A fine aprile Microsoft ha annunciato una novità importante in arrivo per il pacchetto Office. Non si tratta di un nuovo programma, un aggiornamento delle funzioni di Excel o di altri cambiamenti macroscopici. L’azienda è alla ricerca di un nuovo font predefinito per i suoi programmi.
Così come nel 2007 il passaggio dal Times New Roman al Calibri segnò una piccola rivoluzione, anche il passaggio dal Calibri al prossimo font rappresenterà un cambiamento importante. A un primo impatto il messaggio può sembrare esagerato, ma non lo è affatto: «Il font standard è causa della prima impressione, definisce il carattere del prodotto e non può essere sottovalutato», hanno detto dall’azienda fondata da Bill Gates.
Microsoft non è l’unica a immaginare un cambiamento del genere. La pandemia ha spinto molte compagnie a rivedere i font dei propri prodotti: «Alcuni eventi globali di portata storica possono spingere la creatività in nuove direzioni: nel 1815 l’eruzione di un vulcano indonesiano ha causato condizioni meteorologiche così particolari in tutto il mondo da ispirare un nuovo genere di narrativa gotica; dalla devastazione della Prima guerra mondiale è nato il modernismo, con grandi innovazioni nella letteratura, nell’arte e nella tipografia», scrive l’Economist in un articolo firmato da Arthur House.
L’evoluzione della società, delle abitudini e del linguaggio cambiano le parole che usiamo, ma anche il modo in cui queste vengono rappresentate graficamente. Dopotutto i caratteri tipografici sono l’equivalente visivo del tono di voce. «Non scriveresti un invito a una festa in Times New Roman o delle scuse sincere in Comic Sans. Per le aziende, i caratteri tipografici giocano un ruolo decisivo nell’articolare la loro identità, più di qualsiasi altro elemento di design», si legge nell’articolo.
I cambiamenti indotti dalla pandemia, di cui ormai si discute da oltre un anno, stanno influenzando fortemente i caratteri tipografici: i font più semplici, ordinati e funzionali lasciano il posto a caratteri più rotondi, morbidi ed espressivi.
La tendenza in realtà è iniziata qualche anno fa, guidata da aziende con identità giocose come Duolingo e Mailchimp, ma ha preso una nuova spinta nell’ultimo anno. Vale per ogni cosa, dall’impatto visivo del font predefinito di Word alle strategie di marketing: «Per vendere una lavatrice in questi giorni hai bisogno di curve e grazie sgargianti sulla tua “g”», scrive l’Economist.
Proprio come Microsoft, anche un’altra grande azienda come O2 – compagnia di telecomunicazioni – ha deciso di cambiare il suo font predefinito. Anche perché quello usato fin dal 2002, Frutiger, è invecchiato male: è un font davvero semplice, standard, che somiglia molto al carattere di default impostato da chi prova a passare inosservato.
Il nuovo font, On Airm ha tutti gli angoli arrotondati e le grazie di un carattere che suggeriscono un tocco umano: l’obiettivo dell’azienda è proprio quello di dare calore e personalità al marketing di O2.
Uno dei creatori del nuovo font ha detto all’Economist che «l’effetto di caratteri come On Air è subliminale, cioè è un promemoria su quanto il font possa influenzare la nostra comprensione delle parole».
Qui però entrano in gioco anche la tecnologia e, più nello specifico, internet: prima con tutti i suoi limiti, poi nel mare aperto delle sue infinite possibilità.
«Per due decenni – spiega l’Economist – i brand hanno scelto caratteri sans-serif generici per motivi di leggibilità su schermi di varie dimensioni e risoluzioni. Il carattere tipografico in uscita di O2, Frutiger, è spesso considerato il carattere tipografico più leggibile mai inventato, motivo per cui è usato anche sui cartelli degli aeroporti di tutto il mondo. Sebbene ora esista la tecnologia per consentire ai designer di utilizzare qualsiasi carattere su un sito web, le aziende hanno continuato a orientare le proprie scelte verso elementi geometrici freddi come Avenir, Gotham e Proxima Nova».
Solo che leggibile non è sempre sinonimo di memorabile, anzi secondo alcuni studi potrebbe essere vero il contrario.
Nel 2018 i ricercatori del Royal Melbourne Institute of Technology hanno scoperto che i lettori tendevano a sorvolare sulle parole con caratteri troppo familiari e ricordavano di più quando la lettura comportava alcune difficoltà minime. Così hanno progettato un carattere tipografico chiamato Sans Forgetica: un font che ometteva parti dei tratti delle lettere e richiedeva al cervello di riempire gli spazi vuoti.
Da alcuni test effettuati su un gruppo di studenti, i ricercatori hanno scoperto che un testo scritto in Sans Forgetica aveva una maggiore probabilità di essere ricordato rispetto a uno scritto in Arial. Portando i risultati dello studio fuori dal laboratorio, si può intuire come un font spesso finisca per scontrarsi con la sua stessa funzionalità, o con le esigenze di marketing di un’azienda.
Con il miglioramento degli schermi – di smartphone, tablet, computer, tv – e i nuovi sistemi di progettazione dei caratteri è logico aspettarsi un’evoluzione anche dei font che vedremo in giro. Anche perché nel frattempo la pandemia ha cambiato il modo in cui i brand interagiscono con noi: se i negozi sono chiusi, il font di una pubblicità diventa decisivo per l’azienda. Non basta che sia leggibile, deve rimanere impresso nella memoria.
Allora ecco che i font stanno cambiando, vanno verso linee curve e forme arrotondate. Ma non è una direzione casuale: «Uno studio sull’imballaggio alimentare del 2017 ha scoperto che le persone associano i caratteri tipografici arrotondati a gusti più dolci e quelli spigolosi all’acido. Linee rette e angoli acuti conferiscono solidità e autorità, mentre curve e cerchi trasmettono morbidezza, dolcezza e persino cordialità. I caratteri tipografici caldi potrebbero essere un modo per avvicinarsi ai consumatori, specialmente quelli che si sentono soli durante il lockdown», si legge sull’Economist.
Ma potrebbe esserci anche un’altra spiegazione. Secondo alcuni esperti di neuroscienze il cervello potrebbe associare determinate forme a concetti o sentimenti. Allora la domesticità forzata della pandemia e il conseguente boom dell’interior design potrebbe aver cambiato i gusti: il freddo minimalismo tipico dei Paesi del Nord Europa ha ceduto il posto a un ritrovato apprezzamento per il massimalismo accogliente. Insomma, i caratteri tondeggianti e morbidi sono l’equivalente tipografico dei comodi pantaloni della tuta in cui abbiamo passato molte ore.