Unione EuropeaLa notizia dell’acqua nel vino è fortemente sopravvalutata

Nelle ultime ore una polemica enologica nata da una discussione politica ha incendiato i social network. Ma, ve lo possiamo assicurare: nessuno vuole annacquare i vostri calici. E ora vi spieghiamo anche perché

“Proposta Ue per abbassare il grado alcolico: sì all’acqua nel vino”, durante la giornata di ieri è stato estesamente condiviso sui social e su tutti i principali gruppi di discussione dedicati al vino un pezzo uscito su Il Sole 24 Ore dedicato a una proposta nata in seno all’Unione Europea per permettere ai produttori di diminuire il grado alcolico dei vini diluendoli con acqua, pratica al momento non prevista da alcun regolamento in alcun Paese produttore e quindi illegale. Tutti i vini, indiscriminatamente, anche quelli a denominazione di origine: in Italia quelli DOC e DOCG, sulla carta la punta della piramide qualitativa della produzione tricolore. La reazione più comune è stata anche quella più facile da immaginare: indignazione e sconcerto.

Una notizia che a una prima lettura può sembrare in effetti clamorosa, ma da dove viene il pezzo? Qual è la fonte? Questa: un comunicato stampa di Coldiretti pubblicato anche sul sito dell’associazione che si basa su indiscrezioni intercettate proprio da Coldiretti relative alla volontà da parte della “Presidenza del Consiglio dei Ministri Ue” di “Autorizzare nell’ambito delle pratiche enologiche l’eliminazione totale o parziale dell’alcol con la possibilità di aggiungere acqua anche nei vini a denominazione di origine”.

Nota: “Presidenza del Consiglio dei Ministri Ue” è dicitura non chiara: c’è la presidenza del Consiglio dell’UE, semestrale, in questo momento detenuta dal Portogallo, e poi appunto il Consiglio Europeo, composto da tutti i capi di Stato e di governo dell’Unione. In questo caso ci si riferisce a un “working paper” del quasi omonimo Consiglio dell’Unione Europea, l’istituzione che rappresenta la voce dei governi dei paesi dell’UE e che attraverso i suoi ministri ne coordina le politiche, in questo caso quelle agricole.

Stop. Oltre a questa singola riga in cui si parla del suddetto “documento” non c’è altro, se non dichiarazioni da parte del presidente stesso di Coldiretti, seguite da una serie di paragrafi di colore. Questo, per esempio:

Un inganno legalizzato per i consumatori che si ritrovano a pagare l’acqua come il vino che non potranno neanche fare appello alla tradizionale canzone popolare romanesca “La società dei magnaccioni” di Gabriella Ferri che recita “Se l’oste ar vino ci ha messo l’acqua E noi je dimo e noi je famo C’hai messo l’acqua Nun te pagamo ma però”.

O questo, peraltro ingannevole (lo zuccheraggio è ammesso in Francia – non esattamente l’ultimo dei Paesi produttori in fatto di qualità – ma soprattutto è un’alternativa alla diffusissima pratica tutta italiana, relativa all’aggiunta di MCR, il mosto concentrato rettificato, un prodotto ottenuto dal mosto d’uva che contiene acqua e, appunto, zucchero):

La proposta di aggiungere acqua nel vino è solo l’ultimo degli inganno autorizza i dall’Unione Europea che già consente l’aggiunta dello zucchero nei paesi del Nord Europa per aumentare la gradazione del vino mentre lo zuccheraggio è sempre stato vietato nei paesi del Mediterraneo e in Italia, che ha combattuto una battaglia per impedire un “trucco di cantina” e per affermare definitivamente la definizione di vino quale prodotto interamente ottenuto dall’uva.

Il cuore della proposta che è possibile leggere nel documento riguarda la possibilità di “ripristinare l’acqua ai prodotti della vite che sono stati dealcolizzati”. È questo l’aspetto centrale: tra i ministri dell’agricoltura dei Paesi dell’Unione europea si sta discutendo se permettere di aggiungere acqua a quei vini a cui è stato tolto alcol, pratica questa che andrebbe ben evidenziata in etichetta. Se ne fa riferimento nello stesso documento:

Per le categorie di prodotti vitivinicoli (…) quando tali prodotti sono stati sottoposti a un trattamento di dealcolizzazione secondo processi da definire (…) la designazione della categoria è accompagnata da:

– il termine “dealcolizzato” se il prodotto raggiunge un titolo alcolometrico effettivo non superiore allo 0,5% in volume, e

– il termine “parzialmente dealcolizzato” se il prodotto raggiunge un titolo alcolometrico effettivo superiore allo 0,5% in volume e inferiore al titolo alcolometrico effettivo minimo della categoria prima della dealcolizzazione.

Molto clamore per una notizia minore, che dimostra se ce ne fosse ancora il bisogno quanto sia facile prendersela con l’UE come se fosse qualcosa di molto lontano e molto minaccioso, e non un’istituzione in cui lavorano i nostri rappresentanti nei nostri interessi.

 

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