Mettere in sicurezza gli over 60 entro giugno. Poi immunizzare l’80% della popolazione entro settembre. E infine prepararsi a ricominciare, in autunno, con una nuova campagna di vaccinazione. Senza dimenticare che, immunizzata l’Europa, non si può tralasciare il resto del mondo. Giorgio Parisi, docente di meccanica statistica dell’Università Sapienza di Roma e presidente dell’Accademia dei Lincei, traccia sul Corriere quelle che dovranno essere le prossime tappe verso la «normalità».
Non si preoccupa tanto delle riaperture dal 26 aprile in poi, ma di un altro aspetto: «La vera questione è il controllo degli effetti delle aperture. Se non siamo in grado di verificare per tempo cosa succede, allora rischiamo. Dobbiamo capire quanto gli alunni contagino genitori. Quanti clienti diffondono il virus. È fondamentale riattivare il tracciamento».
Ma i vaccini, spiega, sono l’arma migliore che abbiamo: «L’uso dei farmaci va a rilento, perché i virus, a differenza dei batteri, sono minuscoli e variano spesso. Spero molto nei nuovi anticorpi monoclonali studiati in Italia da Rino Rappuoli. Quelli attuali vanno dati entro due giorni dall’insorgere della malattia, si somministrano solo in ospedale e con un’infusione che dura un’ora e mezza».
Per cui meglio puntare sui vaccini, per ora. «Fino a un mese fa, i due terzi delle vittime avevano più di 77 anni», spiega Parisi. «Una volta vaccinati loro, passeremo automaticamente da 300 decessi al giorno a 100».
E se si considera che tra gli under 50 le vittime sono poco più dell’1%, è evidente che più la campagna avanza per età, più si riducono le vittime. Non solo: «La riduzione del numero di ricoveri, superiore a quella delle terapie intensive, dimostra i primi effetti sui più anziani, che difficilmente finiscono intubati».
Per il professore Parisi, l’immunità di gregge si raggiunge con l’80% della popolazione immunizzata. Ma per far questo bisogna vaccinare il 90% dei cittadini: «Sì, perché i vaccini, mediamente, hanno un’efficacia del 90%. E quindi per arrivare all’80% della popolazione bisogna vaccinarne il 90».
Che significa, aggiunge, il 90% sopra i 12 anni. «Ci sono già studi che dicono come i vaccini proteggano dai 12 ai 16 anni. Sotto i 12, vedremo. Non è detto che sarà necessario proteggerli, visto che a quell’età il Covid fa meno danni dell’influenza», dice.
Il terzo obiettivo è la campagna di vaccinazione autunnale. «Serve pensarci da ora. Perché l’immunità ha una durata limitata. E perché le varianti sono in agguato. Bene che la Ue si stia accordando per avere un miliardo di dosi da Pfizer nel 2022 e un altro nel 2023. Ma non basteranno. Perché servono subito in autunno. E perché poi c’è il resto del mondo».
Mentre l’Occidente sembra pensare soprattutto a se stesso, «il virus muta velocemente. Se c’è una variante pericolosa in Brasile, non si può immaginare una quarantena. Evitare milioni di morti nel mondo è un imperativo morale. Per chi non se ne preoccupa, è comunque fondamentale proteggerci dalle varianti. Servono 20 miliardi di dollari, che sono briciole rispetto alle economie occidentali».