FenomeniI nuovi linguaggi che ridefiniscono il bello

Il cibo diventa oggi una delle forme di comunicazione più efficaci, in cui immagine e digitalizzazione giocano un ruolo chiave nella veicolazione di significati identitari e comunitari

Risulta sempre più evidente che il linguaggio, inteso come facoltà di comunicare, non sia più legato solo alla parola, storicamente identificata come eminente veicolo di espressione, ma anche a molteplici forme diversificate, quali l’arte, la musica, l’immagine. Mondi codificati da funzioni comunicative ben precise, eloquenti e profonde quanto quelle del linguaggio verbale e scritto, capaci di andare oltre la propria essenza e assumere una valenza molto ampia.

Negli ultimi anni abbiamo assistito allo sviluppo esponenziale del fenomeno del food porn, ossia la condivisione attraverso i social network di immagini di alimenti e piatti che ha subito poi un’evoluzione e trasformazione, diventando strumento di narrazione di disparate tematiche, non sempre facilmente riconducibili al cibo stesso.

Di questa  transizione sociale e culturale e di molti altri importanti aspetti che ruotano intorno all’argomento si occupa il libro “Aggiungi un selfie a tavola”, edito da EGEA, progetto in cui gli autori hanno sviscerato in maniera chiara e fruibile il netto impatto sociale e culturale che il cibo ha sulla nostra vita, attraverso un viaggio nella comunicazione dello stesso.

Luisa Stagi è docente di Sociologia generale presso l’Università di Genova, già autrice di numerosi saggi sui temi del cibo e delle condotte alimentari, Sebastiano Benasso è docente di Sociologia del Turismo presso l’Università di Genova e si occupa principalmente di generazioni, culture giovanili, stili di vita e significati culturali del cibo.

Perché mai la sociologia dovrebbe occuparsi di tutto ciò? È convinzione condivisa che il cibo abbia superato la propria valenza intrinseca di alimento e abbia assunto un valore molto profondo, che comunica persone, territorio, salute, etica, sostenibilità, stili di vita, scelte e molto altro.

Gli autori spiegano come l’alimentazione sia elemento fondante della cultura e della civilizzazione, un processo che fa evolvere ciò che è natura in cultura. Dalla socializzazione alimentare apprendiamo le norme basilari per stare insieme agli altri, per interagire con il mondo.

Le reazioni fisiche che il cibo provoca in ognuno di noi, siano esse positive o negative (proviamo a pensare allo stomaco che si chiude quando ci si trova davanti a qualcosa di raccapricciante) sono fortemente legate alla cultura che ci appartiene, e che rende differenti i modelli di riferimento per definire cosa sia buono e cosa no, frutto del processo di apprendimento. Ecco dunque come il cibo e la sociologia diventano strettamente interconnessi. Il cosa si mangia, con chi si mangia e come si mangia portano alla costruzione dei fondamenti sociali che regolano la nostra esistenza.

In questo sistema di intreccio prende vita il food porn, un fenomeno che si immerge sempre più nella cultura e la modifica, producendo un proprio linguaggio e una propria grammatica. Quello che cinque o sei anni fa era un oggetto culturale, la pratica di fotografare alimenti, diventa anche iper produzione intorno al cibo e alla dieta. Una dicotomia, quasi un contrasto, tra la gastro narrazione sempre più presente e la necessità di mantenere il corpo magro, quale segno di controllo ed emblema di buona norma. Si è assistito ad una vera e propria invasione di palinsesti televisivi dedicati all’argomento, in un processo che ha portato ad un addomesticamento nel modo di guardare il cibo, dando sempre maggior importanza all’estetica, un valore che diventa estremo e che addestra lo sguardo verso la prospettiva della gastro pornografia. Dai libri di ricette alle rubriche culinarie, dalle riviste alle trasmissioni televisive, dai food blog alle ricette in video postate su Instagram, il cibo si pone al centro di un processo di ri-mediazione. Significa che parte un fenomeno, produce una certa estetica, i media lo seguono senza rinnegare i precedenti mezzi di comunicazione, ma ibridandoli fino alla creazione di un nuovo linguaggio, una nuova grammatica, una meta narrazione.

