Si riunisce questa mattina alle 10.30 a Palazzo Chigi la cabina di regia per sciogliere i nodi del decreto legge semplificazioni presieduta dal presidente del Consiglio Mario Draghi, a cui parteciperanno i ministri Franco, Colao, Cingolani, Giovannini, Orlando, Franceschini, Garavaglia, Brunetta, Bonetti, Speranza, Dadone e il sottosegretario Garofoli. La proposta di decreto, con le semplificazioni e la governance, è a uno stadio quasi definitivo e potrebbe andare sul tavolo del governo per l’approvazione domani mattina, scrive il Corriere.
Si tratta di un provvedimento fondamentale per dare attuazione al Recovery Plan da oltre 200 miliardi. Risorse che, come previsto, verranno trasferite all’Italia solo in base allo stato di avanzamento dei lavori. Semplificare le norme e le procedure per velocizzare la realizzazione delle opere diventa quindi decisivo. Il problema è che sulla bozza di decreto fatta circolare nei giorni scorsi si è scatenato uno scontro non solo nella maggioranza, ma anche tra il governo e i sindacati, in particolare sulla liberalizzazione dei subappalti, il criterio del massimo ribasso e l’appalto integrato. Uno scontro che si sovrappone con quello sui licenziamenti.
Dopo che dal decreto sostegni bis è stata cancellata la norma che prevedeva il divieto di licenziare fino al 28 agosto, ieri leader della Cgil Maurizio Landini ha chiesto al governo di convocare le parti sociali altrimenti «valuteremo quali iniziative mettere in campo, e non ne escludo neanche una», tornando a minacciare lo sciopero generale – come ha ribadito all’Huffington Post.
Draghi proverà a risolvere i contrasti nella maggioranza con il vertice di questa mattina. Ma le posizioni sono distanti. Ieri Graziano Delrio (Pd) ha chiesto di «togliere dal tavolo l’introduzione del massimo ribasso che colpisce i principi di qualità e dignità del lavoro». Mentre Matteo Salvini nei giorni scorsi aveva addirittura ipotizzato l’azzeramento del Codice degli appalti. Per uscire dalla contrapposizione si era fatta strada nei giorni scorsi l’ipotesi che le norme sui subappalti e sul massimo ribasso venissero tolte dal decreto e rinviate al disegno di legge delega di revisione del codice degli appalti. Ma Draghi sembra invece intenzionato a sciogliere i nodi nel vertice di oggi.
Il governo si è impegnato con Bruxelles a pubblicare in Gazzetta Ufficiale il decreto entro maggio. Ma anche per non mostrare esitazioni ai primi ostacoli, il premier ha deciso di non rinviare gli aspetti più controversi. Sui subappalti nelle opere del Recovery, i sindacati, il Pd e parte del Movimento Cinque Stelle avevano le riserve più forti. Il loro timore è che alzare il limite dei lavori assegnate in subappalto sopra il 40% del costo di un progetto di investimento alimenti un sottobosco di piccole imprese a basso costo del lavoro, a spese della sicurezza dei lavoratori e dei controlli antimafia.
Su questi aspetti la presidenza del Consiglio propone un compromesso. La soglia massima dei lavori che possono andare in subappalto va alzata oltre l’attuale 40%, perché non sarebbe realistico fare altrimenti: in media le imprese italiane di costruzioni sono troppo piccole, ad eccezione di pochissimi grandi gruppi, perché l’esecuzione degli appalti non venga frammentata. Lo sarebbe in ogni caso e alzare le soglie garantisce soprattutto la trasparenza e la responsabilità legale della ditta subappaltatrice. Palazzo Chigi riconosce però che i timori dei sindacati sono legittimi e indica un rimedio: il decreto specifica che i dipendenti in subappalto vadano trattati alle stesse condizioni di contratto collettivo nazionale degli addetti delle ditte che vincono un appalto diretto.
Salta invece il criterio del «massimo ribasso», che avrebbe portato a far vincere i bandi a chi promette semplicemente di eseguire un’opera ai costi più bassi. Con quella norma, i sindacati temevano un degrado delle condizioni di lavoro e di sicurezza.
Resta da vedere ora la reazione di partiti, sindacati e industriali nelle prossime ore. Di certo, le altre riforme del decreto in arrivo sembrano per ora meno controverse. Per le valutazioni d’impatto ambientale delle opere e per i pareri delle soprintendenze — due dei passaggi che hanno sempre rallentato gli investimenti — varrà uno stesso principio: se l’organismo preposto tarda a decidere, viene sostituito da autorità superiori come, per esempio, una soprintendenza nazionale ad hoc per i progetti del Recovery. Anche le autorizzazioni per l’ecobonus al 110% per la casa, dovrebbero diventare più semplici perché salta l’obbligo del proprietario di ricostruire tutti gli interventi svolti su un immobile.
Norme che serviranno per accelerare i lavori del piano e a favorire l’arrivo dei fondi europei. E che si accompagnano bene alle nuove nomine del governo nel segno della discontinuità in due centri nevralgici per l’operatività e gli investimenti del Piano di ripresa e resilienza: ovvero Cassa depositi e prestiti e Fs. Dario Scannapieco, vicepresidente della Banca europea per gli investimenti, è in pole per prendere il posto di Fabrizio Palermo in Cdp, mentre l’ex amministratore di Terna Luigi Ferraris è stato indicato dal Tesoro per rimpiazzare Gianfranco Battisti alle Ferrovie.