«Col blocco dei licenziamenti si pensa di mettere tutto il sistema sotto una bolla pensando che poi, finita la pandemia, tutto ritorni come prima. Ma non sarà così», dice il vicepresidente di Confindustria Maurizio Stirpe alla Stampa. Ieri, in occasione del tavolo al ministero del Lavoro, il numero due degli industriali ha rispedito al mittente la nuova richiesta dei sindacati di prolungare il divieto di licenziare generalizzato dopo il 30 giugno «almeno fino al 31 ottobre». Mentre da Confapi è arrivata la proposta di mediazione di arrivare al 31 agosto come data «non prorogabile».
La paura è quella di uno tsunami occupazionale, soprattutto dopo che l’Istat ha già certificato la perdita di 1 milione di posti di lavoro in un anno. «Ma noi», dice Stirpe, «non abbiamo questa percezione. Per cui non riusciamo a capire le ragioni per cui si debba modificare un provvedimento che già prevede uno sblocco graduale e che è stato assunto non più tardi di un mese fa». E a Maurizio Landini che ripete che «bisogna vaccinare non licenziare», dice: «Francamente non riesco a capire che cosa significhi. Noi siamo pronti a vaccinare e nessuno ha detto che vuole licenziare».
Adesso, spiega Stirpe, «andiamo verso una fase diversa». E poi le aziende per le quali non varrà più il blocco dal 30 giugno «sono essenzialmente quelle industriali e, ripeto, a noi in questo momento questa emorragia di posti di lavoro non risulta. Semmai i problemi ci sono nei servizi e dove non ci sono ammortizzatori, settori però dove il blocco arriva già a ottobre».
Stirpe propone di «azzerare i contatori della cig, in modo da assicurare a ogni azienda 52 settimane di cassa integrazione e togliere i “ticket”. In questo modo cadono tutti gli alibi: quale impresa avendo la possibilità di tenere il lavoratore per altre 52 settimane dovrebbe licenziare se non gli costa niente?».
Ma, conclude, è inutile spostare in avanti l’orologio di fine blocco: «Ci fa perdere tempo e distoglie l’attenzione dal problema dei problemi, la riforma degli ammortizzatori sociali. Perché se noi impiegassimo il tempo di qui a fine giugno per fare questa riforma non parleremmo più del blocco. Perché poi sapremmo come gestire queste situazioni». È «il tempo delle decisioni ora», continua Stirpe. «La nostra proposta è agli atti da luglio. Dai sindacati arrivano solo slogan, però gli elementi di chiarezza ci son tutti e potremmo già fissare le linee guida».
E per far tornare al lavoro quelli che l’hanno perso, ricorda che ci sono le tre proposte che il presidente di Confindustria Carlo Bonomi aveva presentato a Draghi: «Maggiore diffusione del contratto di espansione abbassando a 50 dipendenti la soglia delle aziende che possono beneficiarne, una decontribuzione a favore di giovani e donne e infine una riforma dei contratti a termine per ridurre le rigidità previste dal decreto dignità. Che come ho suggerito al ministro andrebbe del tutto abolito per tornare così al vecchio regime previsto dal Jobs Act». Bisogna vedere cosa ne pensano i Cinque Stelle alleati di governo del ministro.