La deriva estetizzante ha trasformato il discorso intorno all’alimentazione e la rappresentazione del cibo in un linguaggio a sé stante, significativo e riconoscibile, che può essere utilizzato per esprimere moltissimi altri temi. Politica, appartenenza, identità.

Di qui il concetto di gastronazionalismo, la rivendicazione di una sovranità nazionale a partire dal cibo. Innovazione e tradizione trovano un interessante declinazione in questo contorno. Il patrimonio alimentare è fondamentale per creare un’identità locale, nazionale e dunque salvaguardare piatti della tradizione, significa salvaguardare la propria identità.

Esistono forme di innovazione, sarebbe assurdo pensare che una ricetta possa rimanere invariata nel tempo, ma solo ad alcuni è concesso variare. O a chi è locale e detiene la storicità del piatto oppure a chi viene insignito di un patrimonio importante, come un grande chef. In tutti gli altri casi le variazioni al tema della tradizione fanno gridare allo scandalo. L’identità nazionale si fonda profondamente sulla costruzione di una cucina nazionale condivisa. Oggi tutto questo ha molto a che vedere con il food porn e con i mezzi di diffusione, se non esistessero le tecnologie e le piattaforme attuali, non sarebbe così immediata la comunicazione di un piatto eretico perché rivisitato in maniera inaccettabile.

Parte importante del processo che conduce al food porn è lo svuotamento del valore intrinseco del cibo come nutrimento, estetizzazione estrema che supera la sostanza. Ha una funzione di sublimazione, di edonismo mentale Laddove si è tempestati di messaggi che riconducono a diete per mantenere un corpo magro, simbolo politico già citato, ecco che si è sublimati da immagini gastro pornografiche, che ci mostrano il cibo in tutta la sua bellezza e goduriosità. Diventa molto forte il parallelo tra la pornografia letterale e quella alimentare, ambiti in cui guardare l’altrui godimento senza avere un ruolo attivo, e fruire di una iper realtà che amplifica la sublimazione di pratiche e desideri.

Certo la contingenza pandemica ha toccato in maniera profonda tutto ciò che riguarda la socialità, soprattutto legata al mondo del cibo. L’impossibilità di poter condividere, di mangiare insieme ha scardinato un elemento culturale molto importante. Abitudini stravolte, che hanno portato ad avere un rapporto differente con il cibo. Risulta preoccupante come in in tempi di Covid siano aumentati in maniera importante i disturbi alimentari, soprattutto tra i giovani e giovanissimi. L’essere costretti all’isolamento, ad alimentarsi con ritmi diversi, in ambito familiare, con l’ossessione di prendere peso ha violentemente incrinato equilibri e certezze. Un risvolto preoccupante, una tendenza che avrà seguito nel tempo. La perdita di molti punti di riferimento insomma, ha reso il rapporto con l’alimentazione più complicato. Il tentativo di ricreare convivialità attraverso gli strumenti informatici, organizzando aperitivi e cene su Zoom, ha aiutato a rendere meno grandi le distanze, ma ha mostrato tutta la sua fragilità e fallacia, evidenziando come sia impossibile ricreare l’atmosfera e la valenza sociale della condivisione di un contatto “reale”.

Spunti molto interessanti su cui riflettere quelli che emergono dal testo analizzato, una chiave di lettura lucida e comprensibile per mettere a fuoco alcune tendenze per noi oggi così vicine e inconsciamente imprescindibili. I due autori fanno anche parte del comitato editoriale di AG – AboutGender, rivista internazionale di studi di genere, e del Laboratorio di Sociologia Visuale dell’Università di Genova.

Ragione per cui la chiacchierata non poteva terminare senza alcuni spunti, non prettamente legati al libro, riguardanti il genere visto dalla parte del cibo, consci del fatto che il genere c’entra sempre.

Spunti su come ancora i media costruiscano ruoli di genere, su come la figura maschile domini imperante nelle cucine professionali, su come la donna venga spesso ancora vista come splendida tutrice del focolare ma non idonea alla carriera gastronomica.

Tanti i progressi fatti ma ancora importanti le distanze da colmare. Un argomento che porta con sé una valenza di immensa importanza, e che proprio per questa ragione merita un approfondimento e uno spazio tutto suo, ma che era importante inserire nel racconto delle dinamiche convulse e sempre in divenire dell’universo cibo, ambito così influente nello scorrere delle nostre vite.