La sinistra indipendentista ha vinto le elezioni parlamentari anticipate in Groenlandia. Il movimento Inuit Ataqatigiit, che prima delle consultazioni si trovava all’opposizione, ha ottenuto il 36.6 per cento dei voti, mentre il partito Siumut, finora al governo e anch’esso schierato su posizioni ambientaliste e indipendentiste, non è andato oltre il 29.4 per cento dei voti. Al terzo posto si sono invece piazzati i centristi di Naleraq, che sono in favore di una Groenlandia indipendente mentre il campo unionista si è dovuto accontentare del quarto posto dei Democratici (centrodestra) e del quinto di Atassut (liberali).
I partiti indipendentisti, che controlleranno 22 seggi sui 31 del Parlamento, non dovrebbero avere troppi problemi a formare un esecutivo in grado di accelerate il distacco da Copenaghen. La Groenlandia è allo stesso tempo l’isola più grande del mondo, con una superficie territoriale pari a sette volte quella dell’Italia e uno dei territori meno popolati dato che i residenti sono appena 57mila. L’isola è stata una colonia danese sin dal 1721 ed ha ottenuto l’autogoverno, seppur con alcune limitazioni, solamente nel 1979.
Nel 2009 sono stati rimossi numerosi vincoli, il groenlandese è diventato la lingua ufficiale e il governo centrale ha ottenuto il controllo del sottosuolo e delle risorse naturali. Il parlamento legifera in totale autonomia e potrà, quando lo riterrà opportuno, avocare a se le poche prerogative rimaste alla Danimarca come la politica estera, quella giudiziaria e il controllo del territorio da parte delle forze di polizia. La Groenlandia riceve un sussidio annuale da parte della Danimarca pari a 3.2 miliardi di corone danesi. I trattati in essere consentono alla Groenlandia, quando vorrà, di diventare indipendente tramite un mero processo decisionale interno e senza aver bisogno del consenso di Copenaghen
L’economia della Groenlandia dipende dalla pesca e dai sussidi del governo danese ma lo scioglimento dei ghiacci ha aperto nuovi spazi alle opportunità minerarie. Il cambiamento climatico sta avendo un impatto devastante e il ghiaccio, come riferito da uno studio internazionale, si sta sciogliendo sette volte più velocemente rispetto a quanto accadeva negli anni Novanta. Per alcuni, però, questa tragedia ambientale può avere risvolti positivi dato che può contribuire ad aprire nuove rotte commerciali attraverso l’Artico, riducendo i tempi di navigazione e rendendo più accessibili le risorse naturali locali.
La Groenlandia ha abbondanti risorse metallifere, come oro, platino, zinco e ferro, depositi di quarzo, rubino, topazio, zaffiro e secondo alcuni il mare prospiciente alle coste potrebbe contenere enormi quantitativi di petrolio, stimabili in circa 110 miliardi di barili. La Cina si è dimostrata interessata a sfruttare le ricchezze minerarie groenlandesi ed ha scelto di portare avanti un controverso progetto, con l’appoggio della società australiana Greenland Minerals, nella regione meridionale di Kvanefjeld. Il progetto minerario, che dovrebbe anche portare alla produzione di uranio, è in fase di sviluppo da anni e il partito Siumut lo ha supportato autorizzando i primi scavi (anche se il via libera definitivo non è ancora stato concesso).
La vittoria degli ambientalisti di Inuit Ataqatigiit, contrari alla miniera di Kvanefield, potrebbe fermare la costruzione dell’opera e generare irritazione dalle parti di Pechino. La controversa miniera aveva già causato, nel febbraio 2021, il collasso del governo di coalizione e la scelta di indire elezioni anticipate. I favorevoli al progetto ritengono che potrebbe velocizzare il raggiungimento dell’indipendenza mentre i contrari ne temono l’impatto ambientale e l’inquinamento che ne deriverebbe.
Il potenziale delle risorse minerarie della Groenlandia non è sfruttato appieno anche perché mancare investimenti. Al momento ci sono solo due progetti attivi, oltre a quello di Kvanefjeld e sono denominati Dundas e Tanbreez. Il primo viene portato avanti dalla BlueJay Mining, ha ricevuto l’autorizzazione governativa nel 2017 e riguarda il più grande giacimento di ilmenite (componente del titanio) al mondo mentre il secondo riguarda il più grande giacimento di disprosio sulla faccia della Terra. Le iniziative sono poche e non coordinate anche perché, al momento, non è possibile quantificare il potenziale di risorse locali e perché il ghiaccio che non è stato sciolto dal riscaldamento globale previene l’esplorazione della Groenlandia.
La Groenlandia è comunque al centro degli interessi delle grandi potenze. Nel 2019 l’allora presidente americano Donald Trump si spinse oltre e si interessò a un possibile acquisto della Groenlandia, impossibile da un punto di vista politico e legale. L’idea non era così bizzarra come poteva sembrare in un primo momento. L’isola, oltre alle risorse naturali, è strategicamente vicina alla Russia e alla regione artica ed è un luogo ideale per costruire strutture di intelligence. Non è un caso, infatti, che proprio gli Stati Uniti gestiscano la base aerea di Thule (in collaborazione con la NATO) sin dalla Seconda Guerra Mondiale. Lo stesso Trump, per rimarcare il suo interesse, aveva inoltre proposto di aprire una struttura diplomatica in Groenlandia per la prima volta dagli anni Cinquanta ma di questo progetto non si è saputo più nulla.
L’Istituto di Studi Strategici dell’Unione Europea ha evidenziato come lo sfruttamento dei rari elementi terrestri groenlandesi potrebbe contribuire a ridurre una grave vulnerabilità comunitaria. Bruxelles, al momento, li importa dalla Cina ed eliminare questa dipendenza avrebbe indubbi benefici come un aumento della sovranità in ambito tecnologico e la capacità di digitalizzare le proprie forze armate.
La crisi scatenata dal coronavirus potrebbe portare a una accelerazione dei progetti in tal senso ma la concorrenza si annuncia spietata. La Groenlandia è alla ricerca di investimenti per sviluppare la propria economia e la relazione con la Cina, che è il secondo maggior importatore di prodotti locali, è già molto avanzata.