Giustizia socialeSecondo Oxfam i vaccini devono essere un bene pubblico globale

Molti Paesi non riescono ancora ad accedere alle dosi a causa della limitata capacità di produzione delle case farmaceutiche. Soprattutto quelli a basso e medio reddito, Per questo i farmaci anti-Covid devono essere riconosciuti come un diritto garantito e accessibile a tutti

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Pubblichiamo la risposta dell’Oxfam all’articolo uscito su Linkiesta a firma dell’Istituto Bruno Leoni.

È trascorso ormai più di un anno dall’inizio della pandemia che ha sconvolto le nostre vite: circa 168 milioni di persone contagiate dal Covid-19 e quasi 3 milioni e mezzo di vittime. Entro la fine del 2021, secondo le stime dell’OCSE, le perdite complessive per l’economia mondiale raggiungeranno i 7.000 miliardi di dollari, una cifra paragonabile ai bilanci annui di Stati Uniti e Cina sommati assieme.

Rispetto a un anno fa abbiamo però un’arma che può aiutarci a sconfiggere il virus: i vaccini. Quelli attualmente disponibili, efficaci e sicuri, sono stati sviluppati grazie a uno straordinario sforzo della scienza e dell’industria farmaceutica, reso possibile anche da ingenti investimenti pubblici pari a circa 90 miliardi di dollari. Il rischio che l’industria farmaceutica si è assunto nella ricerca e sviluppo dei vaccini è stato inoltre ampiamente compensato dall’intervento dei governi, che ne hanno anche pre-acquistate le dosi prima ancora delle approvazioni degli enti regolatori competenti. Scenario ben diverso da quello in cui un imprenditore opera sul libero mercato e si assume integralmente il rischio di impresa senza contare su interventi o incentivi di natura pubblica, erogati invece nel caso dei vaccini in quanto beni pubblici globali.

Nonostante l’impegno finanziario pubblico, assistiamo tuttavia a una distribuzione tardiva e disuguale dei vaccini a livello globale, visto che a oggi nei paesi ricchi è stata vaccinata una persona su 4, mentre nei paesi a basso e medio reddito una su 500.

Un accesso equo ai vaccini non è solo un tema etico e di giustizia sociale, ma una questione di salute pubblica, perché se il virus continua a circolare in vaste regioni del mondo, aumenterà il rischio che sorgano mutazioni in grado di sfuggire agli anticorpi che generiamo tra infezione e vaccinazione, vanificando così tutti i nostri sforzi di ritorno a una vita normale.

Ma perché molti paesi, soprattutto a basso e medio reddito, non riescono ad accedere ai vaccini? La ragione principale risiede nella limitata capacità di produzione delle case farmaceutiche a fronte del fabbisogno di eccezionale portata dovuto alla pandemia in corso. Se utilizzano solo i loro impianti, aziende come Pfizer/BioNTech, Moderna, AstraZeneca e J&J, non appaiono in grado di rispondere alla domanda globale nei tempi necessari a fronteggiare ovunque la pandemia.

L’altra ragione è legata ai prezzi degli stessi vaccini. Per quanto non ufficialmente comunicati al pubblico, a causa delle clausole di segretezza che caratterizzano i relativi contratti di acquisto, stime e indiscrezioni li valutano in gran parte come piuttosto elevati, soprattutto per i paesi a medio e basso reddito.

La limitata capacità di produzione e i prezzi non sostenibili sono essenzialmente dovuti al sistema monopolistico nel quale operano le case farmaceutiche. Al momento, infatti, ben lungi dall’agire in un sistema di concorrenza perfetta, godono di brevetti esclusivi, non condividono tecnologie e know-how. Nessun’altra casa farmaceutica o ente pubblico può produrre quel farmaco, e quindi da un lato non è possibile massimizzare la capacità produttiva globale, e dall’altro il prezzo viene di fatto fissato da chi detiene il brevetto.

Non è poi condivisibile l’affermazione, sostenuta da quanti si oppongono a una sospensione dei diritti di proprietà intellettuale, che nel Sud del mondo non ci siano aziende in grado di produrre i vaccini. La metà dell’attuale mercato globale dei vaccini proviene da produttori dei paesi in via di sviluppo: al di fuori di India e Sud Africa leader nella produzione di farmaci generici, esiste una capacità produttiva in Bangladesh, Indonesia, Etiopia, Senegal, Egitto, Tunisia e anche in altri paesi. E tutti potrebbero iniziare a produrre vaccini in tempi relativamente brevi, a fronte della sospensione dei brevetti e del trasferimento tecnologico, anche perché la stessa sospensione dei brevetti è una fattispecie prevista dagli accordi costitutivi dell’Organizzazione Mondiale del Commercio in caso di emergenze gravi, categoria in cui la pandemia rientra appieno.

La salute non è un bene come tutti gli altri, ma un bene pubblico globale. Farmaci e vaccini che contribuiscono a garantirla devono essere riconosciuti anch’essi come tali, al punto da richiedere un impegno politico serio e determinato, capace di ripensare il loro mercato e la loro proprietà intellettuale, in particolare quando ricorrono gravi crisi sanitarie, circoscritte o estese che siano, con conseguenza drammatiche in termini di vite umane e perdite economiche.