Italia giallaBrusaferro spiega che per avere maggiori libertà bisogna vaccinare almeno metà degli italiani

«Occorre mantenere l’Rt sotto la soglia di sicurezza di 1. Poi ridurre ancora la pressione sui servizi sanitari e avvicinarsi a quella soglia dei 50 casi settimanali ogni 100mila abitanti che consente di riprendere un sistematico tracciamento dei casi», spiega il portavoce del Cts alla Stampa, dopo le polemiche per la festa per lo scudetto dell’Inter a Milano

Foto Roberto Monaldo / LaPresse

Per allentare ancora le misure «occorre mantenere l’Rt sotto 1, avvicinarsi alla soglia dei 50 casi settimanali ogni 100mila abitanti, ridurre ancora la pressione sui servizi sanitari e aver vaccinato più di metà popolazione». Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto superiore di sanità e portavoce del Comitato tecnico scientifico, spiega alla Stampa la linea oltre la quale potremo riacquisire altre libertà, dopo il primo fine settimana in giallo e le polemiche sugli assembramenti nelle città e la festa per lo scudetto dell’Inter a Milano.

«Siamo in una fase di transizione delicata, di decrescita lenta ma costante della diffusione del virus», dice. «Per evitare che la curva torni a crescere serve intervenire a tre livelli: primo, continuare a vaccinare al ritmo sostenuto di questi ultimi giorni; secondo, monitorare bene la situazione e intervenire localmente dove necessario; terzo, ma non certamente ultimo, fino a che non avremo un maggior numero di immunizzati continuare ad adottare comportamenti di prudenza per non essere poi costretti ad adottare nuove misure restrittive».

A quei 14 milioni di italiani che hanno ricevuto solo la prima dose di vaccino, quindi dice «di continuare ad essere prudenti. Prima di tutto perché occorrono non meno di due-tre settimane prima che si formi una prima risposta immunitaria che si completa dopo la seconda dose. Mascherine e distanziamento serviranno ancora fino a che larga parte della popolazione non sarà vaccinata, perché anche chi è immunizzato non può escludere il rischio di contagiare chi non lo è».

Con quali valori si può pensare di allentare nuovamente le misure, magari partendo dal coprifuoco? «Prima di tutto occorre mantenere l’Rt sotto la soglia di sicurezza di 1. Poi ridurre ancora la pressione sui servizi sanitari e avvicinarsi a quella soglia dei 50 casi settimanali ogni 100mila abitanti che consente di riprendere un sistematico tracciamento dei casi. Fino a che non avremo gran parte della popolazione vaccinata servono prudenza e progressività».

È possibile però immaginare ristoranti, hotel e concerti Covid free con il green pass? «È sicuramente uno strumento importantissimo per acquisire un grado di maggiore libertà in molti contesti», dice il portavoce del Cts. «Ma fino a che la maggioranza della popolazione non verrà immunizzata dovremo convivere con le regole sul distanziamento e non abbandonare le mascherine. Con le vaccinazioni e il rispetto delle regole una sempre maggior libertà potremmo ritrovarla anche dietro l’angolo».

Quanto alle varianti, «non tutte devono destare preoccupazione», spiega. «Bisogna prestare attenzione a quelle che possono aumentare la trasmissione del virus, provocare più casi gravi di malattia oppure ridurre la risposta immunitaria di chi è guarito dal Covid o è stato vaccinato. Sappiamo che quella inglese, che oramai è il 90% del virus circolante in Italia, è più trasmissibile e verosimilmente porta ad un aumentare l’ospedalizzazione». E le altre? «Gli ultimi studi di sorveglianza dell’Ecdc europeo suggeriscono un possibile aumento del rischio di ricovero per la popolazione contagiata con le tre varianti e in alcuni casi nella popolazione con meno di 60 anni anche in terapia intensiva».

Ma i vaccini perdono parte della loro efficacia con queste forme mutate del virus? «Rispetto a quella inglese funzionano molto bene, mentre alcuni un po’ meno con quella sudafricana, che fortunatamente circola pochissimo nel nostro Paese. Per la brasiliana gli studi sono in corso e per l’indiana è troppo presto per dirlo».

Ma chi ha completato il ciclo vaccinale già a febbraio, quando dovrà rivaccinarsi? «Serve ancora tempo per valutare la durata della risposta immunitaria generata dai vaccini», risponde. «Man mano che si va avanti i tempi si allungano. Prima l’Ecdc ha indicato in sei mesi la durata minima dell’immunizzazione, ma nuovi studi già portano l’asticella a otto mesi ed è probabile che alla fine venga posta ancora più in alto. Appena avremo acquisito dati più stabili sapremo quando fare i richiami».

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