungo la strada buona parte dei suoi eletti, di cui ha disseminato l’intero arco parlamentare, compresi Forza Italia e Italia Viva, con la sola eccezione del gruppo delle minoranze linguistiche (sinceramente non so per scelta di chi).

Se le nuove regole si accompagnassero a una legge elettorale proporzionale, senza coalizioni precostituite prima del voto, si potrebbe guardare almeno il bicchiere mezzo pieno del merito (un ragionevole bilanciamento tra le due cose), tralasciando per una volta la barbarie del metodo (e del lessico). Ma dopo aver rilanciato pure il maggioritario, infischiandosene del taglio lineare appena inflitto alla rappresentanza parlamentare, parlare o anche solo lasciar parlare di una norma contro i «cambiacasacche», da parte di un uomo politico serio, preparato e non di primo pelo come Enrico Letta, è piuttosto sorprendente. E sentirgli attribuire questo genere di espressioni dopo un incontro con Vito Crimi, per di più dopo avere da poco incontrato Giuseppe Conte, per giunta dopo avere appena incontrato pure Luigi Di Maio, fa venire davvero il sospetto che le cattive compagnie lo stiano portando su una pessima strada.

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