La Commissione europea è cauta sulla proposta arrivata da Joe Biden di liberalizzare i brevetti dei vaccini anti-Covid. «Siamo pronti a discutere tutte le proposte per affrontare questa crisi in modo pragmatico», dice Stampa Stella Kyriakides, commissaria Ue alla Salute. «Ma per il momento, essendo noi una regione che esporta vaccini su vasta scala, ci teniamo a sottolineare che è importante assicurare che i farmaci raggiungano ogni angolo del mondo il più presto possibile. Come noto, nessuno è al sicuro se tutti non sono al sicuro. Per questo chiediamo agli altri Paesi che producono vaccini di consentirne l’esportazione e di evitare misure che possano danneggiare le catene di approvvigionamento».
Bruxelles rivendica il fatto di aver aiutato gli altri Paesi con il programma Covax e con l’export di oltre 200 milioni di dosi, cosa che gli Stati Uniti non hanno fatto. Ma l’Europa si è di fatto divisa sulla proposta di Biden. Macron ha detto di essere favorevole, Angela Merkel invece ha fatto sapere di essere contraria. E con lei, il mondo delle cause farmaceutiche. Mario Draghi invece si è mostrato prudente, mentre l’Italia accelera nel piano di produzione dei vaccini autoctoni entro fine anno, o al massimo l’inizio del prossimo.
«Parlando da una prospettiva di salute pubblica, posso dire che sin dall’inizio noi non abbiamo lasciato nulla di intentato nell’affrontare la pandemia», spiega la commissaria Ue alla Salute. «Da subito l’Ue ha sostenuto un approccio multilaterale per assicurare la fornitura di vaccini ovunque ed è per questo che siamo stati i principali promotori di un’accelerazione attraverso il programma Covax. Siamo il primo donatore in termini di esportazioni verso gli altri Paesi. Abbiamo esportato 200 milioni di dosi. Ma non dobbiamo dimenticare che i vaccini non possono essere l’unica risposta al Covid-19».
Kyriakides dice che «bisogna guardare anche ad altri aspetti: il Covid-19 è ancora molto diffuso in molte parti d’Europa. C’è tanta gente nelle terapie intensive e anche chi lo ha avuto in passato continua a patire i suoi effetti dopo settimane o addirittura mesi: fatica, disturbi del sonno, problemi di concentrazione. Gli scienziati ci dicono che questo virus continuerà a circolare, diventerà endemico. Come l’influenza. Per questo dobbiamo gestirlo e controllarlo per minimizzarne l’impatto. Dobbiamo essere in grado di curare i cittadini, non soltanto di vaccinarli».
La partita dei farmaci anti-Covid sarà la prossima sfida: «Ci siamo posti un obiettivo: sviluppare e autorizzare almeno tre nuove cure entro ottobre, più altre due entro la fine dell’anno. Per farlo bisogna potenziare la ricerca e i test clinici su vasta scala, accelerarne l’approvazione, assicurarne la produzione industriale e l’accessibilità». Al momento ci sono «57 potenziali trattamenti, i produttori sono già in contatto con l’Ema. L’Agenzia ha già avviato la revisione continua di tre farmaci basati sugli anticorpi: Celltrion, Eli Lilly e Regeneron. Un quarto seguirà a breve. Passata la fase della ricerca e dei test clinici, bisognerà concentrarsi sugli aspetti produttivi, ai quali contribuiremo anche attraverso una prima tranche di finanziamenti Ue da 40 milioni di euro. Poi dovremo garantire parità d’accesso a tutti gli Stati con acquisti congiunti già entro la fine dell’anno».
Ma, dice Kyriakides, dopo gli errori nella campagna vaccinale, «nella strategia sulle terapie dovremo avere un approccio globale e affrontare ogni passo per fare in modo che la capacità produttiva permetta di far arrivare i farmaci ai cittadini il più presto possibile dopo la loro autorizzazione. Ma ci tengo a sottolineare che l’aver affrontato la campagna vaccinale con una strategia europea è stata una cosa positiva perché ha permesso ai cittadini dei vari Paesi Ue di essere vaccinati nello stesso momento con farmaci sicuri ed efficaci».
Poi precisa: i problemi con i vaccini «sono sorti perché una società, AstraZeneca, non ha rispettato le consegne. Se lo avesse fatto, oggi saremmo in una situazione molto diversa». Il contratto prevedeva la consegna di 300 milioni di dosi entro fine giugno, «ma AstraZeneca non lo ha rispettato. Con la causa puntiamo a ottenere la quantità di vaccini prevista dagli accordi».