Centrodestra in agitazioneBerlusconi sogna il «Cdu», ma Salvini dice no al partito unico

Mentre Fratelli d’Italia cresce nei sondaggi, il leader di Forza Italia continua a chiedere un progetto unitario. Ma il capo leghista risponde che non è all’ordine del giorno e punta sulla federazione come garanzia al governo Draghi

Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, dall’opposizione, cresce nei sondaggi, e per la prima volta si posiziona in testa come primo partito sopra la Lega. Mentre Silvio Berlusconi, sul Corriere, detta già i tempi e avanza una proposta anche sulla sigla del partito unico del centrodestra. «Come orizzonte temporale realistico ho indicato le elezioni del 2023», dice. E sul nome, non gli dispiace «Centrodestra Unito, la cui sigla, Cdu, avrebbe il pregio di richiamare quello che per noi è un modello di riferimento, i nostri partner tedeschi nel Partito popolare europeo». Ma il leader della Lega Matteo Salvini, sulla Stampa mette le mani avanti e dice che «non è all’ordine del giorno, come la vittoria della Champions da parte del Milan, di certo non l’anno prossimo. Il partito unico non è una cosa che nasce a tavolino o in laboratorio. Partiamo dalla collaborazione sui temi, dalla giustizia al fisco». Proposta rispedita al mittente, quindi, come già aveva fatto la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni.

Berlusconi spiega che «il partito unico non è una “fusione fredda” imposta dall’alto, che si possa realizzare in poche settimane. Anzi, dobbiamo fare il contrario: un grande lavoro che coinvolga i militanti, gli eletti e soprattutto l’opinione pubblica di centrodestra, le categorie, donne e uomini della società civile vicini alle idee, ai valori e ai legittimi interessi che noi rappresentiamo. Solo così, da un grande lavoro sulle idee, sui programmi e sulle regole, può nascere per gradi un’aggregazione nella quale le diverse soggettività siano esaltate, non annullate. Negli Stati Uniti il Partito Repubblicano e quello Democratico ospitano al loro interno sensibilità diverse. Donald Trump ha una cultura e un linguaggio molto diversi dal mio amico George Bush, il presidente Biden esprime una linea molto differente da Bernie Sanders o da Alexandria Ocasio-Cortez».

Ma, dice il Cavaliere, «il centrodestra ha bisogno di un forte aggancio ai principi liberali, cristiani, europeisti, garantisti che noi di Forza Italia rappresentiamo. Sono i valori del Ppe, ai quali non rinunceremo mai. Del resto, i partiti espressione del Ppe stanno tornando a vincere in tutt’Europa, proprio ieri in Francia alle regionali, poche settimane fa a Madrid e in Germania, presto accadrà anche in Italia».

Sulla giustizia, Berlusconi dice che Forza Italia sosterrà la campagna referendaria promossa dai radicali, dall’Udc e da Matteo Salvini: «I referendum, che riprendono temi da noi sempre sostenuti, possono essere un’utile sollecitazione al Governo e Parlamento per la riforma. In questo spirito, il nostro coordinatore Antonio Tajani ha dato indicazione agli azzurri di partecipare alla raccolta di firme».

Dall’altro lato, l’alleato Matteo Salvini – davanti alle divisioni nei cinque Stelle – rilancia l’idea di una federazione del centrodestra come garante del governo Draghi e dice di non essere preoccupato per la crescita nei sondaggi di Fratelli d’Italia. Ma la questione del partito unico «non è all’ordine del giorno, come la vittoria della Champions da parte del Milan, di certo non l’anno prossimo». Perché, spiega, «non è una cosa che nasce a tavolino o in laboratorio. Partiamo dalla collaborazione sui temi, dalla giustizia al fisco. Proporrò a Berlusconi una carta dei valori condivisi, da sottoporre a chi ci sta: libertà d’impresa, famiglia, innovazione, ambiente».

Con il semestre bianco alle porte, spiega, «se i Cinque Stelle iniziano a farsi i dispetti, votandosi contro a scrutinio segreto, è un casino. Per questo io ho proposto la federazione del centrodestra, per garantire a Draghi e al governo che almeno noi siamo compatti». E aggiunge: «Noi vogliamo dare stabilità al governo, in questo anno e mezzo che ci aspetta, dividersi in Parlamento penso non sia utile».

Quanto al rapporto con il Pd, dice: «Di Letta avevo un’impressione diversa, vedendolo da Parigi mi sembrava più dialogante, poi capisco che prendere in mano il Pd significhi avere a che fare con le correnti, ma non può insistere su alcuni temi divisivi, come ius soli o voto ai sedicenni. Se io insistessi ossessivamente sui miei temi…».

Certo, dice Salvini, «noi siamo al governo. Ma abbiamo i nostri valori e principi. È chiaro che non sarà questo il governo che approva la flat tax, ma servirà un prossimo governo più omogeneo, auspicabilmente di centrodestra. Ora affrontiamo la riforma fiscale, magari per discutere di revisione dell’Iva e di scaglioni Irpef».

E sulla questione migranti difende Draghi, contro le accuse di fallimento arrivate da Giorgia Meloni. «Draghi quantomeno ha messo in agenda il tema a Bruxelles, ha riportato sui tavoli internazionali la discussione, che con Conte era scomparsa», dice. «È andato in Libia, ha incontrato il premier tunisino, ha riportato il tema sul tavolo. Poi è ovvio che Francia e Germania, che vanno al voto nei prossimi mesi, non diranno mai “facciamo noi”. Ora tocca al ministro dell’Interno».

Sulla legge Zan, racconta che Letta gli ha mandato un messaggio. «Gli ho detto che, se ci troviamo e togliamo i punti delicati e controversi anche secondo la Santa Sede, arriviamo a un accordo. Non capisco perché si voglia portare l’ideologia in una questione che riguarda le persone: io sono per la libertà di amore, ma senza censura per chi ha un’idea di famiglia di un certo tipo e senza portare certi temi sui banchi di scuola dei bambini di sei anni». E Letta gli ha risposto «che ci vediamo in Parlamento. Posso capire che non dia retta a me, meno che non ascolti il Papa. È meglio se ci mettiamo d’accordo prima, non vorrei che alla fine questa legge venga affossata, perché il segretario del Pd continua dire “o come dico io o niente”».

Sullo sfondo, resta la scelta per il Quirinale. «La corsa per il colle è lontana, mancano parecchi mesi», dice Salvini. «Io sarei favorevole all’elezione diretta del capo dello Stato e anche del premier. Mi hanno chiesto se Draghi o Berlusconi avrebbero il mio sostegno e ho risposto di sì, ma spero solo che sarà un presidente che unisce, visto che all’interno del Pd ci sono già 7-8 candidati». E ai maligni nel centrodestra che dicono che agita davanti a Berlusconi la candidatura al Colle per portarlo dalla sua parte, risponde: «Lo fate troppo ingenuo, se lo fosse non avrebbe fatto tutto quello che ha fatto nella sua vita. Non è così, non ho miei candidati e poi febbraio è lontano. Pensiamo al lavoro e ai fondi europei, perché agli italiani interessa questo».