Appassiti La nuova vita dell’amarone storico

È uno dei vini più apprezzati dagli intenditori, che lo ritengono tra le migliori espressioni del territorio italiano. Negli ultimi 20 anni ha vissuto una rivoluzione che, senza dimenticare la storia, ha saputo sfruttare la tecnologia per migliorarsi

L’amarone della Valpolicella è tra i più prestigiosi vini rossi italiani, reso unico per la sua particolare tecnica di produzione, che è l’appassimento delle uve. Storicamente, questo metodo era molto comune per la produzione di vini dolci come i passiti. Insieme allo Sforzato della Valtellina, l’unico vino che prevede l’appassimento ma non è dolce è proprio l’amarone.

A seconda delle zone di produzione e dei metodi utilizzati il vino cambia, esattamente come cambiano le persone che lo lavorano, che negli anni hanno saputo rendere questo vino uno dei più grandi classici dell’enologia italiana.

A partire dal sistema di appassimento delle uve, che nel passato era meno controllato e più lasciato al caso. Oggi invece tutte le aziende più importanti hanno un significativo sistema di controllo dell’appassimento delle uve, e questo determina una minore incidenza dell’annata nelle fasi di appassimento. Sono anche cambiati i contenitori di affinamento, che un tempo erano vecchi mentre oggi sono più adatti allo scopo. Negli ultimi 30 anni è stato rivoluzionato il tessuto agricolo e aziendale di tutte le cantine, le uve sono più sane e c’è più natura in bottiglia. Il processo di appassimento è più sicuro e a partire dalle vendemmie di fine anni ’90 i vignaioli hanno imparato a utilizzare i nuovi strumenti che la tecnologia aveva portato.

Questo rinnovamento ha costretto i proprietari a interrogarsi su come le aziende potevano tornare a fare dei vini che si identificassero con il territorio, e ogni realtà ha scelto il suo modo di operare, ha cercato di abbreviare i tempi di appassimento nel tentativo di avere un prodotto più integro, più fresco e più corrispondente al gusto storico dell’Amarone.

L’appassimento nasce in questo territorio migliaia di anni fa, ma era molto empirico: l’esperienza ha portato a capire perché gli storici centri di appassimento fossero posizionati in zone ventose e orientati Nord-Sud, per cogliere al meglio la via d’aria in Valpolicella. Più la ventilazione è efficace, più le uve sarebbero arrivate sane al termine della lavorazione.

All’epoca il Professor Ferrarini insieme allo storico produttore Allegrini Speri si sono chiesti cosa fosse davvero l’appassimento, e cambiarono le carte in tavola. Oggi, anche con le nuove tecnologie, l’appassimento deve aiutarci ad accompagnare l’uva verso il miglior processo possibile: più lentamente il processo avviene, più si ha un appassimento che non è solo concentrazione ma che è in grado di donare il vero aroma di frutta appassita che caratterizza questo vino così amato.

Cambia l’appassimento, dunque, ma cambiano anche le botti usate: perché se fino agli anni ’80 si usavano botti grandi vecchie ed esauste, che forse al vino facevano più male che bene, da fine 2000 in tutta la zona hanno iniziato a cambiare il reparto delle botti di legno, scegliendo botti nuove con dimensioni più piccole e sono passati dal cemento all’acciaio per la produzione.

Marilisa Allegrini ricorda quel passaggio come epocale: «Da metà degli anni ’80 ci siamo accorti che questo sentore di passito eccessivo, che quasi sembrava ossidazione, rappresentava la tradizione dell’amarone, ma una caratteristica così identitaria va portata avanti solo se è effettivamente un valore. Con l’idea di mantenere l’integrità del frutto, abbiamo lavorato alla costruzione di un nuovo centro di appassimento, dove si vede cosa succede all’uva e dove siamo in grado di non rovinare la materia prima, garantendone il massimo dell’integrità alla fine del processo. Consideriamo questo indirizzo un discorso innovativo, ed è stato di grande stimolo per saper cambiare quello che della tradizione non funziona. Prevenire gli errori in fase di appassimento ha portato a un nuovo stile, che ha dato nuovo valore a questo vino, facendolo diventare un vino da abbinare al cibo. In fondo l’appassimento era stato inventato per produrre un vino dolce. L’amarone ha dovuto cercare nel tempo una sua identità, perché spesso veniva considerato un vino non riuscito. Ricordo che per mio nonno quando il recioto diventava amarone era una disgrazia. Per me quindi è davvero bello aver visto e vissuto questa trasformazione, e vedere finalmente questo vino ormai trasversale e adatto alla cucina del mondo».

La produzione

Come il recioto, l’amarone è prodotto con un blend di vitigni autoctoni, Corvina, Corvinone e Rondinella. Corvina e Corvinone insieme devono essere presenti in percentuali comprese tra 45% e 95%, la Rondinella tra il 5% e 30%. Queste uve crescono solo in Valpolicella e sono il risultato della selezione delle varietà più adatte a questo territorio in più di 2000 anni di produzione vinicola.

La selezione dell’uva per l’Amarone è rigorosissima. I grappoli non devono essere troppo grandi e soprattutto devono essere spargoli, cioè avere gli acini distanziati gli uni dagli altri. Una volta raccolte, le uve vengono poste in cassette e trasportate verso il luogo deputato all’appassimento, che deve essere molto ventilato, con grade controllo su umidità e temperatura. In tre mesi di appassimento l’acqua all’interno dei grappoli si riduce del 30-40%, e gli zuccheri si concentrano.
L’appassimento inoltre sviluppa nell’uva aromi aggiuntivi e complessi.

Solo a questo punto, in inverno, avviene la vinificazione. Si parte allora con la fermentazione, che dura più di un mese. Per ottenere la DOCG (Denominazione di Origine Controllata e Garantita) l’amarone deve maturare almeno due anni prima di essere imbottigliato: la maturazione avviene prevalentemente in botti di legno. Per diventare Riserva, invece, un amarone deve stare almeno tre anni in botte prima dell’imbottigliamento.

L’amarone può essere prodotto esclusivamente in provincia di Verona, nella Valpolicella, e due sono le zone tipiche. L’amarone ‘classico’ può provenire solo da uve coltivate nei comuni di Marano di Valpolicella, Negrar, Sant’Ambrogio di Valpolicella, San Pietro in Cariano, Fumane. La zona nuova è quella rappresentata dai 19 comuni della Valpantena, nella fascia collinare settentrionale.

     

Le famiglie storiche

Le Famiglie Storiche, è l’Associazione nata nel giugno del 2009 dall’unione di dieci storiche cantine della Valpolicella che oggi conta 13 soci, tutte prestigiose aziende vitivinicole da generazioni testimoni attivi del “mondo Amarone”: Allegrini, Begali, Brigaldara, Guerrieri Rizzardi, Masi, Musella, Speri, Tedeschi, Tenuta Sant’Antonio, Tommasi, Torre D’Orti, Venturini e Zenato. Le Famiglie, che insieme mettono a frutto un patrimonio consolidato da ciascuna nel tempo e un impegno costante verso la qualità per testimoniare questo grande vino che è l’Amarone, fondano tutte le proprie radici nei valori di storicità e artigianalità, espresse in ogni accezione. Il loro operato è volto a far conoscere e preservare non solo i loro vini, ma anche una delle più strategiche zone di produzione vitivinicole italiane, la Valpolicella.

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