Nelle ultime settimane la tensione al confine tra Russia e Ucraina è tornata a salire. Ad allarmare Kiev e le cancellerie occidentali è stato l’ammassamento di truppe russe al confine con il territorio ucraino, definito il più grande trasferimento di forze armate dal 2014, anno dell’annessione da parte di Mosca della Crimea (la più grande penisola affacciata sul mar Nero, ndr) e dell’inizio degli scontri tra forze governative e milizie filorusse nell’Ucraina orientale. Proprio la difesa della minoranza russa nelle repubbliche di Donetsk e Lugansk è la carta giocata da Mosca nel giustificare un possibile un intervento nell’est dell’Ucraina.
La guerra iniziata sette anni fa è ormai definito un conflitto congelato, ma le due parti hanno costantemente denunciato ripetute violazioni del cessate-il-fuoco, accusandosi reciprocamente di voler dar vita a un nuovo scontro armato.
A preoccupare la Russia sono state anche le ultime affermazioni del presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, che ha ribadito il desiderio di vedere il suo Paese all’interno dell’Alleanza atlantica. Una prospettiva definita pericolosa da Maria Zakharova, portavoce del ministero degli Esteri russo, secondo cui «la potenziale adesione alla Nato porterà a un aumento su larga scala delle tensioni nel sud-est, causando forse conseguenze irreversibili per la tenuta dello Stato ucraino».
Le critiche di Zakhorova hanno interessato anche Francia e Germania, membri insieme a Mosca e Kiev del Formato Normandia per la pacificazione del Donbass, incapaci a suo parere di «esercitare influenza sull’Ucraina perché rispetti gli accordi di Minsk».
Gli Stati Uniti, da parte loro, hanno ribadito il loro appoggio alla sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina, inviando in Donbass una delegazione capeggiata dalla responsabile militare dell’ambasciata Usa a Kiev, colonnello Brittany Stewart.
Ma Stati Uniti e Unione europea non sono gli unici attori schieratisi al fianco dell’Ucraina. Dal 2010 anche la Turchia ha iniziato a intessere relazioni sempre più strette con Kiev, soprattutto sul piano militare.
L’Ucraina ha acquistato da Ankara sei droni TB2 nel 2018 e ha siglato nuovi accordi di cooperazione militare negli ultimi due anni, legandosi sempre di più al vicino turco e sfruttando lo stato delle relazioni tra Turchia e Russia a suo vantaggio.
«La strategia ucraina di coltivare rapporti con Ankara è molto razionale: Kiev sa che la Turchia sta diventando sempre più importante per Mosca e che è quindi funzionale avere una relazione positiva con Ankara nell’ambito della strategia anti-russa», spiega a Linkiesta Eleonora Tafuro Ambrosetti, ricercatrice presso il Centro Russia, Caucaso e Asia Centrale dell’Ispi.
Turchia e Unione europea si trovano quindi dalla stessa parte nella questione ucraina, il che rende Ankara un attore con cui Bruxelles deve ancora una volta relazionarsi nella risoluzione di un conflitto che interessa il vicinato europeo.
«L’Ucraina ha una lunga tradizione di politica estera multi-vettoriale. Ampliare le aree di cooperazione con la Turchia o agire in maniera più incisiva a livello diplomatico non comporta una minore implicazione nei rapporti con l’Unione. Inoltre la presenza turca è utile all’Unione: Ankara e Bruxelles hanno gli stessi obiettivi, entrambi criticano l’annessione della Crimea e appoggiano l’Ucraina», dice Tafuro Ambrosetti.
Eppure l’Unione europea potrebbe fare di più usando a suo vantaggio il Nord Stream 2, il gasdotto che collega Russia e Germania, «ma gli interessi economici tedeschi impediscono che si usi lo stop al progetto come ritorsione nei confronti di una escalation militare in Ucraina da parte della Russia. L’Unione però ha dato un segnale forte attraverso le sanzioni, che hanno messo d’accordo Paesi con interessi molto diversi come Italia e Polonia. Quello che chiede Kiev è l’impegno dell’Unione ad accettarla come Stato membro e a dargli lo status di candidato, ma è molto difficile che ciò accada».
Come spiega Tafuro Ambrosetti, da una parte c’è la questione dell’enlargement fatigue e dell’avversione di alcuni Stati europei all’adesione dell’Ucraina; dall’altra bisogna considerare che ci sono Paesi dei Balcani occidentali o la stessa Turchia che sono molto più avanti nel processo di adesione all’Ue e che non accetterebbero un trattamento di favore verso Kiev.
«Una scelta simile – spiega la ricercatrice Ispi – sarebbe molto forte a livello strategico-politico, ma avrebbe importanti ripercussioni sulla politica di allargamento».
Diverso invece il margine di azione della Turchia nella questione ucraina. «Ankara è contemporaneamente membro della Nato e alleata della Russia, con cui è riuscita sempre a trovare di risolvere le divergenze in maniera pragmatica. C’è un’importante dualità nella politica estera turca».
Alla base della collaborazione tra Russia e Turchia vi è un pragmatismo e una malleabilità dati dal tipo di regime autoritario che vige in entrambi i Paesi e che l’Unione, invece, non può permettersi. «Bruxelles ha una visione post moderna basata su determinati principi che non le permette di avere la stessa libertà di Mosca e Ankara nel formulare la propria politica estera. Per questo motivo si muove in maniera molto più lenta e meno coordinata», dice Tafuro Ambrosetti.
L’interessamento turco verso l’Ucraina ha diverse ragioni. Prima di tutto, spiega la ricercatrice, l’annessione della Crimea nel 2014 ha permesso alla Russia di avere accesso al mar Nero, minando così la strategia di sicurezza messa in campo dalla Turchia, che è intimorita dal rinvigorimento della flotta russa ai suoi confini.
In secondo luogo, Mosca porta avanti una politica persecutoria nei confronti della popolazione tartara presente in Crimea e la cui protezione è un elemento fondamentale per Ankara. In ultimo, grazie alla sua proiezione in Ucraina, la Turchia può presentarsi come partner utile a Stati Uniti e Unione, bilanciando così i suoi rapporti con la Russia.