Oltre un terzo della popolazione italiana ha ricevuto la prima dose di vaccino anti-Covid. Ma le prossime settimane, quando l’Italia riceverà ancora più forniture, saranno quelle decisive per affrontare un’estate con minori restrizioni. Oggi tre regioni – Friuli Venezia Giulia, Molise e Sardegna – passano in zona bianca. E l’Italia intera, con i numeri dei contagi in calo, sembra destinata a finire presto nella fascia di minor rischio. Ma tutto dipenderà dalla campagna vaccinale.
«Negli ultimi giorni c’è stata un’accelerazione impressionante», spiega il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri al Corriere. «In due settimane gli italiani che hanno ricevuto la prima dose sono passati da 18 a 23 milioni, da 8 a 12 milioni i totalmente immunizzati». Ieri il numero dei morti, 44, è il più basso dall’ottobre scorso. «Ci aspettiamo che nel giro di 2-3 settimane le vittime diminuiranno in modo ancora più sensibile. I più fragili sopra gli 80 anni e i 70 sono stati protetti».
Il problema è che «l’adesione degli ultra 60enni purtroppo va a rilento. Bisogna cercarli, convincerli, raggiungerli. La strategia del vaccino sotto casa può essere vincente», dice. L’esitazione è dovuta al fatto che «il vaccino AstraZeneca tiene ingiustificatamente lontane tante persone. Gli eventi avversi gravi di trombosi sono rarissimi. Il rischio è maggiore sottoponendosi a un esame di risonanza magnetica con mezzo di contrasto: purtroppo un morto ogni milione».
Come convincere gli obiettori? «Gli open day organizzati in varie Regioni sono la strada giusta. Oltre a una campagna di sensibilizzazione dedicata. È un vero peccato non utilizzare queste dosi o addirittura buttarle via».
Dal 3 giugno, poi, si apre ai giovani. «Temo che i giovanissimi mostreranno una certa riluttanza», spiega però Sileri. «Dagli Stati Uniti arrivano segnali non incoraggianti. I giovani hanno la percezione che il virus non ci sia più, sanno di non ammalarsi ed è comprensibile che siano refrattari. Anche loro vanno convinti facendo leva sul green pass, la svolta». Il sottosegretario spiega che «la carta verde servirà per andare in discoteca all’aperto e viaggiare in libertà. I vaccinati saranno muniti di un documento per entrare, valido nove mesi. Ben diverso dall’obbligo di presentare l’esito negativo del tampone».
Il pericolo però restano le varianti di Sars-CoV-2, come spiega sulla Stampa il virologo Andrea Crisanti, che resta critico sulle riaperture. «Per fortuna la vaccinazione sta facendo da scudo, ma se finisse l’immunità o arrivasse la variante sbagliata torneremmo nei guai. E metà degli italiani deve ancora ricevere la prima dose», ricorda. Secondo Crisanti, «c’è una evidente sottostima dei contagi». E spiega: «Nel momento in cui si rimuovono le misure di sicurezza bisognerebbe aumentare tamponi e tracciamento, e invece succede il contrario».
«Non abbiamo certezza della situazione dei contagi, così come non monitoriamo a sufficienza le varianti», dice il virologo, che ricorda come nel Regno Unito «sono molto preoccupati» per la variante indiana, che è «molto più contagiosa di quella inglese e destinata a spostare ancora più in alto l’asticella dell’immunità di gregge».
Il ministro della Salute Roberto Speranza a Che Tempo che Fa ha spiegato che «sarà molto probabile dover fare una terza dose di vaccino, un richiamo che sarà probabilmente “modificato” per coprire le varianti. Bisognerà dunque passare da una fase straordinaria a una fase ordinaria e penso che questa nuova ordinarietà possa essere affidata alla nostra straordinaria rete di medici di medicina generale».
Secondo Sileri, però, «da noi l’1% dei casi è dovuto alla variante indiana, quindi la minoranza, eppure qualcuno se l’è presa. Se vogliamo evitare il pericolo di prenderla tre sono le soluzioni: vaccinazione, mascherina e distanziamento. Anziché spaventarci, teniamo presenti queste tre regolette».
Così, aggiunge, «la mascherina potrà essere abbandonata nei luoghi all’aperto e al di fuori degli assembramenti quando avremo 30 milioni di vaccinati con una dose e 20 milioni con la seconda. Quindi ci siamo. La seconda metà di luglio potrebbe essere il periodo giusto». Ma Speranza frena: «Appena gli scienziati ce lo diranno potremo toglierle all’aperto e solo dopo al chiuso. In una fase di transizione dobbiamo non avere fretta e non dobbiamo vanificare gli sforzi fatti».