L’11 e il 12 maggio si è tenuto a Izola (Isola, in italiano), nell’Istria slovena, il sesto forum della Strategia Ue per la Regione Adriatico Ionica (EUSAIR, nell’acronimo inglese), l’iniziativa lanciata nel 2014 per promuovere l’integrazione degli Stati rivieraschi in questa regione periferica dell’Ue. La presidenza di turno toccava a Lubiana.
Oltre a Slovenia e Italia, che ha indicato come capofila la Regione Marche, aderiscono al consorzio macroregionale anche Albania, Bosnia Erzegovina, Croazia, Montenegro, Grecia, Serbia e, dall’anno scorso, anche la Macedonia del Nord. Il fatto che vi partecipino anche cinque dei sei Stati dei Balcani occidentali candidati a entrare nell’Ue rende la EUSAIR uno strumento regionale dove si potrebbero potenzialmente sviluppare collaborazioni che contribuiscano a spingere l’oggi inceppato processo di adesione, giocando una funzione complementare rispetto al processo di Berlino.
Al vertice di Izola hanno preso parte anche rappresentanti della Commissione europea e di San Marino, in qualità di osservatori. Il vertice si è concentrato principalmente sull’ambiente e sulla sostenibilità. L’obiettivo primario è stato quello di ragionare collettivamente sulla transizione smart, green e sostenibile della regione ionico-adriatica.
Al netto del gergo tradizionalmente ostico che caratterizza i materiali prodotti in ambito comunitario, il punto più rilevante del documento conclusivo, la “Dichiarazione di Isola” (Izola declaration, in inglese), è stato il riconoscimento, da parte degli Stati membri, dell’importanza della connettività verde, ovvero della costruzione di infrastrutture marine e terrestri più sostenibili rispetto alle infrastrutture tradizionali (grigie). Nei Paesi coinvolti dalla EUSAIR si ritiene dunque conveniente investire sull’allestimento dei corridoi blu, i gasdotti che trasportano gas naturale liquefatto (gnl), contribuendo così alla cosiddetta “economia blu” incentivata da Bruxelles – e che comprende tutte le attività che ruotano intorno alla sfruttamento di mari e oceani.
Dopo la recente adesione della Macedonia del Nord, si è preso nota dell’interessamento di San Marino e di Cipro. Se l’eventuale entrata del primo (62mila kmq) sarebbe pressoché indolore, quella del secondo sposterebbe il baricentro del consorzio ionico-adriatico verso Est, in una zona come il Mediterraneo Orientale che già oggi è crocevia di decisive partite energetiche. Con l’adesione di Nicosia si potenzierebbe la centralità della Grecia che già oggi è uno dei soli tre Stati tra i nove membri ad affacciarsi sia sull’Adriatico che sullo Ionio.
Come già ricordato in questa sede, il lancio della EUSAIR nel 2014 aveva di fatto archiviato l’Iniziativa Adriatico-Ionico, promossa da Roma solo quattro anni prima. Per l’Italia, che ha da sola più popolazione di tutti gli altri otto membri messi insieme, un utilizzo intelligente di questo format Ue potrebbe essere un’occasione per rivitalizzare la proiezione verso Est, una delle lacune ormai croniche della politica estera italiana.
Al momento, però, l’impressione è che la EUSAIR stenti ancora a definire una propria identità, incastrata da un lato dalla proliferazione di strumenti simili o comparabili, verso cui Stati relativamente piccoli non possono impegnare molte risorse politiche e diplomatiche, dall’altro dagli interessi divergenti dei suoi membri.
Già un report pubblicato nel 2016 dal ticket Cespi-Osservatorio Balcani e Caucaso, analizzando il primo anno di vita dell’iniziativa comunitaria, rilevava come, al fine di generare un’effettiva governance della macroregione adriatico-ionica sarebbero stati necessari dei passaggi ulteriori, in primis l’allineamento dei programmi e quindi delle risorse tra i Paesi membri.