Kiev nella Nato Il «killer» Putin fa la faccia feroce sull’Ucraina, ma la crisi ai confini dell’Europa è seria

Nelle ultime settimane la Russia ha aumentato la sua attività militare, generando grande preoccupazione nei paesi dell’Alleanza Atlantica, che hanno definito la mossa del Cremlino come «ingiustificata, non spiegata e profondamente preoccupante». È possibile che il presidente voglia testare Biden, ma un’escalation non è da escludere

Ukrainian Presidential Press Office via AP

Vladimir Putin sta testando l’Amministrazione Biden o è davvero pronto a invadere l’Ucraina? Sono questi i due scenari che stanno valutando le capitali occidentali dopo aver osservato il comportamento di Mosca, che nelle ultime settimane ha aumentato considerevolmente la propria presenza militare al confine con l’Ucraina.

Secondo il governo ucraino, la Russia dispone ormai di circa 80mila soldati, divisi tra la Crimea, al confine meridionale, e l’area di Voronezh, al confine orientale, a cui va aggiunta la presenza paramilitare nel Donbass, la regione ucraina russofona che si è dichiarata indipendente nel 2014.

Lunedì 12 aprile il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, in una conferenza stampa congiunta con il ministro degli Esteri ucraino, ha definito l’attività russa come «il più ampio dispiegamento di truppe al confine con l’Ucraina dall’annessione illegale della Crimea nel 2014», e ha chiesto di sospenderla, ritenendola «ingiustificata, non spiegata e profondamente preoccupante».

La posizione della Nato, aggiunta alla richiesta ucraina di accelerare la procedura per entrare nell’alleanza atlantica, ha provocato una netta risposta da parte russa che ieri pomeriggio,  attraverso il viceministro degli Esteri Sergei Ryabkov, ha accusato gli Stati Uniti e i loro alleati di stare trasformando la regione «in una polveriera», per poi attaccare direttamente Washington per la decisione di inviare due navi della Marina nel Mar Nero: «Si tratta di una provocazione per testare i nostri nervi». 

L’eventuale adesione dell’Ucraina alla Nato, considerata da sempre una linea rossa per Mosca è sicuramente parte del problema, come dimostra la puntualizzazione di Stoltenberg, che è intervenuto chiaramente sul tema: «La Nato, non la Russia, deciderà se l’Ucraina aderirà».

Come riporta il New York Times, gli osservatori europei hanno rilevato un aumento della presenza di truppe e di armamenti al confine, così come un aumento dei colpi di artiglieria. 

Un attivismo che a fine marzo ha portato il comando militare americano in Europa ad alzare il livello di guardia da «possibile crisi» a «crisi potenziale ed imminente», il più elevato.

Dall’insediamento di Joe Biden, i rapporti tra Russia e Stati Uniti si sono velocemente deteriorati, fino alla dichiarazione abbastanza inusuale da parte del presidente americano, che in un’intervista con la Cnn aveva definito Vladimir Putin come «un killer». 

È probabile che in questi primi mesi di mandato Biden abbia voluto rimarcare la distanza dal suo predecessore, che al contrario vantava un ottimo rapporto con Vladimir Putin. Ma, visto l’aumento della tensione in Ucraina, vero termometro dei rapporti bilaterali negli ultimi anni, sembra che la posizione dura faccia parte di una strategia più ampia di irrigidimento.

Al momento è difficile immaginare un reale scontro armato, anche perché i movimenti russi sono avvenuti alla luce del sole (una troupe di Sky è addirittura entrata per errore in un accampamento russo senza essere minimamente disturbata dai militari).

L’aggressività verbale e sostanziale da parte russa è tuttavia significativa, perché appunto indica un volontà di confronto più rude con la controparte americana, e in particolare con la nuova Amministrazione. In ogni modo, il rischio di escalation esiste, e anche per questo Joe Biden e Vladimir Putin hanno parlato al telefono nel pomeriggio di ieri; il presidente americano ha informato il suo omologo russo delle «preoccupazioni causate dall’aumento dell’attività militare russa nella Crimea occupata e ai confini ucraini», e ha chiesto alla Russia di impegnarsi per allentare le tensioni nell’area.

Venerdì il portavoce del Cremlino, Dimitri Kozak, aveva detto che la Russia è pronta a intervenire per prevenire la pulizia etnica dei russofoni ucraini perpetrata dal governo di Kiev. Un’altra dichiarazione incendiaria a cui è seguito un viaggio piuttosto indicativo del presidente ucraino, Vladimir Zelensky.

Zelensky è stato in visita ad Ankara, dove ha incontrato Recep Tayyip Erdoğan, per discutere della sicurezza della regione e in particolare di accordi industriali nell’ambito della difesa. Secondo Al Jazeera, l’Ucraina potrebbe comprare i droni Bayraktar sviluppati dalla Turchia e che l’esercito turco ha già utilizzato con successo sia in Libia che nella guerra del Nagorno-Karabakh a sostegno dell’Azerbaijan contro l’Armenia, sostenuta dalla Russia.

Prima di questo incontro, Vladimir Putin e Recep Tayyip Erdoğan avevano avuto una conversazione telefonica per discutere della situazione in Ucraina, e il presidente russo aveva espresso preoccupazione per le «recenti provocazioni dell’Ucraina al confine». 

La situazione al confine russo-ucraino è l’ennesima conferma che negli ultimi anni le occasioni di “guerra calda” si sono moltiplicate anche per la maggiore aggressività mostrata da Turchia e Russia, sempre più inclini a utilizzare la forza militare per raggiungere i propri obiettivi.

Oggi a Bruxelles è previsto un summit di tutti i ministri degli Esteri e della Difesa dei paesi Nato, a cui parteciperanno di persona il segretario di Stato americano Antony Blinken e il segretario alla Difesa Lloyd J. Austin III, per discutere di vari dossier di sicurezza internazionale, compreso quello ucraino. I due ministri americani avranno anche un incontro bilaterale con il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg.