Io non ci stoStoria dello chef che ha riorganizzato il suo lavoro contro la mafia

Cuoco conosciuto anche per la sua partecipazione a programmi televisivo, Natale Giunta è diventato un simbolo dei ristoratori che hanno detto no al pizzo e lo racconta in un libro con Angelica Amodei

«Dopo quello che ho passato, credo che se andassi in guerra, le pallottole mi sfiorerebbero appena». Natale Giunta ormai usa la paura e le difficoltà come motore per il suo lavoro in cucina. Neanche il Covid-19 lo ha intimidito: nell’ultimo anno si è rimboccato le maniche e si è messo a confezionare lui stesso le pietanze che uscivano dalla sua cucina, ha organizzato un sistema di consegne a domicilio e ha portato i suoi piatti in tutto il mondo. Questa tempra e questo coraggio non sono figli della pandemia, ma di un’esperienza ancora più difficile: il suo no alla mafia, che oggi racconta nel libro Io non ci sto scritto con Angelica Amodei (Rai Libri).

Chi è Natale Giunta

Natale Giunta è uno chef e un ristoratore di fama internazionale. Cresciuto tra i fornelli, con accanto due zie che non facevano altro che cucinare per tutta la famiglia, Natale ha aperto il suo primo ristorante di alta cucina a 21 anni. Ne sono seguiti molti altri. Ha partecipato, guadagnando numerosi premi, a diversi campionati di cucina e dal 2005 ha iniziato a collaborare con la Rai, come ospite fisso del programma “La Prova del Cuoco”. Ora è nel cast del programma “Detto Fatto”. Alcune delle sue ricette sono raccolte nel volume “Buonissimo!” (Rai Libri, 2019). È diventato famoso come lo chef simbolo dell’antimafia perché, quando sono venuti alla sua porta per dirgli che rischiava grosso offrendogli protezione, ha avuto il coraggio di chiamare il 112 e denunciare chi gli aveva chiesto di pagare il pizzo.

L’incontro con la mafia

«Avevo 32 anni. Stavo ricevendo appalti molto importanti, come quello per il punto ristoro del Teatro Massimo di Palermo – ha raccontato durante la conferenza stampa di presentazione del suo libro – e qualcuno ha iniziato a chiedermi “Ma a te non ti disturba nessuno?”, intendendo la presenza di persone passate a offrire protezione in cambio di denaro». Fino al 3 marzo 2012 Natale ha sempre riso di queste domande, finché alla sua porta si è presentato un trio che ha cambiato la sua vita.

Un messaggero, un settantenne e un quarantenne hanno fatto irruzione nella sua giornata di lavoro, dicendogli che il suo impero era nato e prosperava senza però aver chiesto il permesso a nessuno. «Dal carcere ti guardano e sono pronti a farti del male. Noi siamo qui per proteggerti». Dopo il suo no, Natale Giunta ha chiamato un amico che aveva subito la stessa minaccia e che aveva avuto il coraggio di denunciare. Su suo consiglio, ha chiamato il 112 e ha scoperto che per lui si era addirittura disturbato un famoso boss mafioso. Quella telefonata e il successivo colloquio con le forze dell’ordine non era la fine della disavventura. Il peggio doveva ancora venire.

Porte aperte e chiuse

Da marzo 2012 Natale Giunta smette di fare i catering ai matrimoni ospitati in certe location o per certe famiglie. In tre anni perde 9 milioni di fatturato. In molti smettono di lavorare per lui. Gli viene assegnata una scorta e per otto anni non può girare nei mercati rionali di Palermo perché le presenze tra i vicoli minacciano la sua vita. «In alcuni territori ero diventato lo sbirro. Ho dovuto lavorare sodo per ricreare la mia serenità». E ci è riuscito. Ha preferito la tv alla ribalta politica: «Erano già pronti a candidarmi, ma la lotta alla mafia preferisco farla sul campo». Del resto anche nella filiera agroalimentare si nasconde la mafia. Per questo è stato importante scegliere i fornitori anche in base ai legami con la mafia, perché oggi le organizzazioni criminali hanno imparato a lavorare anche con bonifici e fatture. Natale ha scelto di rifornirsi da multinazionali o «piccolissimi produttori che ci mettono cuore, testa, anima e sono trasparenti, che hanno le mani del lavoro e della fatica, e che sanno che cosa significa raccogliere i capperi a Pantelleria o le microlenticchie a Ustica». Da lì nascono i suoi piatti, che da soli sono già un manifesto.

Natale Giunta, uomo libero

Raccontando la sua vita, Natale dice: «Mi sento un uomo libero. Mi sono costruito da solo. Non ho mai bussato alle porte per chiedere favori. Quello che mi arriva è frutto del sacrificio e delle ore di lavoro passate a fare quello che mi piace. Ho trasformato la paura in forza, per farcela, per sopravvivere». Ora i mercati non li evita più: «Vado a fare la spesa lì e ho un grande rispetto dei venditori onesti, che mi accolgono e salutano perché mi vedono metterci la faccia. Ho preso la paura e l’ho resa una parte della mia vita. La mia testardaggine e la voglia di farcela sono state per me la chiave di lettura di questo momento storico legato al Covid. Non bisogna abbassare la testa davanti a niente». Del resto, come dice lo stesso chef, in Sicilia la strada è già difficile: cosa vuoi che sia una pandemia?

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