La principale forza di opposizione in Polonia, Platforma Obywatelska (Piattaforma civica, PO), formazione cristiano-liberale che oggi controlla 134 seggi su 460 al Sejm, ha presentato un programma di politica estera dal titolo “Polonia sicura”. L’intenzione è quella di ribaltare di 180° la linea perseguita dal governo guidato dal partito ultra-nazionalista Prawo i Sprawiedliwość (Diritto e Giustizia, PiS).
I tre pilastri della proposta sono: la ricostruzione di un rapporto proficuo con l’Ue, la riconfigurazione della partnership con gli Usa e il varo di una politica efficace verso i paesi del Partenariato orientale, specialmente i due che più interessano a Varsavia, Bielorussia e Ucraina.
Secondo il leader di PO Borys Budka, la Polonia non è mai stata così isolata come ora sulla scena internazionale. «Jarosław Kaczyński ha strappato la lingua alla diplomazia polacca e ucciso la politica estera del nostro paese», ha dichiarato Budka.
L’ex ministro degli esteri Radosław Sikorski ha auspicato che la Polonia smetta di guerreggiare con le istituzioni Ue ed entri nel gruppo di Stati che decidono le sorti del blocco, dove meriterebbe di stare per popolazione, estensione e potenza economica.
Nella visione dei promotori di questa revisione della strategia nazionale, per farlo il governo dovrebbe prodigarsi per rivitalizzare il cosiddetto “Triangolo di Weimar”, l’intesa informale formata con Berlino e Parigi trent’anni fa per spingere l’integrazione della repubblica post-comunista nel blocco comunitario.
Le elezioni nazionali sono ancora lontane (2023), ma con questa mossa il più folto partito anti-Pis già lancia il guanto di sfida su un ambito, la politica estera, visto come decisivo per spezzare l’egemonia del PiS, che dura dal 2015.
Sulla politica interna il governo è infatti visto come quasi imbattibile. Le decisioni per cui finisce solitamente sui giornali stranieri, come quelle relative al diritto all’aborto e ai diritti civili, non sembrano minare sensibilmente il consenso di cui gode. Contribuiscono soltanto a polarizzare la società polacca, scavando un divario profondo tra il segmento europeista e progressista, tendenzialmente urbano, e quello euroscettico e conservatore, per la maggioranza rurale. Alcuni provvedimenti demagogici, come il programma 500+, hanno inoltre puntellato il favore popolare dell’esecutivo, che ha perdipiù potuto sfruttare una contingenza economica molto felice. Naturalmente, la vertiginosa crescita economica della Polonia resta facilitata dai fondi allocati al paese nei processi di redistribuzione infra-comunitaria. Più di 12 miliardi di euro nel 2019. Nessun altro partner Ue ha portato a casa così tanto.
In questo contesto attaccare la coalizione capeggiata dal PiS sulla politica estera, un tema a cui i polacchi sono estremamente attenti, potrebbe rivelarsi una tattica scaltra.
Presentando questo documento, PO prova allora a scommettere sul nuovo corso che ci aspetta che l’amministrazione Biden imprima alla politica estera di Washington. Se le plurime violazioni di Stato di diritto e norme comunitarie sono state tollerate, se non incentivate, dalla precedente amministrazione Usa, con l’arrivo dei democratici la Casa Bianca dovrebbe tornare a condannare le autocratiche di Polonia e Ungheria, perlomeno a livello di retorica. In campagna elettorale Joe Biden ha definito “dittature” i due paesi post-socialisti.
Essendo il legame con Washington la pietra angolare di tutto l’impianto di sicurezza del paese centroeuropeo, convincere l’elettorato polacco che l’attuale esecutivo lo stia mettendo a repentaglio potrebbe portare acqua al mulino delle forze europeiste oggi alle opposizioni.
Forze che, esattamente come Biden con Trump, basano gran parte della propria offerta politica non tanto sulla promozione di un futuro inedito quanto sulla restaurazione di molti degli equilibri scompaginati dagli avversari una volta entrati in carica. Nel caso della Polonia, quindi, la priorità è il ritorno a una politica proattiva e collaborativa nel consesso Ue, dove Varsavia avrebbe gli attributi per farsi valere.
Queste velleità possono tradursi in realtà, naturalmente, soltanto se sarà positivo il verdetto delle urne.
Mancano ancora due anni alla tornata, ma al momento, stando ai sondaggi condotti a fine aprile, la coalizione che fa capo a KO (18.2%) potrebbe riuscire a scalzare il PiS (37.4%) soltanto alleandosi con il movimento Polska 2050 (Polonia 2050, P2050), fondato da Szymon Hołownia, che è dato al 19.3%. Non sarà semplice.
P2050 rappresenta la maggiore novità sullo scenario politico polacco. Hołownia, giornalista e presentatore televisivo classe 1976, è riuscito a piazzarsi in terza posizione (quasi il 14%) al primo turno delle elezioni presidenziali dello scorso anno, dietro il candidato di KO Rafał Trzaskowski, sindaco di Varsavia, e l’uscente Andrzej Duda, poi riconfermato al secondo turno. La decisione di lanciare P2050, che si proietta come un’alternativa moderata ma liberale ed ecologista al duopolio PiS-PO, è scaturita proprio dal buon risultato incassato da questo volto nuovo in quella tornata. Secondo gli esperti, nel paese esiste un bisogno insoddisfatto di una terza forza, ma da qui alle elezioni del 2023 il favore popolare incassato da Hołownia sull’onda della campagna per le presidenziali potrebbe facilmente scemare, come accaduto in Polonia e fuori con outsider della politica scomparsi velocemente come erano spuntati.
L’unica altra forza politica che non scivola sotto il 10% nei sondaggi è Lewica (La Sinistra, SLD), carrozzone assemblato alla scorse elezioni (2019) per unire le varie anime della derelitta sinistra polacca, che i sondaggi collocano all’11.3%. Nel panorama politico del paese mitteleuropeo, caratterizzato da un baricentro molto spostato a destra, SLD indossa i panni dell’estrema sinistra ma, per gli standard dell’Europa occidentale, sarebbe invece una classica formazione socialdemocratica. All’Europarlamento siede infatti tra i banchi dei Socialisti e democratici (S&D), non tra quelli della sinistra di GUE-NGL.
Chiudono la classifica tre fazioni variamente conservatrici: Konfederacja Wolność i Niepodległość (Confederazione Libertà e Indipendenza), una delle poche forze che contesta il PiS da destra, ferma all’8.7%; Koalicja Polska (Coalizione Polonia, KP), gruppo blandamente centrista che rappresenta l’ultima incarnazione del glorioso Polskie Stronnictwo Ludowe (Partito popolare polacco, PSL) fondato a fine ’800, impigliata solo al 5%; e Kukiz ’15, il movimento lanciato dal rocker Paweł Kukiz nel 2015, che langue intorno 2%. Dopo aver compiuto un exploit (quasi il 21%) alle presidenziali di quell’anno presentandosi come forza antisistema e ultra-nazionalista, questa fazione ha tentato di spostarsi al centro e riciclarsi come destra moderata senza riuscire però a trovare una sedia in un agorà come quella polacca che, da quel lato, è sempre molto affollata.